Lavoratori poveri, quando il lavoro non salva dall’indigenza

I lavoratori poveri in Italia sono circa 3 milioni. Le opposizioni spingono per il salario minimo, ma il governo l'ha affossato

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

In Italia 3 milioni di lavoratori sono poveri. Il numero è entrato nel dibattito politico lo scorso 15 marzo, durante il question time della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La segretaria del Pd Elly Schlein nella sua domanda ha dichiarato che in Italia oltre 3 milioni di persone sono povere “anche se lavorano”. Poi è partita una stoccata alla premier alla quale è stato chiesto se avesse intenzione di introdurre il salario minimo.

Quanti sono i lavoratori poveri in Italia

I numeri sono ballerini. L’Eurostat (Ufficio statistico dell’Unione europea) ha certificato che nel 2021 l’11,7% degli occupati in Italia (circa 2,6 milioni di persone) viveva in condizioni di povertà lavorativa. Il Ministero del Lavoro ha poi ampliato la definizione di lavoratori poveri estendendo la percentuale al 13%, pari a quasi 3 milioni di occupati.

Per il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini i lavoratori poveri in Italia sono ancora di più: “L’Italia conta oltre 3 milioni di lavoratori irregolari o in nero e 3,8 milioni di lavoratori poveri che ricevono una retribuzione annuale uguale o inferiore ai 6.000 euro e oltre 3 milioni di lavoratori irregolari o in nero”, ha affermato Gardini precisando che “gli ultimi dati disponibili ci dicono che il 10,2% dei lavoratori sono in povertà relativa. Dato che sale al 17,3% per gli operai e al 18,3% per gli occupati nelle regioni del Sud”. Così ha spiegato Gardini nel corso della 41esima assemblea nazionale di Confcooperative lo scorso 15 giugno.

In questi anni si assiste a un paradosso: aumentano i lavoratori ma aumenta anche la povertà.

Chi sono i lavoratori poveri

Nel 1996 l’Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha definito i lavoratori “low paid” come quelli che guadagnano meno di due terzi rispetto alla retribuzione media mensile o oraria rispetto alla  popolazione dei lavoratori a tempo pieno.
Nel 2000 l’Eurostat (2000) ha definito come “poveri” quei lavoratori che prendono meno del 60% della retribuzione mensile media calcolata tra tutti i lavoratori.

I lavori in cui si guadagna poco

Circa il 50% dei dipendenti a bassa retribuzione è occupata in bar e ristoranti, nel settore alberghiero, nei servizi relativi a noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese, attività artistiche e di intrattenimento.

La categoria dei lavoratori poveri è composta in maggioranza da donne, giovani under 30 e residenti al Sud e nelle Isole.

Il salario minimo da 9 euro

Da mesi è in corso un braccio di ferro fra governo e opposizioni sul salario minimo. M5S e Pd spingono per l’approvazione della norma, ma il governo ha presentato un emendamento per bloccare tutto. Mercoledì 12 luglio, due giorni dopo l’approvazione di un disegno di legge con l’astensione della maggioranza, il centrodestra ha presentato il suo emendamento.
Il timore della maggioranza è che un innalzamento per legge dei salari metta in crisi le aziende. Il governo è dunque orientato a dare priorità al taglio del cuneo fiscale e al Dl Lavoro.

La ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone spiega la posizione del governo: “Non credo al salario minimo per legge perché credo alla buona contrattazione collettiva e nel valore delle parti sociali, nel valore, soprattutto, della qualità delle relazioni industriali”. La partita rimane aperta.