Deposito rifiuti radioattivi, l’unico comune autocandidato si è ritirato: cosa è successo

Ritirata la candidatura per il deposito di rifiuti radioattivi a Trino Vercellese. Le proteste TriNo hanno spinto a un cambio di rotta

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Redazione

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Con Trino Vercellese fuori gioco, il piano di smaltimento dei rifiuti radioattivi delle centrali nucleari italiane incontra l’ennesimo ostacolo. Il comune in provincia di Vercelli, ai piedi delle colline del Monferrato, ha approvato una delibera per ritirare la candidatura per ospitare un deposito di rifiuti radioattivi dopo le proteste dei cittadini. Negli scorsi mesi, dopo l’ok del 12 gennaio, cittadini di Trino Vercellese e di comuni vicini avevano contestato con forza la decisione.

Sfuma così la possibilità di trovare una rapida soluzione a un problema decennale e che l’Italia si porta dietro dalla decisione di chiudere le centrali nucleari sul territorio nazionale. Dopo un lungo lavoro di selezione, che prevedeva una lista di 51 aree idonee al posizionamento dei depositi, c’è stata la fase di “candidatura spontanea”.

Trino Vercellese non compariva nella lista delle aree idonee per la vicinanza con il fiume Po, tuttavia dalla fine degli anni Sessanta il comune è stato usato per stoccare scorie nucleari della centrale Enrico Fermi. Per questo il sindaco riteneva opportuno candidare il comune e avere così un nuovo deposito invece dei temporanei e non sicuri come ora. Inoltre l’autocandidatura sembrava rispondere anche alle esigenze di occupazione, portando benefici anche a livello economico. Non è però piaciuta a diverse associazioni locali, che hanno fatto pressione fino a vincere e ottenere il ritiro del comune.

La fuga di Trino Vercellese dalla lista per il deposito di rifiuti radioattivi

Il decreto legge Energia dava l’opportunità ai comuni di autocandidarsi per ospitare un deposito di rifiuti radioattivi. La proposta della Lega però non è piaciuta e a gennaio 2024 solo un comune risultava autocandidato. Una candidatura, quella di Trino Vercellese, che è partita senza ascoltare i cittadini e gli abitanti dei territori vicini. Ben presto numerose associazioni e cittadini hanno iniziato a protestare contro la decisione del sindaco Daniele Pane (lista civica con iscrizione a Fratelli d’Italia).

Secondo Pane il comune avrebbe beneficiato nel nuovo deposito di rifiuti. Prima di tutto la struttura avrebbe messo in sicurezza i già presenti depositi temporanei che servono da stoccaggio ai materiali dell’ex centrale Enrico Fermi (in fase di smantellamento); inoltre, sempre secondo il sindaco che ha portato il comune a comparire nella lista delle autocandidature, il deposito avrebbe portato sul territorio contributi pubblici milionari, 4mila occupati nel cantiere per la costruzione e fino a mille per la gestione dell’impianto.

Anche se il comune già ospita l’82% dei rifiuti d’Italia in termini di radioattività (dati dichiarati dal sindaco), Trino non era stato neanche inserito nelle aree idonee per il deposito. Questo perché la vicinanza con il fiume Po rappresenta un pericolo ambientale. La zona è infatti a rischio inondazioni ed è anche attraversata da una faglia.

Ambientalisti e rappresentati delle province gioiscono

La revoca della candidatura è arrivata dopo mesi di proteste e ha trovato i cittadini soddisfatti. Il comitato TriNo, che si è riunito nella giornata a poche ore dalla pubblicazione della direttiva, ha spiegato che era giusto opporsi a “una scelta irresponsabile”. Il sindaco a sua volta ha accusato gli oppositori dell’autocandidatura di non aver mai proposto delle alternative.

“Un falso, in quanto tutti noi abbiamo sempre ribadito l’importanza di ospitare il deposito all’interno di uno dei 51 siti considerati idonei dalle valutazioni scientifiche”, hanno risposto. Gian Piero Godio, vicepresidente per il Vercellese di Legambiente e di Pro Natura, ha fatto notare che “non ci sono solo questioni amministrative, impedimenti che possono cambiare che riguardano gli insediamenti industriali, né tanto meno aspetti legati al consumo di suolo, che non è un criterio per l’esclusione, ma problemi legati, tra l’altro, alla sicurezza del territorio”.

Ha quindi vinto il buon senso? Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, . Ora, prosegue, si può tornare al normale percorso scientifico di individuazione del sito più idoneo, come tracciato dalla Cnai.