A consegnarlo alla Storia come Re Giorgio ci ha pensato il New York Times, ma l’appellativo gli era stato dato in maniera ufficiosa – e a dirla tutta con una connotazione negativa – già da alcuni costituzionalisti e dal popolo del web, in particolare tra le frange del grillismo della prima ora. Classe ’25, Giorgio Napolitano è stato presidente della Repubblica dal 2006 al 2015, e detiene ancora oggi il record per il più lungo mandato come capo di Stato italiano. Oltre a questo particolare primato, è ricordato per essere il presidente che, forse più di ogni altro, non si è limitato a svolgere il simbolico ruolo attribuito tradizionalmente all’inquilino del Quirinale.
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La biografia di Giorgio Napolitano, il presidente dei record
Laureato in Giurisprudenza all’Università di Napoli, si è avvicinato alla politica negli anni ’40 tesserandosi nel Partito Comunista Italiano. Eletto deputato nel 1953, è diventato segretario del PCI nel 1992, a cavallo di due importanti eventi storici: la fine dell’URSS e del blocco orientale e lo scandalo di Mani Pulite, con la conseguente fine della lunga stagione della Prima Repubblica.
Con la trasformazione del PCI nel Partito Democratico della Sinistra, primitiva versione del PD moderno, è stato a lungo un punto di riferimento per tutto il centrosinistra. Nel 2006 è diventato il primo ex comunista a diventare presidente della Repubblica. Nel 2013, alla fine del suo mandato, è stato rieletto al Colle. Il secondo mandato ha avuto vita breve, solo 2 anni, quelli necessari per portare scortare il Paese fuori dalla difficile crisi degli anni precedenti. In seguito è stato eletto Sergio Mattarella.
Perché Franco Cordero lo definì Re Giorgio
Durante gli anni al Quirinale, Giorgio Napolitano è stato accusato a più riprese di favoritismi verso Silvio Berlusconi. A causare polemiche fu in particolare la firma del lodo Alfano, avvenuta, a detta delle opposizioni e in particolare di Beppe Grillo, troppo frettolosamente, senza rinviare il testo alle Camere e senza tenere conto della posizione della Corte Costituzionale sul precedente lodo Schifani. La legge prevedeva lo scudo penale per le più alte cariche dello Stato, e venne etichettata come una delle “leggi ad personam” cucite su misura per il Cav per evitare i processi.
L’episodio che però fece più scalpore fu il conflitto di attribuzione sollevato dal presidente nei confronti della Procura di Palermo, che avrebbe dovuto distruggere delle intercettazioni telefoniche che lo riguardavano nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-Mafia. Prima di procedere, però, le registrazioni sarebbero dovute essere ascoltate dagli avvocati delle parti, con il rischio che il contenuto potesse poi essere divulgato a mezzo stampa.
Il parere della Corte Costituzionale, alla fine, diede ragione a Giorgio Napolitano. Per questa ingerenza “da monarca” e per le presunte mancanze nell’esercizio del proprio ruolo di garante della Costituzione, il presidente venne appellato Re Giorgio dal giurista Franco Cordero. Il nomignolo si diffuse in particolare tra i meet-up grillini, senza però venir usato dalla stampa generalista.
La connotazione positiva del nome Re Giorgio
Fu il NYT, in un editoriale, a parlare del soprannome Re Giorgio come un gesto d’affetto per la sua difesa delle istituzioni democratiche e il ruolo giocato nella difficile transizione dal governo di Silvio Berlusconi a quello tecnico di Mario Monti. La stampa estera apprezzò particolarmente l’abilità mostrata nell’orchestrare il difficile passaggio in un momento cruciale per l’economia italiana ed europea.
Giorgio Napolitano effettivamente trascorse mesi preparando il terreno all’arrivo dell’economista, consultando leader nazionali e internazionali, funzionari americani e la Banca d’Italia per creare un governo alternativo valido. La sua leadership convinse gli attori politici a sostituire Silvio Berlusconi con Mario Monti, contribuendo a ripristinare la stabilità in un periodo turbolento.
Il governo di Monti fu definito il governo del presidente, e godette dell’approvazione anche dell’UE, del presidente americano Barack Obama, della cancelliera tedesca Angela Merkel e del presidente francese Nicolas Sarkozy. Re Giorgio, in questa chiave, non è dunque da interpretare come il nome di un tiranno che agisce sopra e al di fuori della legge, ma come quello di un leader lungimirante e apprezzato anche oltre i confini del Belpaese.