Non solo guerra, l’Onu riscrive le regole fiscali globali

Una risoluzione proposta dai Paesi africani all'Assemblea Onu promette una rivoluzione sulla legislazione dei paradisi fiscali. Ecco in cosa consiste e cosa cambia

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 23 Novembre 2023 20:00

Gli ambiti di intervento dell’Onu vanno oltre l’ambito dei conflitti tra Paesi. Per rispettare i loro comandamenti – “mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppare relazioni amichevoli tra le Nazioni e promuovere migliori condizioni di vita” – le Nazioni Unite promuovono risoluzioni anche in campo economico (qui abbiamo parlato dell’allarme lanciato dall’Onu per il clima).

È questo il caso dell’ultimo provvedimento proposto dai Paesi africani per riscrivere le regole fiscali attuali e renderle “inclusive ed efficaci”. Con un focus primario sui cosiddetti “paradisi”, teatri di “abusi da parte di super ricchi e multinazionali”. Ecco in cosa consiste.

L’Onu e i Paesi africani contro i paradisi fiscali

La risoluzione africana è stata votata da gran parte dell’Assemblea Onu: con 125 sì, 48 no e 9 astenuti. L’obiettivo è quello di creare una convenzione quadro sulla tassazione globale. Un’iniziativa che vanta anche sostenitori illustri il Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, copresidente dell’Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation. Secondo i promotori del testo, la nuova architettura fiscale globale negoziata da 140 Paesi in sede Ocse, e concordata due anni fa da G7 e G20, risulta “inefficace e iniqua perché porterà scarsissimi vantaggi ai Paesi poveri e a quelli in via di sviluppo” (qui abbiamo parlato della rivoluzione fiscale del Governo Meloni).

Nonostante l’approvazione a larga maggioranza, la risoluzione ha ricevuto il parere sfavorevole da parte di Paesi molto importanti, primo fra tutti l’egemone globale: gli Stati Uniti. Tutto come previsto, visto che Washington non aveva firmato l’accordo Ocse. Chiaramente il “no” è arrivato compatto anche da parte degli Stati Ue, inclusa l’Italia, e dal Regno Unito. Nell’Ue, per di più, nel 2024 entrerà in vigore la tassa minima del 15% sulle multinazionali. Nello schieramento opposto, quello del “sì”, figura ovviamente la Cina, desiderosa di sostenere l’ascesa dei Paesi africani in ottica di controglobalizzazione e della contesa con gli Usa per il predominio globale.

Alex Cobham, amministratore delegato del Tax Justice Network, rete indipendente che si occupa di equità fiscale, ha parlato di “vittoria storica dei Paesi del Sud del mondo a beneficio delle persone di tutto il mondo”. I paradisi fiscali e i lobbisti aziendali “hanno esercitato per troppo tempo troppa influenza sulla politica fiscale globale dell’Ocse. Oggi iniziamo a riprendere il potere sulle norme fiscali globali che riguardano tutti noi”. Esulta anche l’Unione Africana, per la quale “diventa realtà la lotta decennale dei Paesi del Sud del mondo per istituire un processo pienamente inclusivo presso le Nazioni Unite, condotta per partecipare alla definizione dell’agenda e delle norme sulla tassazione internazionale”.

Tasse, anche per i forfettari rinvio a gennaio del secondo acconto: ma occhio alle eccezioni.

Cosa cambia ora?

Diciamolo subito e fuori dai denti: al momento la risoluzione non ha il potere di orientare le politiche dei singoli Stati in materia di tassazione. Tuttavia la scelta di spostare la questione dal tavolo dell’Ocse a quello dell’Onu rappresenta un passaggio cruciale, quasi storico. Anche e soprattutto per un altro motivo: il problema della giustizia fiscale globale è arrivato, dopo anni di mobilitazioni e richieste, all’attenzione del secondo comitato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si occupa di finanza globale e questioni economiche. Un primo decisivo passo verso una convenzione Onu che, questa sì, risulterebbe vincolante.

Il percorso inaugurato con la risoluzione africana promettere, sempre secondo il Tax Justice Network, si spezzare “la morsa che le ex potenze coloniali hanno continuato a esercitare sulle norme fiscali globali dopo la dissoluzione dei loro imperi”. A favore dello sviluppo di una convenzione sul tema si è espresso anche Segretario generale Onu, Antonio Guterres. Ben più di un semplice segnale.