Mettiamo un punto fermo. Stiamo parlando di un’associazione, e non di una correlazione. Quindi, non è dimostrato un chiaro rapporto causa-effetto. Ma il dato che emerge da una ricerca condotta dagli esperti dell’Università della California di Los Angeles pubblicata su BMC Public Health fa comunque riflettere. Perché mostra come le donne che lavorano in proprio presentino mediamente un minor numero di fattori di rischio cardiovascolare, e quindi un profilo di probabilità inferiore di andare incontro ad un infarto, rispetto alle coetanee che invece svolgono un lavoro dipendente. Il dato, insomma, è chiaro: l’ambiente di lavoro oltre alla modalità della professione e allo stress potrebbero rappresentare parametri da tenere in considerazione.
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Il rapporto tra lavoro e salute
La ricerca, va detto, mette in luce anche associazioni positive tra gli esiti di salute e il lavoro autonomo tra i maschi bianchi. Ma gli studiosi hanno visto che soprattutto tra le donne il profilo di rischio cardiovascolare è risultato nettamente migliore per le libere professioniste rispetto alle dipendenti. Ed hanno cercato anche di dare una spiegazione al fenomeno, in chiave sociale e psicologica. L’ipotesi di lavoro è che per la donna sarebbe spesso più probabilmente fare i conti con stress e richieste legate al bilanciamento delle responsabilità tra lavoro e casa.
“Esiste una relazione tra lavoro autonomo e fattori di rischio per le malattie cardiache, e questa relazione sembra essere più forte nelle donne rispetto agli uomini. È fondamentale approfondire la comprensione di come l’ambiente di lavoro ci metta a dura prova, in modo da poter trovare soluzioni per garantire a tutti l’accesso a un ambiente di lavoro sano”
è il commento della coordinatrice dello studio Kimberly Narain, che ha portato avanti la ricerca assieme a Daniela Markovic e Jose Escarce.
Lo studio, in ogni caso, aggiunge un tassello importante alle conoscenze disponibili, andando oltre quanto già si sapeva sui rapporti tra i modelli occupazionali dei soggetti e il loro rischio di malattie cardiovascolari. In termini generali, dalle ricerche emergono soprattutto le differenze sul fronte della salute cardiovascolare (e non solo) tra chi ricopre posizioni direttive rispetto a chi lavora come impiegato o amministrativa, che spesso sono ricoperte da donne e persone di colore. Non solo: lavori ad alto stress, con maggiori esigenze psicologiche e minore autonomia, sono stati associati a ipertensione e malattie cardiovascolari.
Va comunque sottolineato che molti studi si basano su misure auto-riportate, non del tutto affidabili. Questa ricerca invece è tra le poche ad impiegare valutazioni ottenute da esami di laboratorio e misurazioni corporee, anziché basarsi su misure auto-riportate, per esplorare la relazione tra lavoro autonomo e fattori di rischio per le malattie cardiache. Inoltre si tratta dell’unico studio a considerare le differenze in base al genere e non solo.
Cosa emerge dalla ricerca
Gli studiosi hanno utilizzato i dati di 19.400 adulti lavoratori inclusi nel National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES). In questa popolazione è stata analizzata l’associazione tra lavoro autonomo e fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tra cui colesterolo alto, ipertensione, intolleranza al glucosio, obesità, cattiva alimentazione, inattività fisica, fumo, abuso di alcol, durata del sonno non ottimale e cattiva salute mentale. Gli esperti hanno quindi studiato questi aspetti indipendentemente da genere, razza ed etnia, utilizzando misure biologiche e fisiche che, in alcuni contesti, risultano più affidabili delle misure auto-riportate.
Inoltre hanno riscontrato una serie di associazioni negative, ovvero tassi inferiori di specifici fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tra lavoro autonomo e risultati in termini di salute. Per le donne bianche, il lavoro autonomo è risultato associato ad una riduzione di 7,4 punti percentuali dell’obesità, ad un calo di 7 punti percentuali dell’inattività fisica, ad una diminuzione di 9,4 punti percentuali della scarsa durata del sonno. Nelle donne di colore il lavoro autonomo ha comunque inciso positivamente sulla cattiva alimentazione, sull’inattività fisica e sula durata del sonno. Infine, tra i maschi bianchi, in chi lavorava autonomamente rispetto ai dipendenti c’è stata una riduzione di 6,5 punti percentuali di tendenze alimentari poco salubri e di 5,7 punti di ipertensione.
Ovviamente lo studio non va ad indagare i tratti della personalità e i meccanismi di coping che possono influenzare la scelta degli individui di intraprendere un’attività autonoma e lo sviluppo di fattori di rischio per malattie cardiovascolari. ma offre una valutazione di cui tenere conto. Per le donne e non solo.