Tassa sul fast fashion: in Francia i capi di abbigliamento costeranno fino a 10 euro in più

La Francia tassa le aziende di fast fashion per far pagare ai produttori di vestiti lo smaltimento dei rifiuti che producono

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 15 Marzo 2024 13:16

La Francia tassa le aziende di fast fashion. Una nuova legge, unica al mondo, imporrà numerosi divieti e limitazioni all’industria della moda in caso non rispetti alcuni parametri di sostenibilità sociale e ambientale.

Il ricavato verrà utilizzato per sostenere le aziende di moda che al contrario puntano sulla circolarità, ma anche per dare un contributo ai consumatori che scelgono di far riparare i propri abiti invece di buttarli e comprarne di nuovi.

La tassa sul fast fashion in Francia

L’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese, che è anche quella con maggior potere legislativo, ha approvato una legge che dovrebbe aiutare a limitare l’impatto ambientale e sociale delle aziende di fast fashion.

Questa definizione include quei marchi di moda che vendono moltissimi capi diversi a prezzi bassi, proponendo alla propria clientela un continuo cambio di catalogo che punta a incentivare i consumi. Spesso la produzione di queste aziende è localizzata in Paesi con bassi livelli di sindacalizzazione tra i lavoratori. Inoltre i rifiuti prodotti da queste aziende come conseguenza della loro strategia di vendita hanno un serio impatto ambientale.

La Francia ha deciso di tassare pesantemente questi capi d’abbigliamento. Entro il 2030 le aziende identificate come venditrici di fast fashion potranno avere un sovrapprezzo fino a 10 euro per singolo abito o accessorio. La proposta di legge prevede su questi prodotti una sorta di penalità pari al 50% del prezzo di vendita, con un limite di 10 euro. Ad esempio, una maglietta da 8 euro verrebbe venduta a 12 euro.

A questo si uniranno seri limiti alla possibilità di fare pubblicità. Uno degli esempi portati dalla legge come azienda che verrà sanzionata da questa legge è la cinese Shein, ma in Europa ha sede un importantissimo gruppo di fast fashion, lo spagnolo Inditex, che controlla otto marchi, tra i quali i celebri Zara, Pull&Bear, Stradivarius e Bershka.

Questa proposta di legge segue altre iniziative simili che la Francia ha attuato in difesa dell’ambiente e dei lavoratori, seguendo il principio della responsabilità estesa del produttore. Si tratta di un metodo di guardare alla produzione di beni che include anche il loro smaltimento, intendendolo come responsabilità dell’azienda che li ha creati e venduti. Nel Paese esistono già leggi simili che colpiscono le auto molto inquinanti e regolamentano l’utilizzo di combustibili fossili.

Come hanno reagito i negozi in Francia

Questa proposta di legge è stata accolta favorevolmente dal settore dell’abbigliamento, che vuole che i marchi francesi siano protetti. Settore altamente inquinante, l’industria tessile rappresenta il 10% delle emissioni di gas serra.

Come verranno utilizzati i ricavi della nuova tassa

I soldi ricavati dallo Stato francese da questa nuova tassa sulla fast fashion andranno a stimolare un’industria della moda più attenta alla circolarità dei suoi prodotti. Altra destinazione di questo denaro sarà la gestione, lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti tessili, in modo da agire direttamente sull’impatto ambientale del settore.

La legge però prevede anche di spingere in maniera diretta i consumatori sia ad avere una maggiore attenzione al momento dell’acquisto dei capi di abbigliamento, sia a contribuire in maniera attiva all’economia circolare nel campo della moda.

Da una parte saranno stanziati fondi per sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuovi tessuti più facilmente riciclabili. Dall’altro verrà potenziato il bonus riparazione. Si tratta di un rimborso diretto al consumatore che, invece di buttare un capo di abbigliamento o un accessorio rotti, decide di farli riparare, ad esempio in una sartoria o da un calzolaio. Infine lo Stato finanzierà campagne pubbliche di sensibilizzazione sull’impatto ambientale e sociale della produzione di vestiti e dello smaltimento dei rifiuti tessili.