Unicredit, Banco BPM e Montepaschi, prove di fusione? Cosa sta accadendo alle banche italiane

I conti di MPS sono tornati a brillare e il governo è pronto ad incassare dopo 7 anni di risanamento: le trattative però stentano a decollare

Foto di Federico Casanova

Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Come nei racconti teatrali più avvincenti, ognuno dei protagonisti che occupano la scena possiede dei connotati ben riconoscibili che lo rendono funzionale allo svolgimento della storia. In questo caso, gli attori in gioco sono tre e le loro vicende si stanno intrecciando in maniera indissolubile nelle ultime settimane. Non parliamo però di costumi, trucchi e scenografie, bensì di titoli azionari, quotazioni, portafogli e bilanci. Anche la posta in palio è ben più grande di un applauso del pubblico o di una recensione critica: sul tavolo delle trattative c’è il futuro di tre istituti di credito che rappresentano un pezzo importante della storia recente del nostro Paese.

Da una parte troviamo la banca più antica del mondo, Monte dei Paschi di Siena, protagonista di una delle vicende più controverse (e infelici) degli ultimi tempi, ma che oggi sembra poter vivere un nuovo periodo di prosperità e compattezza grazie all’intervento statale in corso da sette anni a questa parte. Gli altri due soggetti del copione sono dei veri e propri giganti del panorama finanziario nazionale, ossia Unicredit e Banco BPM: con un occhio guardano con interesse alla rinascita del gruppo toscano, ma con l’altro si fingono disinteressati per voce dei rispettivi dirigenti. Dunque, cosa sta succedendo?

Monte dei Paschi, boom di utili registrati nel 2023: governo pronto alla vendita, Unicredit e Banco BPM alla finestra

Per comprendere a pieno come stanno davvero le cose, occorre fare un passo indietro e tornare al 2017. Nei primi mesi dell’anno, il nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni (giunto a Palazzo Chigi per sostituire Matteo Renzi, dimissionario dopo la sconfitta referendaria sulla Riforma costituzionale) stanzia ben 20 miliardi di euro per subentrare nell’azionariato delle banche italiane che hanno mostrato difficoltà di tenuta. Tra queste c’è anche il Monte dei Paschi e l’esecutivo investe un totale di 5,4 miliardi di euro per diventarne il primo azionista, con una quota di capitale sociale complessiva che arriva al 68%.

Nell’ottobre di quell’anno, MPS torna anche a collocarsi in Borsa: oltre al ministero dell’Economia e delle Finanze, la rimanente parte di azionariato è divisa tra i vecchi creditori e coloro che avevano acquistato vari pacchetti di obbligazioni, nel frattempo convertite in azioni. Si tratta del primo passo di una lunga e faticosa risalita che oggi vede lo Stato uscirne finalmente vincitore (con 2 miliardi di euro di utile netto nel 2023), mentre l’istituto di Siena torna a rappresentare un soggetto bancario credibile agli occhi degli investitori italiani e internazionali.

Ora però si attende di capire chi avrà l’ardore di presentare un’offerta congrua e strutturata per l’acquisto del 39% delle quote che il Mef detiene ancora in pancia e che intende vendere, dopo aver già ceduto il 25% lo scorso autunno (trovando una risposta di grande entusiasmo da parte degli operatori di mercato). Ad oggi, l’appeal di Monte dei Paschi è ulteriormente cresciuto, visto che gli utili del 2023 permetteranno all’istituto di tornare a pagare una cedola agli azionisti con ben due anni di anticipo rispetto a quanto prevedeva la timeline di ristrutturazione dei conti.

Il governo cerca nuovi acquirenti per Monte dei Paschi: chi investirà sulla banca più antica d’Italia, ora che i conti sono tornati in positivo? Tutte le ipotesi

Come riporta l’analisi formulata da Federico Fubini sulle pagine del Corriere della Sera, se l’assemblea dei soci di Monte dei Paschi – la cui riunione è in programma per il prossimo 11 aprile – dovesse ricevere il via libera da parte della Banca centrale europea sullo stato di salute dell’istituto, il governo di Roma incasserebbe circa 125 milioni di euro di dividendi. E gli occhi dei potenziali acquirenti di MPS inizierebbero a brillare, nonostante i segnali di apparente disinteresse mostrati nelle ultime settimane da parte dei gruppi dirigenti.

Lo Stato vende Monte dei Paschi, ma chi lo compra? L’ipotesi di Banco BPM, che si appresta a vivere un 2024 di fuoco

L’ultimo in ordine di tempo a smentire eventuali trattative è stato Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco BPM, che in una recente intervista ha ribadito come il mercato finanziario internazionale non apprezzi le fusioni e i salvataggi effettuati tra banche operanti nella stessa area. Nonostante questo, ad oggi Banco BPM rimane il candidato numero uno per l’acquisizione delle quote di Monte dei Paschi, almeno osservando l’andamento dei suoi affari. Infatti, l’anno appena iniziato si preannuncia come uno dei più floridi per l’istituto con sede a Verona.

Dopo essersi fatta carico della Popolare di Lodi (uno dei grandi buchi neri del nostro credito nazionale nell’ultimo decennio, ora risanata e ristabilita con il nome di Popolare Italiana), oggi Banco BPM supera gli 8 miliardi di capitalizzazione, potendo garantire ai propri azionisti cedole attorno al 10%, tra le più alte d’Europa. Sarebbe il candidato perfetto per investire in MPS, ma difficilmente andrà ad immischiarsi in una nuova sfida finanziaria proprio ora che sta raccogliendo i frutti del lavoro svolto in questi anni difficili. Più facile che rimanga alla finestra, in attesa di capire se arriveranno altre offerte da parte dei competitor

Monte dei Paschi e l’ipotesi di un intervento di Unicredit: ecco cosa potrebbe succedere (e perché l’affare non si farà)

Per solidità dei conti, volume di investimenti e forza del gruppo, Unicredit avrebbe tutte le carte in regola per portare a termine l’operazione con il Mef e acquisire le quote di Monte dei Paschi che ancora giacciono nel portafogli dello Stato. Ma anche qui, al momento, tutto si svolge in linea molto teorica: infatti solo due anni fa, quando il governo aveva già compiuto buona parte del risanamento di MPS, Unicredit fu vicinissima a rilevare buona parte delle quote pubbliche dell’istituto, ma alla fine non se ne fece nulla (e non per volontà del governo di Roma).

Anche in questo caso, appare difficile che un veterano del settore come Andrea Orcel – amministratore delegato di Unicredit dal 2021 – decida di rientrare in corsa. Dello stesso avviso pare essere il presidente del Consiglio di amministrazione, l’ex deputato del PD Pier Carlo Padoan, uno dei profili più esperti e competenti in materia, se non altro per il periodo trascorso come ministro dell’Economia e delle Finanze proprio nel governo guidato da Matteo Renzi. Anche lui, stando alle indiscrezioni, preferirebbe tenersi alla larga da Monte dei Paschi. Dunque, lo spettacolo continua, anche se non si vede ancora quale possa essere il finale.