La Cina sapeva del Covid: aveva già isolato e mappato il virus a dicembre 2019

La Cina, secondo il WSJ, avrebbe nascosto per settimane le scoperte sul Covid: ecco le accuse per i ritardi che hanno causato milioni di vittime

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

La Cina sapeva del Covid-19, ma avrebbe taciuto per oltre due settimane prima di rivelare al mondo intero i dettagli del virus mortale. A lanciare l’indiscrezione è stato il Wall Street journal, che dopo aver esaminato i documenti che il Dipartimento della Sanità americano ha ottenuto da una commissione della Camera, svela come da Pechino la scoperta è stata tenuta nascosta per settimane.

Un “insabbiamento” che ha ritardato e rallentato i piani d’emergenza per un virus partito da Wuhan e che la Cina, in un primo momento, reputava una polmonite virale “di causa sconosciuta”. Ma non era così, perché i ricercatori cinesi già sapevano.

Cina aveva isolato e mappato il Covid

Dallo studio dei documenti, infatti, il Wall Street Journal è riuscito a evidenziare un passaggio mancato, anzi nascosto, da Pechino. I ricercatori cinesi, che già da settimane assistevano alla crescita dei contagi del Covid, ancora non definito tale, si erano messi al lavoro per cercare di capire l’origine del virus mortale.

Mentre all’esterno dicevano di non conoscere niente, o poco, della malattia, effettivamente a Pechino qualcosa si era mossa. I ricercatori cinesi, secondo quanto si apprende, infatti isolarono e mapparono il Covid-19 già alla fine di dicembre 2019, almeno due settimane prima che Pechino rivelasse al mondo i dettagli del virus mortale.

Secondo il Wsj, infatti, un ricercatore cinese a Pechino caricò una sequenza quasi completa della struttura del Covid in un database gestito dal governo americano il 28 dicembre 2019, ma l’effettiva comunicazione condivisione della notizia da parte della Cina arrivò solo l’11 gennaio 2020.

Ben due settimane di ritardo tra la scoperta del ricercatore Lili Ren dell’Institute of Pathogen Biology di Pechino, e i primi interventi. Ma ancora, nonostante le nuove informazioni, non è possibile far luce sul dibattito se il coronavirus sia emerso da un animale infetto o da una fuga di laboratorio.

Le due settimane in più, di certo, avrebbero comunque potuto rivelarsi cruciali per aiutare la comunità medica internazionale a individuare come si diffonde il Covid-19, a sviluppare le difese mediche e ad avviare un eventuale vaccino. Infatti mentre dalla Cina tutto era tenuto nascosto, alla fine del 2019 scienziati e governi di tutto il mondo erano intenti a fare a gara per comprendere la misteriosa malattia che poi avrebbero chiamato Covid-19 e che avrebbe ucciso milioni di persone.

Bassetti furioso con la Cina

Una notizia che non può non lasciare allibita la comunità scientifica, che ha apprendendo questa indiscrezione lanciata dal Wall Street Journal punta il dito contro la Cina. A infuriarsi, in Italia, contro Pechino è stato Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova.

“Se è vero quello che ha scritto il Wall Street Journal sulla Cina, siamo di fronte ad un fatto gravissimo. La modalità che noi scienziati usiamo è che, quando siamo di fronte ad un virus nuovo, mettiamo ogni notizia o studio a disposizione della comunità scientifica. Averlo ritardato di 14 giorni è gravissimo anche dal punto di vista medico-scientifico” ha dichiarato all’Adnkronos.

L’esperto ha quindi sottolineato che “se avessimo avuto alcune informazioni prima, magari potevamo avere test prima e lavorare sui farmaci con anticipo”. Una notizia che, arrivata nei giorni in cui l’Italia ha lavorato al nuovo piano pandemico 2024-2028, fa parecchio rumore.

E non manca l’affondo: “Io mi ricordo quel dicembre del 2019 e se i cinesi avevano già mappato Sars-CoV-2 è un fatto scandaloso. Va condannato da tutta la comunità scientifica”.