Chiuso con un nulla di fatto il vertice tra governo e opposizioni sul salario minimo, proposto da Giorgia Meloni un percorso condiviso per arrivare a una proposta entro 60 giorni, il dibattito sul salario minimo trova un nuovo fronte su cui aprirsi: la consultazione popolare. È partita infatti in queste ore una raccolta firme lanciata dalle opposizioni per chiedere al governo l’adozione di una paga minima oraria, per tutti, pari a 9 euro l’ora.
Forse non tutti sanno che il tema della “giusta” retribuzione trova già formale fondamento nel nostro ordinamento nell’articolo 36 della Costituzione, dove è sancito che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Il tema degli stipendi però ha anche a vedere, nel nostro Paese, con questioni più ampie, come ha giustamente ricordato il Cnel nella sua nota. L’alta diffusione di forme di lavoro irregolare, discontinue o dalla ridotta intensità lavorativa, con una bassa produttività del lavoro e con elevato cuneo fiscale, per prima cosa.
Il mercato del lavoro in Italia: come siamo messi
L’Istat fotografa in questo senso un mercato polarizzato, dove crescono soprattutto le qualifiche più basse e le fasce di occupazione molto specializzate, mentre si riducono progressivamente le qualifiche intermedie e continua a svolgere un ruolo non trascurabile il lavoro sommerso.
In particolare, i dati dell’Istat sul 2022 segnalano che i lavoratori a bassa retribuzione annua sono prevalentemente lavoratori non-standard, che non riescono a superare la soglia della bassa retribuzione annua, pur avendo livelli di retribuzione oraria superiori alla soglia che individua la bassa retribuzione oraria.
Evidenze che – precisa ancora il Cnel – mostrano bene come non vi sia, nel nostro Paese, un problema di fissazione dei minimi adeguati, dato che la contrattazione collettiva – salvo che per alcune basse qualifiche e per alcuni limitati settori – pare in grado di garantirli e le principali criticità si verificano proprio per posizioni lavorative caratterizzate dalla non applicazione o dall’applicazione non corretta dei contratti collettivi.
La posizione del governo Meloni sul salario minimo
Durante l’incontro a Palazzo Chigi Meloni ha ribadito le obiezioni alla proposta delle opposizioni. “Questo dei salari è un tema che mi sta a cuore. Siamo aperti al confronto sul lavoro povero e i salari adeguati. Io sono stata all’opposizione e so cosa vuol dire. Abbiamo incontrato le opposizioni per dare un segnale di rispetto e attenzione”, spiega.
E in effetti l’Esecutivo apre a due mesi di confronto, 60 giorni in tempo per le coperture nella Legge di bilancio su cui, assicura la premier, ha già la disponibilità del Cnel e del suo presidente “per capire se c’è un margine per condividere tra le forze politiche e con le parti sociali soluzioni che possono essere efficaci per favorire il lavoro, il lavoro giusto e pagato adeguatamente, come questo governo ha dimostrato”.
“Punto ad arrivare a una proposta in tempo per la Legge di bilancio – spiega – ma non vorrei solo che fosse semplicemente una proposta della maggioranza contrapposta a quella delle opposizioni. Ci sono delle proposte della maggioranza su questa materia, una l’ha proposta Fi, che è un partito della maggioranza. Ma non sarebbe stato un buon metodo di dialogo dire ‘sostituite la vostra proposta con la nostra’. Un buon metodo di dialogo è formulare una proposta che affronti complessivamente la materia”.
“Questo governo – continua – ha concentrato gran parte delle energie sul tema dei salari, sul tema di aiutare le famiglie, ovviamente sul piano economico. Per questo ho scelto di incontrare le opposizioni partendo dalla proposta specifica del salario minimo. E’ una materia estremamente ampia e va affrontata nella sua complessità”. Meloni ammette le “divergenze” sulle quali siano gli strumenti per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie, per rafforzare i salari. “Io ho proposto un confronto che coinvolga anche chi costituzionalmente è più attrezzato a fare questo lavoro, ovvero il Cnel, per terminare prima dell’avvio della Legge di bilancio, in tempo per avere le coperture necessarie per adottare eventuali provvedimenti. Il presidente Brunetta è pronto al confronto subito, anche domani”.
Chi vuole il salario minimo
Eppure le opposizioni non arretrano di un passo. “Se pensi anche tu che in Italia sia necessario fissare un salario minimo, mettici una firma! Abbiamo bisogno del vostro supporto. È semplice, è immediato, basta firmare su https://www.salariominimosubito.it o nei banchetti alla Festa dell’Unità“, annuncia su Twitter la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. Il sito per firmare nelle prime ore è stato letteralmente preso d’assalto, tanto da essere andato quasi subito in tilt per i troppi accessi. Anche noi di QuiFinanza abbiamo provato a consultarlo a più riprese e, nel momento in cui scriviamo, risulta ancora inaccessibile.
Nonostante il parere piuttosto difforme degli esperti, la numero uno del Pd sottolinea come il Cnel “non è la Terza Camera”, dicendosi anche pronta a rivedere Meloni “solo se ha proposte serie”. “Per ora nessuno ci ha invitato – precisa in una intervista a Repubblica -, il Cnel è un’istituzione prestigiosa ma non può essere né la Terza Camera né un governo ombra. Noi saremo sempre disponibili al confronto nel merito, ma non arretriamo di un centimetro sui pilastri della nostra proposta”.
Contro la precarizzazione del lavoro e il lavoro sottopagato anche i Verdi. “Dopo l’incontro sul salario minimo voluto dalla presidente Meloni che ha ribadito il suo no a un provvedimento di grande giustizia sociale, parte oggi una grande mobilitazione delle opposizioni – dice in un video pubblicato sui social il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli – Una petizione per raccogliere firme in tutte le città d’Italia e noi di Alleanza Verdi e Sinistra daremo un grande contributo per sostenere una misura di grande giustizia sociale”.
La raccolta firma lanciata dalle opposizioni è un’azione concreta per gli oltre 4 milioni di lavoratori italiani che guadagnano meno di 9 euro l’ora: nel Belpaese, ricordiamolo, abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa. “Troppo poco per condurre una vita dignitosa” chiosa il Pd. Le opposizioni una volta tanto sono unite. “Del salario minimo hanno bisogno oltre tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri. Di stipendi che aumentano invece di calare ne hanno bisogno la maggioranza delle lavoratrici e lavoratori italiani. Per questo continuiamo a batterci per la nostra proposta, per questo raccoglieremo le firme nel Paese, per questo continueremo a far pressione sulla maggioranza che continua a essere sorda e priva di risposte”, spiega il segretario nazionale di Sinistra italiana e deputato dell’Alleanza Verdi e Sinistra Nicola Fratoianni.
Sulla stessa posizione anche Azione: “Il salario minimo è una misura presente da anni in tutti i Paesi del G7. L’unica eccezione riguarda l’Italia. È ora di invertire la rotta e garantire a cittadini che lavorano rispetto e dignità. È un principio di civiltà sancito dalla nostra Costituzione. Abbiamo presentato al governo la nostra proposta. Ora sostienila anche tu, firma la petizione per il salario minimo subito” scrive il partito.
Anche il Movimento 5 Stelle insiste: “Ancora in queste ore, da alcuni esponenti di governo è arrivata una netta chiusura al salario minimo legale – scrive su Facebook il presidente Giuseppe Conte – Venerdì a Palazzo Chigi, dopo mesi di dibattito in Parlamento, la presidente Meloni non fatto nessuna controproposta: coinvolgere il Cnel di Brunetta, che peraltro in passato si è pubblicamente espresso contro questa misura, è solo un modo per gettare la palla in tribuna, mentre 3,6 milioni di lavoratrici e lavoratori continuano a percepire paghe da fame”. Conte assicura che la proposta di introdurre un salario minimo di 9 euro lordi l’ora è in Parlamento, “e malgrado i tentativi della maggioranza di boicottarla non ci fermiamo”.
La posizione del Cnel sul salario minimo
Tutto questo anche se dal Cnel presieduto da Renato Brunetta arrivano parole chiare. “La questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull’opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia, dai rinnovi contrattuali alla diffusione del dumping contrattuale, dalla crescita esponenziale del costo della vita all’elevato cuneo fiscale, fino all’impatto della precarietà e del lavoro povero”.
Insomma, serve anche comprendere a fondo i motivi per cui il nostro Paese è soggetto da tempo ad un problema di bassa produttività, diversamente da quanto accade in altri Paesi, Francia e Germania in primis. Un percorso più ampio, dunque, che sappia conciliare “le inevitabili misure emergenziali con soluzioni di medio e lungo periodo, capaci di dare risposte strutturali ai gravi problemi che rallentano la crescita dei salari nel nostro Paese”.
Per il Cnel, infatti, un semplice intervento legislativo sui trattamenti minimi “rischierebbe di mettere in secondo piano anche tutti gli altri istituti che i contratti regolano, dimenticando il ruolo centrale che hanno i sistemi di relazioni industriali nel riscrivere i sistemi di classificazione e di inquadramento del personale che governano i criteri di misurazione del valore economico e di scambio del lavoro, condizionando l’organizzazione del lavoro, i percorsi di carriera e le dinamiche della produttività”.
Il salario in questa prospettiva, infatti, annota ancora Palazzo Lubin, risulta quindi “come parte finale di un percorso di creazione di valore e non una banale determinazione di una tariffa astratta”. Per il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, alle proposte di legge depositate dall’opposizione in Commissione Lavoro della Camera manca proprio “il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei bassi salari dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione ai vari livelli”.