Cancro al seno, ecco il farmaco che riduce il rischio di metastasi

Da Aifa una terapia mirata alla cura ormonale standard per pazienti che hanno avuto una diagnosi ai primi stadi

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Durante l’ultimo congresso americano di oncologia, tenutosi a Chicago all’inizio di giugno, sono state fornite ulteriori conferme riguardo alla notizia che, aggiungendo un nuovo farmaco alla terapia ormonale standard dopo l’intervento chirurgico, è possibile ridurre le probabilità di ricaduta o metastasi per le persone con una diagnosi di tumore al seno negli stadi iniziali, ma con una forma di neoplasia considerata “pericolosa”. Questa forma di cancro al seno è caratterizzata dalla positività al recettore ormonale (HR+), dalla negatività al recettore del fattore di crescita umano epidermico di tipo 2 (HER2-) e dalla presenza di linfonodi positivi.

Qual è il farmaco

I dati presentati durante il congresso statunitense sono stati giudicati di grande rilevanza clinica e, di conseguenza, la nuova cura è stata ufficialmente resa disponibile anche in Italia, dopo l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, che ha autorizzato il suo rimborso.

L’approvazione è stata basata sui risultati dello studio denominato monarchE, il quale ha dimostrato un significativo miglioramento statistico nella sopravvivenza priva di malattia invasiva per le pazienti trattate con il farmaco abemaciclib (il nuovo medicinale) rispetto al trattamento standard.

La situazione nel nostro Paese

In Italia, una donna su otto è destinata a sviluppare il cancro al seno nel corso della sua vita. Con ben 55mila nuovi casi diagnosticati ogni anno, questo tumore è il più comune non solo tra le donne, ma nell’intera popolazione. Sebbene sia raro, può colpire anche gli uomini, con circa 500 casi annui segnalati in Italia. Nonostante i significativi progressi fatti nella lotta contro la malattia (fortunatamente l’87% delle pazienti sopravvive almeno 5 anni dalla diagnosi), il cancro al seno resta la principale causa di morte per cancro tra le donne italiane. I ricercatori continuano quindi a concentrarsi su nuove strategie efficaci per combattere le forme più aggressive di questa patologia.

La fase iniziale del tumore al seno è caratterizzata dalla mancanza di diffusione metastatica, ovvero l’assenza di metastasi a distanza. Dopo l’intervento chirurgico, si decide il trattamento post-operatorio, noto come trattamento adiuvante, sulla base di diversi fattori che aiutano a valutare il rischio di sviluppare metastasi nelle donne affette. Circa il 15% dei tumori al seno con recettori ormonali positivi (HR+/HER2) presenta un rischio aumentato di metastasi. Offrire a queste pazienti un trattamento aggiuntivo alla terapia ormonale, come l’abemaciclib, rappresenta un’opportunità di grande rilevanza, poiché il farmaco offre una significativa riduzione del rischio di recidiva.

I risultati più recenti dello studio di fase tre denominato monarchE sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet Oncology nel dicembre 2022. Questi dati provengono da un’analisi che riflette un periodo di osservazione medio di quattro anni, nel quale tutte le pazienti hanno completato o interrotto il periodo di trattamento previsto di due anni con abemaciclib. I risultati dimostrano l’efficacia del farmaco nel ridurre il rischio di recidiva e rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il cancro al seno.

La sperimentazione in Italia

La sperimentazione clinica coinvolgente 5.637 pazienti ha incluso sia donne che uomini affetti da carcinoma mammario sensibile agli ormoni, con recettori ormonali positivi (HR+) e negativo per il recettore del fattore di crescita epidermico umano (HER2-), che presentavano linfonodi positivi e un alto rischio di recidiva. L’alto rischio è stato definito in base a specifiche caratteristiche della malattia, come la presenza di 4 o più linfonodi ascellari positivi o da 1 a 3 linfonodi positivi e almeno uno dei seguenti criteri: tumore di dimensione maggiore di 5 centimetri, grado istologico 3 o un indice Ki-67 superiore al 20%.

Nello studio, le pazienti sono state trattate con abemaciclib in associazione a una terapia ormonale per due anni dopo l’intervento chirurgico. I risultati indicano che l’aggiunta di abemaciclib ha ridotto il rischio di sviluppare una malattia invasiva del 35%. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva a quattro anni è stato dell’85,5% per i pazienti trattati con abemaciclib più terapia ormonale, rispetto al 78,6% per coloro che hanno seguito solo la terapia ormonale.

Inoltre, l’uso di abemaciclib come terapia adiuvante ha anche ridotto il rischio di sviluppare una malattia metastatica del 35%. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia a distanza a quattro anni con abemaciclib è stato del 87,9%, rispetto all’81,8% per coloro che hanno ricevuto solo la terapia ormonale.

Va notato che in Italia, abemaciclib è già stato approvato e rimborsato dall’Aifa dal 2019 per il trattamento delle donne con carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico HR+ e HER2-. Il farmaco è somministrato in associazione con un inibitore dell’aromatasi o fulvestrant come terapia endocrina iniziale o in donne che hanno già ricevuto una precedente terapia endocrina. Questi risultati dello studio confermano ulteriormente l’efficacia di abemaciclib nel ridurre il rischio di recidiva e malattia metastatica nelle pazienti con carcinoma mammario HR+ e HER2-.

Effetti del medicinale

Il trattamento con abemaciclib in combinazione con terapia endocrina ha dimostrato di ridurre in modo significativo il rischio di recidiva nelle pazienti con tumore al seno in stadio iniziale ma con un elevato rischio di ripresa di malattia. Secondo le parole della dottoressa Valentina Guarneri, Professore Ordinario di Oncologia Medica e direttrice della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica dell’Università di Padova, i vari aggiornamenti del follow-up dello studio clinico monarchE hanno mostrato non solo il mantenimento della riduzione del rischio di recidiva osservata inizialmente, ma anche una tendenza addirittura a migliorare questo effetto nel tempo. Inoltre, l’effetto di riduzione sul rischio di metastasi a distanza è considerato un aspetto particolarmente rilevante, poiché le metastasi a distanza influenzano maggiormente la prognosi delle pazienti.

La presidente di Europa Donna Italia, Rosanna D’Antona, sottolinea come le donne colpite da tumore al seno, soprattutto in fase iniziale ma con un alto rischio di recidive, vivano con sentimenti di incertezza, ansia e paura riguardo al futuro, poiché non sanno se e quando la malattia potrà ripresentarsi. L’opportunità di poter contare su nuove terapie capaci di ridurre la probabilità di recidiva o metastasi offre una maggiore serenità d’animo alle pazienti, stimolando anche un migliore rispetto delle cure e una speranza più forte di guarigione. Con il crescente numero di diagnosi di tumore al seno, soprattutto in età sempre più giovane, ogni progresso nella ricerca e nello sviluppo di cure migliori viene accolto con grande felicità. Si auspica che la ricerca continui su questa strada per offrire agli oncologi e alle pazienti cure sempre più efficaci nel fermare la malattia e prolungare la sopravvivenza, migliorando così la qualità di vita delle persone colpite da questa patologia.