Long cold, il raffreddore che non passa mai: quando preoccuparsi e cosa fare

Consigli utili per chi è alle prese con uno strano raffreddore, senza febbre, da più settimane: ecco di cosa si tratta

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Vi è capitato in questi giorni o settimane di ritrovarvi con dei fastidiosi sintomi influenzali che non vogliono andar via? Potrebbe trattarsi di un caso di “long cold”. Un’espressione che fa riferimento a una forma influenzale che si contraddistingue per la sua particolare durata. In questi mesi freddi colpisce molti italiani e può durare fino a quattro settimane. Un mese estenuante, con sintomi relativamente blandi che, perdurando, rendono difficile la vita quotidiana.

Cos’è il long cold

Parlare di raffreddore e di “long cold” non è la stessa cosa. I sintomi sono generalmente blandi e, nella maggior parte dei casi, non si registra un innalzamento eccessivo della temperatura corporea. Non tale da spingere a far scattare l’allarme febbre. Ciò che caratterizza e distingue particolarmente questa condizione è però la durata dello stato di malessere. Ciò si protrae fino a un mese, circa.

La definizione giunge dal Regno Unito, dov’è stato condotto uno studio approfondito dalla Queen Mary University di Londra. È stata così dimostrata l’esistenza di questo particolare raffreddore, che lascia il soggetto stremato, proprio a causa del suo prolungarsi eccessivo. Probabilmente dovremo imparare a conviverci, perché sembra proprio un’eredità della pandemia di Covid.

Quando c’è da preoccuparsi

Per quanto non si registrino casi di febbre, generalmente parlando, questo stato di salute non lascia di certo sereni. Viene allora da chiedersi se ci siano dei particolari segnali che possano far scattare l’allarme. In parole povere, quando è necessario rivolgersi al proprio medico di base?

Ne ha parlato il professor Roberto Albera a La Repubblica. L’otorinolaringoiatra dell’Università di Torino ha spiegato che, per quanto si faccia fatica a percepirla, esiste una chiara ciclicità dei sintomi: “Si ha la sensazione che non passi mai ma c’è un netto miglioramento, seguito da un peggioramento della congestione, del naso che cola e dei sensi ovattati. Il tutto dovuto a un minor spazio per il passaggio dell’aria nelle cavità nasali, piene di muco”.

Cercando sintomi e diagnosi online, è possibile trovare di tutto, ovviamente. Il medico però mette in guardia da certi facili allarmismi. I casi in cui questa condizione diventi cronica sono molto rari. Attenzione invece alla rinosinusite, che è un virus che dà il via a un’infiammazione dei seni paranasali. In questo caso si può riscontrare un forte dolore. Una vera e propria fitta in corrispondenza del seno chiuso.

“La più conosciuta è quella sopra al naso, nella parte bassa della fronte, o intorno agli occhi. Può però colpire anche nelle guance o nella mascella. Si potrebbe infatti confondere il tutto con un mal di denti”.

La cura da seguire

Passiamo infine all’aspetto più importante, per chi ora si ritrova a fare i conti con il “long cold”. Occorre armarsi di pazienza, anche se questa non è di certo la risposta che molti si aspettavano. Tanti fazzoletti, bevande calde e il solito set di raccomandazioni che ci accompagnano da sempre. Il dottor Albera consiglia degli antinfiammatori, nel caso in cui si soffra particolarmente: “Sono molto efficaci anche i decongestionanti”.

Giunti alla seconda o terza settimana, si è a caccia di sollievo, il che può essere donato dagli spray. La carica batterica può essere inoltre ridotta dai lavaggi nasali, che non agiscono però sui sintomi. Superare le due settimane senza alcun tipo di miglioramento, però, sarebbe il caso di contattare il proprio medico curante, dando magari il via a una cura antibiotica per un’infezione batterica.