Dopo la vittoria di Trump negli Usa, l’Italia si avvicina alla Russia: una nuova era?

L'ambasciatrice italiana a Mosca ha ricevuto le credenziali dalle mani di Putin, diventando la prima rappresentante del nostro governo a incontrare il presidente russo dall'invasione dell'Ucraina. Una mossa che, con la presidenza Trump, promette di cambiare il mondo

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 8 Novembre 2024 08:18

La vittoria di Donald Trump nelle presidenziali americane più pazze a memoria d’uomo ha già dato uno scossone al mondo, provocando effetti farfalla che si cominciano già a intravedere. La politica estera americana non ha orientato il voto degli statunitensi nello scegliere il loro nuovo presidente, ma rappresenta sicuramente il dossier principale per il resto del mondo.

Una delle tessere traballanti dell’effetto domino trumpiano è senza dubbio la competizione con le potenze rivali. Come la Russia, che ha atteso il risultato delle urne a stelle e strisce per accettare le credenziali dell’ambasciatrice italiana a Mosca, Cecilia Piccioni. Inizia una nuova era per le relazioni tra il nostro Paese e la Federazione, nonostante il perdurare della guerra in Ucraina?

L’ambasciatrice italiana a Mosca ha incontrato Putin

Nel complesso Vladimir Putin ha accettato le lettere credenziali di 28 ambasciatori stranieri. Oltre alla nostra Piccioni, il Cremlino ha aperto le porte anche a Akira Muto (Giappone), Ricardo Martinez Vazquez (Spagna), Sarah Taylor (Canada), Simone Halperin (Israele), Vinay Kumar (India), Aleksandr Rogozhnik (Bielorussia), Julian Clare (Irlanda), Michel René Zherebtsoff (Belgio), Joanneke Mareike Balfoort (Paesi Bassi) e Marya Elina Liiwala (Finlandia). Cecilia Piccioni ha sostituito il predecessore Giorgio Starace a luglio ed è la prima rappresentante del governo italiano a incontrare il presidente russo dall’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022.

“Mi piacerebbe credere che prevarrà ancora una volta una visione razionale ed equilibrata della cooperazione con la Russia“, ha dichiarato Putin. Aggiungendo che la Federazione “è aperta alla cooperazione reciprocamente vantaggiosa con tutti gli Stati, senza eccezioni, sui principi di uguaglianza, non ingerenza negli affari interni e stretta osservanza del diritto internazionale”.

Chi è Cecilia Piccioni

Nata a Roma nel 1964, Cecilia Piccioni si è laureata in Scienze Politiche nel 1991 e l’anno successivo ha conseguito un Master in Finanza Internazionale e Commercio Estero. Ha mosso i primi passi nel settore del credito, inclusa un’esperienza presso la Banca Mondiale, fino a entrare nel 1996 nel corpo diplomatico italiano tramite un concorso pubblico come volontario con specializzazione commerciale.

Il primo vero incarico della sua carriera arriva nel 1997, nella Direzione generale Affari economici della Farnesina. Tre anni più tardi, la Piccioni viene nominata Secondo segretario commerciale all’Ambasciata d’Italia a Praga e, a stretto giro, diventa Primo segretario commerciale. Nel 2004 si trasferisce a Washington per assumere le funzioni di Consigliere. Nel 2008 passa all’Ufficio del Consigliere diplomatico della Presidenza del Consiglio dei ministri, per poi fare ritorno negli Stati Uniti due anni dopo in veste di Rappresentante permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite. Nel 2015 viene nominata ambasciatrice d’Italia in Vietnam. Nel luglio 2024 diventa ambasciatrice italiana a Mosca.

La nuova postura degli Usa cambia il mondo

I Paesi “bendetti” dal disgelo diplomatico di Putin appartengono tutti al fronte occidentale, con prevalenza del quadrante europeo. Una mossa abbastanza esplicita sul futuro delle relazioni che il Cremlino intende coltivare dopo la certificazione della nuova presidenza Trump negli Stati Uniti. Il tycoon incarna una visione del mondo sempre basata sulla proiezione imperiale di Washington, ma decisamente meno coinvolta a livello materiale nei troppo numerosi fronti aperti. In altre parole: gli Usa non interverranno più ovunque nel mondo solo perché sono gli egemoni, ma delegheranno ai loro satelliti e alleati la gestione di determinate aree di competenza del pianeta. Gli Stati Ue, ad esempio, dovranno occuparsi per forza di cose della questione ucraina.

Ecco che, per l’appunto, il segretario generale della Nato Mark Rutte ha parlato della revisione del tetto (già stabilito) del 2% del Pil dei vari Paesi da reinvestire nel settore della Difesa. Il riarmo delle nazioni è cruciale per riattivare in Europa l’industria militare e l’enorme indotto a essa collegato, in modo che Washington non debba più svenarsi nel supportare economicamente e materialmente la resistenza ucraina. Trump ambisce inoltre a una verticale del potere spiccata come quella di Putin, nutrendo una mai celata simpatia per il leader russo. Col quale è rimasto in contatto anche dopo la fine del suo primo mandato, come riferito anche dal giornalista investigativo statunitense Bob Woodward. Tutto lascia insomma presagire che l’America voglia benedire un armistizio che scontenti l’Ucraina, dal punto di vista territoriale e sovrano, stemperando la tensione con una potenza nucleare che minaccia di serrarsi sempre più al grande rivale degli Usa: la Cina.

Putin, Trump e il nuovo ordine mondiale

Nel ricevere gli ambasciatori stranieri, Putin ha fatto (e detto) molto di più di ciò che gli richiedeva la semplice etichetta. Ha delineato i contorni di un “nuovo ordine mondiale”, paventando “venti anni difficili” davanti a noi ma anche un clima di collaborazione fra nazioni. All’indomani dell’elezione di Trump, il presidente russo al Club Valdai ha inaugurato toni più concilianti del solito, nonostante i soliti attacchi nei confronti dell’Occidente e della Nato “anacronistica” contenuti nel discorso che ha letto all’inizio della riunione. Nelle prime tre ore di diretta non ha nominato neppure una volta Joe Biden e non ha nascosto una certa apertura nei confronti del tycoon. Oltre a scandire che il rapporto così stretto della Russia con la Cina “non è diretto contro nessun altro Stato”.

Putin ha affermato di volere il ritorno al sistema di fiducia reciproca in Europa e di non aver nulla in contrario a dialogare con Donald Trump, il cui piano sulla questione ucraina “è interessante”. L’ha definito “il primo passo verso un nuovo sistema di sicurezza“. E subito dopo gli ha lanciato un altro assist: la Russia “non cerca di abbandonare il dollaro, sono gli Stati Uniti che impongono restrizioni”.

Una nuova era delle relazioni fra Stati Uniti e Russia?

Che gli Stati Uniti non volessero una Russia sconfitta e umiliata, facile preda di Pechino, era chiaro anche prima del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. La svolta presidenziale del 2024 farà però uscire in qualche modo i legami russo-americani dal baratro più basso e buio dai tempi della Guerra Fredda. Non si tratterà certo di un “reset” delle sanzioni o della competizione fra i due Paesi, progetto fallito più volte anche in passato (soprattutto durante la presidenza di Barack Obama). La predominanza repubblicana in Senato e Congresso consentirà inoltre a Trump di avere più gioco nel dettare la linea di politica estera della sua amministrazione, senza incontrare ostacoli decisivi. A grandi linee, la proposta di Trump per l’Ucraina prevede il pressing su Kiev affinché ceda i territori annessi unilateralmente da Mosca.

Nel corso degli anni, Trump ha ripetutamente espresso la sua linea fortemente critica nei confronti della Nato, mettendo apertamente in discussione la necessità dell’Alleanza per mantenere il moderno ordine mondiale e lamentandosi del contributo finanziario sproporzionato degli Stati Uniti al suo bilancio rispetto agli alleati europei. Leonid Slutsky, presidente della Commissione per gli Affari internazionali della Duma di Stato (il Parlamento russo) ha affermato che la vittoria di Trump offre “un’opportunità per un approccio più costruttivo al conflitto ucraino”.

Nel 2020 il neo presidente americano aveva ordinato il ritiro di circa 10mila soldati dalla Germania, sottolineando il calo dell’impegno di Washington nei confronti della difesa europea. I militari americani in realtà aumentarono su suolo europeo, perché i veri decisori in patria sono gli apparati e non il presidente, ma non è questo il punto. Il punto è che il disimpegno degli Usa dal mondo, puramente materiale e non geopolitico, dovrà passare per forza di cose dal riarmo europeo (nonostante la chimera della difesa comune) e da un disgelo propagandistico con la Russia.

Qual è e quale sarà il rapporto fra Italia e Russia

Tutto questo coinvolge direttamente anche l’Italia, in quanto perno del sistema Ue messo in piedi proprio dagli Stati Uniti. Durante l’amministrazione di Joe Biden, lo slancio dei Paesi europei verso la Russia è stato molto soppresso e tenuto sotto controllo. Ora ci si aspetta un notevole margine d’apertura, come detto. In questo senso, l’incontro fra Piccioni e Putin assume un’importanza decisiva. Fino a qualche giorno prima, il nostro Paese temeva che i rapporti tesi con Mosca potessero ritardare (o peggio) la nomina dell’ambasciatrice. La vittoria di Trump disegna invece scenari di riavvicinamento, incoraggiando Roma a rivedere la propria posizione verso il Cremlino al netto delle sanzioni ancora attive.

La volontà trumpiana di delegare agli Stati Ue parte della gestione del continente europeo aggiunge una pennellata in più al quadro futuro. Aprendo a Mosca, l’Italia sarà chiamata a trovare un equilibrio tra il rispetto delle linee guida di Bruxelles e il perseguimento dei propri interessi nazionali, in primis in ambito energetico. Nella più ottimistica delle previsioni, l’Italia potrebbe configurarsi come un ponte tra Europa e Russia, sfruttando la propria posizione strategica e la storica vicinanza con l’Orso per ritagliarsi una posizione da mediatore. Del resto in questi mesi di incursioni a Kursk, guerra devastante nel Donbass e gas importato da altri lidi, vertici del nostro governo come il ministro Antonio Tajani hanno ripetuto fino allo sfinimento che l’Italia “non è in guerra con la Russia”.

Un approccio pragmatico che dovrà in ogni caso fare i conti con la postura statunitense e con le questioni interne al governo guidato da Giorgia Meloni. Senza mai dimenticare che la Russia ha tutto l’interesse a riavvicinarsi a un Paese parzialmente sovrano (perché provincia americana) e affacciato sul medioceano più strategico del nostro emisfero.