Cos’è il virus di Marburg che spaventa il mondo

Il filovirus che causa la febbre di Marburg è particolarmente letale e non esistono vaccini né cure mirate: come si trasmette e quali sono i sintomi

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Un virus che arriva da lontano potrebbe diventare un rischio sanitario concreto anche in Italia e nel resto del mondo occidentale, come già avvenuto con le mutazioni del Covid. E proprio come il coronavirus che abbiamo imparato a conoscere in questi anni di pandemia, non esistono cure per i quadri clinici causati da questo patogeno. Per cui tra l’altro non c’è ancora un vaccino. Si tratta di un filovirus che causa la febbre emorragica di Marburg.

A destare preoccupazione a livello mondiale è un nuovo focolaio scoppiato in Ghana e il fatto che il virus sia particolarmente infettivo e letale, con tassi di mortalità che possono arrivare all’88% in base al ceppo.

Cos’è la febbre emorragica di Marburg

La febbre di Marburg è una malattia virale causata da un patogeno indigeno dell’Africa, molto simile a quello che causa l’Ebola. Come anche il Sars-Cov-2, anche quello della Marburg è un virus a Rna, e per questo è più difficile sviluppare vaccini che riescano a prevenirne la diffusione. È particolarmente aggressivo e dà origine a sintomi che possono portare in breve tempo alla morte.

Il virus di Marburg fu descritto per la prima volta nel 1967 quando scoppiarono dei focolai tra la Germania e la ex Jugoslavia a causa dell’importazione di scimmie dall’Uganda, che infettarono alcuni ricercatori e portano alla morte di sette persone. Il virus riapparve in diverse epidemie. Tra le più violente quelle dei primi anni 2000 in Congo e in Angola, con un centinaio di decessi.

Quali sono i sintomi e il ciclo della malattia

La malattia si manifesta improvvisamente con forti mal di testa, dolori muscolari e uno stato di malessere generale che permangono per tutto il decorso della febbre emorragica. Appaiono man mano diversi sintomi:

  • il primo giorno febbre alta;
  • dal terzo giorno dolori addominali, crampi, diarrea acquosa, nausea e vomito;
  • tra il quinto e il settimo giorno emorragie in diverse parti del corpo.

Il virus inoltre attacca gli organi interni e il sistema nervoso, causando confusione, irritabilità, aggressività, perdita di peso, stati di delirio, shock, insufficienza epatica grave. Nei casi più gravi la morte sopraggiunge tra l’ottavo e il nono giorno.

Come avviene il contagio e come si previene

Il contagio avviene per trasmissione diretta del virus da persona a persona, per contatto con i fluidi corporei, come sangue, urina, vomito e secrezioni respiratorie. Può anche trasmettersi via aerosol, ma in maniera poco efficace. Il patogeno infetta le persone di tutte le età, ma sembra colpire maggiormente gli adulti. Durante l’epidemia del Congo, i bambini sotto i 5 anni erano poco più di un decimo dei casi.

Il virus non si trasmette durante il periodo di incubazione, che dura dai 3 ai 9 giorni. Il momento in cui i pazienti sono più contagiosi sono quelli delle fasi acute della malattia, soprattutto quando avvengono le emorragie. Le condizioni sanitarie precarie favoriscono la circolazione del patogeno.

L’essere umano non è parte del ciclo naturale del virus, e quindi il contagio avviene per contatto casuale con animali infetti. Non sono stati ancora identificati i serbatoi naturali della malattia, nonostante le analisi condotte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità su oltre 3 mila vertebrati e 30 mila artropodi.

Quali sono le poche cure a disposizione oggi

Non esistono vaccinifarmaci specifici. Per prevenire il contagio è utile l’isolamento delle persone infette e la sanificazione delle mani, dei vestiti e delle superfici, oltre alla corretta sepoltura dei corpi. Chi lo contrae deve essere seguito in una struttura medica, con trattamenti utili a fermare la disidratazione e la perdita di elettroliti e ossigeno e trasfusioni di sangue.