Il cambiamento climatico e la resistenza agli antibiotici aprono le porte a una nuova ondata di virus con cui dovremo vedercela, già a partire da questo 2024, anno in cui tra l’altro l’Italia ospiterà il G7, occasione in cui i grandi big del mondo dovranno necessariamente inserire il tema della salute al centro del dibattito. Dopo la pandemia, la sfida per i prossimi anni non è solo il Covid, ma è e saranno sempre di più patogeni mai visti prima in Europa, o comunque considerati rarissimi.
Lo hanno spiegato bene all’Adnkronos Roberto Parrella, nuovo presidente della Simit, Società italiana di malattie infettive e tropicali e direttore Uoc Malattie infettive a indirizzo respiratorio dell’ospedale Cotugno di Napoli, Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive ospedale policlinico San Martino di Genova, e Francesco Vaia, direttore della Prevenzione del ministero della Salute.
Covid
A proposito del Covid (qui i sintomi più diffusi adesso), la battaglia non si può dire ancora vinta. “Nel momento in cui l’Oms ha dichiarato la fine dello stato di emergenza per Sars-CoV-2 è stata eliminata una serie di misure e obblighi – spiega Parrella – E questo può aver generato una falsa aspettativa nella popolazione” (ecco dove sono obbligatorie ancora le mascherine fino al 30 giugno 2024).
Il problema adesso è che il virus gira e si mescola con altri virus respiratori anche potenzialmente pericolosi, come l’influenza, che quest’anno sta colpendo particolarmente duro, con milioni di italiani a letto e pronto soccorso in tilt in diverse città.
Sul Covid i dati a novembre sono aumentati, arrivando a 1.000 ricoverati con sintomi e 307 decessi, quindi circa 40 al giorno. “Oggi il Covid e altri virus respiratori si possono confondere e sovrapporre”. Come accade spesso con malattie respiratorie attribuite a vari agenti infettivi, virali e batterici, come il Mycoplasma pneumoniae e il virus respiratorio sinciziale (Rsv) nei bambini, che provoca le temibili bronchioliti.
Ma Parrella rassicura: “Sono numeri che però non devono spaventare, ma portarci ad affrontare una situazione che oggi è più delicata per i fragili che sono esposti a più rischi rispetto all’intera popolazione”. Da qui la necessità di vaccinare le categorie dei fragili e degli immunodepressi.
Il problema dell’antibiotico-resistenza
Il problema oggi è proprio dover affrontare più infezioni e sempre più spesso da batteri resistenti agli antibiotici, come ha anche spiegato in una intervista a QuiFinanza il prof. Fabrizio Pregliasco. Una “vera piaga” la definisce Bassetti, visto che si contano ogni anno quasi 5 milioni di morti nel mondo e almeno 40mila solo in Italia. “Un tema che mette insieme tanti diversi settori – spiega Bassetti all’Adnkronos – da quello della medicina umana, quello della veterinaria, quello dell’agricoltura, perché gli antibiotici sono utilizzati in molti diversi ambiti e ci vuole una nuova consapevolezza da parte di tutti che questo è il vero problema da oggi ai prossimi 20-25 anni”.
Nel breve periodo ci sono pochi nuovi antibiotici in grado di sconfiggere i cosiddetti superbug, batteri super potenti e dalla violenza potenzialmente dirompente che resistono a ogni tipo di terapia. “Dobbiamo fare tesoro di ciò che abbiamo a disposizione cercando di utilizzarli al meglio quando servono, con tutta una serie di raccomandazioni anche alla popolazione di usarli al dosaggio, al ritmo di somministrazione corretto, quando realmente servono”.
Sull’antibiotico-resistenza c’è però anche bisogno di nuova consapevolezza da parte dei medici, “perché troppo frequentemente usano questi farmaci con leggerezza e la leggerezza con cui molti medici usano questi antibiotici non rende ragione della grandezza del problema, forse” sottolinea ancora Bassetti.
Come spiega Parrella, esiste un piano nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza che prevede 4 aree: formazione, informazione, trasparenza e ricerca-innovazione, e poi la cooperazione nazionale e internazionale. “I pilastri sono la sorveglianza e il monitoraggio degli antibiotici e delle infezioni batteriche correlate all’abuso”.
Influenza suina
Un altro virus che ci troveremo a dover combattere è l’influenza suina, di cui abbiamo già purtroppo memoria. Quest’anno c’è stato il primo caso di influenza suina da H2N1 in Inghilterra. L’influenza suina ha già causato una pandemia nel 2009 che ha provocato milioni di casi nel mondo con tanti morti, “è stata un’emergenza” spiega Bassetti.
Il virus H2N1 non sembrerebbe avere le caratteristiche di diventare pandemico, dice, “ma anche questo va assolutamente tenuto sotto stretta osservazione, perché si tratterebbe per quanto riguarda l’influenza suina di un’infezione che evidentemente arriva dal mondo animale. Quindi le zoonosi, in generale, sono un problema importante perché sono le infezioni che passano all’uomo dal mondo animale e su questo bisogna attentamente vigilare”.
Dengue, West Nile, aviaria e gli altri virus climatici
Gli altri virus a cui dovremo stare sempre più attenti sono quelli “tropicali”, collegati a un clima “lontano” per noi ma che stanno arrivando anche in Italia e nel Vecchio Continente per via delle temperature elevate che portano con sé anche insetti pericolosi: il 2023 è stato l’anno più caldo della storia.
La Dengue, ad esempio, più comunemente conosciuta come la malaria delle zanzare. “In Italia la Dengue è diventata una malattia praticamente autoctona e quindi rischia di diventare endemica anche nel nostro Paese” avverte Bassetti. “Le temperature a cui ci siamo abituati negli ultimi anni hanno fatto sì che le zanzare siano presenti non solo nei mesi estivi, ma anche in tanti altri mesi, sia quelli primaverili che autunnali”.
Stesso discorso per il virus West Nile, un’altra malattia trasmessa dalle zanzare: un’altra zoonosi che arriva tramite un ospite intermedio.
“Inoltre, tra i problemi virali potenziali quello su cui vigilare più attentamente è l’aviaria: continuano a essere riportati casi di aviaria in animali diversi, in mammiferi e altri tipi di animali, è chiaro che ogni volta che questo virus colpisce un nuovo animale, muta e sappiamo cosa vogliono dire i cambiamenti di questo tipo di virus. Lo scenario futuro, quindi, è purtroppo pieno di problematiche infettive”.
Nascerà una nuova generazione di infettivologi
La domanda a questo punto è: avremo in futuro una generazione di medici in grado di studiare, capire e intervenire sulle malattie infettive emergenti? “Abbiamo terminato il congresso Simit con la partecipazione attenta su questi temi, dall’antibiotico-resistenza alle zoonosi – conclude Parrella – Nascerà una nuova generazione di infettivologi pronta a contrastare questo tipo di urgenze e li vedo molto energici, pronti a scattare e a sensibilizzare la popolazione”.
Ma serve un cambiamento culturale, evidenzia Francesco Vaia. Serve “una visione sistemica, che coinvolga ampi settori della società, dalla scuola alla famiglia, dai luoghi di lavoro al mondo del Terzo settore. Un approccio proattivo, che tenga conto della complessità degli interventi richiesti e che si muova attivamente per la promozione della salute dei cittadini durante tutto il corso della nostra vita (life-course): non è mai troppo presto, non è mai troppo tardi e non è mai abbastanza per la prevenzione”.
A partire dai più piccoli, perché, conclude Vaia, è stato dimostrato che le abitudini acquisite durante l’infanzia hanno ripercussioni durature sulla salute, per tutta la vita dell’individuo, come nel caso del sovrappeso e dell’obesità infantile, fino ai grandi anziani.