Affitti brevi, occhio alla stangata: quale tassazione conviene

Cedolare secca o aliquote Irpef: come devono essere gestiti al meglio gli affitti brevi nel momento in cui si devono pagare le tasse

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Estate tempo di affitti brevi per migliaia di italiani in vacanza, tra case trovate all’ultimo su Airbnb o Booking o magari ancora tramite passa parole come si faceva una volta. Ma per chi affitta, in quale modo devono essere dichiarati i redditi che derivano dagli affitti brevi? Come devono essere gestiti, da parte dei proprietari, i contratti di locazione con una durata inferiore a 30 giorni?

I contribuenti, che mettono a reddito un immobile con affitto breve, devono analizzare nel dettaglio la redditività del proprio investimento anche sotto l’aspetto fiscale. Il tax rate, infatti, può influenzare in maniera decisiva qualsiasi tipo di scelta che l’investitore ha deciso di prendere. Questo è il motivo per il quale, in un settore altamente competitivo come quello degli affitti brevi, risulta essere molto importante ottimizzare la tassazione, in modo da poter avere un vantaggio maggiore rispetto ai concorrenti.

Volendo sintetizzare al massimo sono due i regimi fiscali che si possono adottare per dichiarare l’eventuale reddito che deriva dagli affitti brevi:

  • la normale tassazione ai fini Irpef del reddito conseguito, che può essere costituito da un reddito fondiario per il proprietario o da un reddito diverso per il comodatario;
  • la tassazione a cedolare secca, che può essere adottata sia dal proprietario che dal comodatario dell’immobile.

Il contribuente, in entrambi i casi, deve tenere in considerazione che, se si sta operando attraverso un portale web o un intermediario – che può essere un agente immobiliare – è prevista l’applicazione di una ritenuta pari al 21%. Questa è, in estrema sintesi, una vera e propria ritenuta d’acconto che l’intermediario o il portale trattengono sul reddito da locazione e che provvedono a versare per conto del titolare del reddito. La ritenuta, a tutti gli effetti, costituisce un acconto sulle imposte che dovranno essere versate.

Affitti brevi: cosa sono

Gli affitti brevi sono dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, che hanno una durata inferiore a 30 giorni. In alcuni casi possono comprendere anche dei servizi di fornitura di biancheria e pulizia dei locali. Devono essere stipulati con delle persone fisiche, al di fuori di qualsiasi esercizio di attività d’impresa.

Gli affitti brevi possono essere sottoscritti direttamente dalle parti interessate o è possibile appoggiarsi a dei soggetti che stiano esercitando l’attività di intermediazione immobiliare, che possono essere delle agenzie immobiliari o dei portali telematici.

L’articolo 1, comma 595, della Legge n. n. 178/2020 prevede che gli affitti brevi acquisiscono natura di imprenditorialità nel momento in cui il proprietario dia in locazione breve più di 4 appartamenti per ogni periodo d’imposta.

Ad individuare nel dettaglio le caratteristiche degli affitti brevi è l’articolo 4 del Decreto Legge n. 50/17, che le identifica come segue:

  • deve avere come oggetto immobili abitativi: non vengono prese in considerazione le relative pertinenze;
  • la durata della locazione deve essere inferiore a 30 giorni;
  • il contratto deve essere stipulato da privati: i diretti interessati devono essere delle persone fisiche, che non opera in forma di impresa;
  • i contratti di locazione non devono superare i 4 immobili per soggetto. In caso contrario si esce dalla disciplina della locazione breve e si opera in forma di impresa.

La disciplina fiscale

Il contribuente che percepisce dei redditi da locazione breve è sempre tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, indipendentemente dal tipo di tassazione che è stata prescelta: cedolare secca o Irpef.

A precisare quale sia il regime di tassazione degli affitti brevi è la circolare n. 24/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate. Gli obblighi fiscali che sono in capo al proprietario sono condizionati dall’intervento o meno di un intermediario o di un portale web, che hanno messo in contatto il locatore con il locatario. Ma entriamo nel dettaglio e vediamo quali differenze ci sono.

Quando è presente un intermediario o un portale web

Nel corso degli ultimi anni si è venuta a configurare una particolare professione: quella del property manager. È un soggetto, generalmente un agente immobiliare, in possesso delle competenze e delle autorizzazioni necessarie per svolgere l’attività di intermediazione tra il locatore ed il locatario. Il suo compito, in altre parole, è quello di concludere il contratto di locazione breve. Nel caso in cui sia presente, l’intermediario opera a seguito della stipulazione di un contratto di mandato. Questo mandato permette all’intermediario di sottoscrivere per nome e conto del proprietario il contratto di locazione breve.

Questo tipo di attività ha degli importanti riflessi di natura fiscale, che devono essere analizzati:

  • l’intermediario, nel momento in cui interviene nella riscossione dei canoni di affitto breve deve applicare una ritenuta del 21% sul canone di locazione lordo. La ritenuta funge, a tutti gli effetti, da acconto sulla tassazione Irpef; è impositiva nel caso in cui si dovesse scegliere la cedolare secca. L’intermediario dovrà, inoltre, rilasciare una certificazione unica al soggetto titolare del reddito;
  • l’intermediario che, invece, non interviene nella riscossione dei canoni di affitto breve non deve applicare la ritenuta. Il canone di locazione viene incassato direttamente dal proprietario. L’intermediario, in questo caso, entro il 30 giugno dell’anno successivo è tenuto a comunicare i dati di tutti i contratti di locazione conclusi per suo tramite all’Agenzia delle Entrate.

Affitti brevi: tassazione Irpef

Gli affitti brevi possono essere sottoposti alla tassazione classica, andando a concorrere alla determinazione del reddito sottoposto a tassazione Irpef. In questo caso il soggetto è chiamato a dichiarare il reddito derivante dall’affitto breve, che andrà a formare il reddito imponibile Irpef.

Il reddito da locazione breve – essendo un reddito fondiario – diventa imponibile Irpef al 95% del proprio ammontare. La normativa prevede l’applicazione di una deduzione forfettaria pari al 5%. Il 95% del reddito viene sottoposto alla normale tassazione, seguendo gli scaglioni di reddito Irpef. In altre parole la tassazione del reddito da locazione sconta la tassazione dell’aliquota marginale Irpef del contribuente.

Andando a semplificare al massimo la situazione a cui si trova di fronte il contribuente in questo caso, maggiore è il suo reddito imponibile Irpef, più è onerosa e sconsigliabile questo tipo di tassazione.

In questo caso la ritenuta del 21% operata dall’intermediario rappresenta un acconto sulle tasse che il contribuente andrà a pagare.

La cedolare secca

La seconda possibilità è quella di applicare la cedolare secca. In questo caso siamo davanti ad un’imposta fissa del 21%, che viene applicata sul canone lordo di locazione. Proviamo a fare un esempio: nel caso in cui il prezzo per l’affitto sia pari a 100 euro e il proprietario dell’immobile abbia subito costi per 30 euro da parte dell’intermediario di turno, la cedolare secca si applica sull’imponibile lordo di 100 euro.

Questo tipo di tassazione è inferiore rispetto all’Irpef, il cui scaglione più basso è pari al 23%, ma si applica sul 100% del reddito e non sul 95%. La scelta della modalità di tassazione delle locazioni brevi deve essere valutata di anno in anno per verificare la convenienza di una tassazione o dell’altra.

Nel caso in cui l’intermediario di turno applichi la ritenuta al 21%, questa costituisce la tassazione secca che si deve pagare: la ritenuta è operata a titolo d’imposta.