Crisi monetaria in Egitto, crolla la sterlina: le conseguenze sulla guerra e sull’Italia

La banca centrale dell'Egitto ha confermato il regime di cambi fluttuanti per la sterlina, che è crollata ai minimi storici

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Redazione

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L’Egitto è caduto in una crisi monetaria senza precedenti. La banca centrale ha aumentato i tassi di interesse di 6 punti percentuali, facendoli arrivare a oltre il 27%. In poche ore il valore della sterlina è crollato, arrivando a meno di 2 centesimi di euro, il minimo storico. La moneta nazionale rimarrà in regime di cambi fluttuanti, ha annunciato l’autorità bancaria.

Il Paese è da anni in una grave crisi economica data da vari fattori congiunturali e strutturali. Dal Covid-19 alla guerra in Ucraina, fino alla presenza capillare dell’esercito all’interno dell’economia e a una popolazione in costante crescita difficilmente sostenibile in termini di produzione di cibo. Ad aggravare questa situazione anche la guerra nella Striscia di Gaza.

La crisi monetaria dell’Egitto

La banca centrale egiziana ha annunciato mercoledì 6 marzo che lascerà la sterlina, la moneta nazionale, in regime di cambi fluttuanti. Questo significa che sono i mercati a decidere, tramite legge della domanda e dell’offerta, il valore della sterlina egiziana. Questo perché la banca centrale stessa non ha le riserve di moneta straniera necessarie per garantire un cambio fisso con un’altra valuta forte e stabile, come l’euro o il dollaro.

L’effetto di questa decisione è stato un crollo verticale del valore della moneta, che al momento è scambiata sui mercati internazionali a 0,19 euro per sterlina. Questo nonostante la banca centrale abbia al contempo portati i tassi di interesse al 27,35%, aumentandoli in una sola decisione di 6 punti percentuali.

Una delle ragioni di questo crollo valutario è che il Fondo monetario internazionale ha rifiutato diversi prestiti all’Egitto per timore che lo Stato nordafricano non fosse in grado di ripagarli. Al momento Il Cairo rimane in attesa dei dollari dell’Fmi, di cui è il secondo maggior creditore dopo l’Argentina.

Le conseguenze della crisi valutaria egiziana sull’Italia e sulla guerra a Gaza

Nonostante la crisi della sua valuta e quella associata della sua economia, l’Egitto rimane una delle potenze regionali del medio oriente. Seocndo i dati dell’osservatorio economico del ministero degli Esteri italiano, l’export italiano nel Paese ammonta a 2,68 miliardi di euro a gennaio 2023, mentre le importazioni a 2,26 miliardi di euro.

Le industrie italiane più legate all’economia egiziana sono quella dei macchinari industriali, dei trasporti e dei prodotti petroliferi raffinati. Dall’Egitto l’Italia importa principalmente materie prime derivate dall’estrazione mineraria e prodotti metallurgici.

La crisi egiziana ha però risvolti importanti anche sulla guerra a Gaza, di cui il Paese è l’unica nazione confinante oltre a Israele. Attraverso il valico di Rafah, passano una parte degli aiuti umanitari diretti nelle zone in guerra e sempre dalla stessa strada fuggono i rifugiati a cui viene permesso di entrare in Egitto perché in possesso di passaporti esteri.

Il Cairo però si è riservato di limitare molto l’afflusso di rifugiati palestinesi nel proprio territorio sin dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente egiziano Al-Sisi non ha mai dato una spiegazione ufficiale legata all’economia per questa decisione, ma le condizioni del Paese e la crisi monetaria sarebbero, secondo diversi osservatori internazionali, la vera ragione per cui l’Egitto non sta accogliendo i rifugiati di Gaza.

La crisi dell’economia egiziana

Dai dati del Pil non si direbbe, ma l’Egitto è in una gravissima crisi economica. Anche se la sua economia è cresciuta del 6%, ci sono sempre più persone in stato di povertà che vivono nel Paese. Lo stipendio medio costringe le persone a vivere con meno di 2 euro al giorno. La crescita è dovuta soprattutto a grandi campagne di spesa pubblica del tutto insostenibili, mentre gli investimenti privati sono ai minimi.

La ragione per la sfiducia degli investitori, soprattutto quelli esteri, nel Paese è la capillare presenza dello Stato e in particolare dell’esercito in ogni aspetto dell’economia egiziana. I militari, ambiente da cui proviene anche il presidente al-Sisi, controllano la totalità dei settori automobilistico, della pesca e dell’intrattenimento e dell’informazione. Lo Stato poi partecipa a buona parte degli altri settori, scoraggiando la competizione.

Ci sono poi fattori più congiunturali che hanno portato la sterlina egiziana al crollo. Il Covid-19 ha ridotto l’afflusso di turisti sul Mar Rosso, una situazione che l’attuale situazione internazionale non ha contribuito a migliorare. Le presenze sono crollate, un duro colpo sia per l’economia che per la banca centrale. Questo settore portava infatti molta moneta estera, utile a mantenere i cambi stabili.

Anche la guerra in Ucraina ha causato un contraccolpo durissimo per l’economia egiziana. L’Egitto ha pochi terreni coltivabili ed è quindi uno dei principali importatori di grano al mondo. La situazione è resa ancora più critica da una popolazione in continua crescita. Abitano nel Paese oggi quasi 110 milioni di persone. Solo 10 anni fa erano meno di 95 milioni. Per far fronte alla domanda di cibo, il governo sovvenziona il pane con acquisti di grano soprattutto dall’Ucraina. La guerra ha però reso complesso per il Paese dell’Est Europa esportare i propri prodotti agricoli attraverso il Mar Nero, esponendo l’Egitto a un’inflazione senza precedenti.

Non ha certo aiutato infine la campagna di attacchi alle navi commerciali da parte dei ribelli Houthi nello stretto di Bab-el-Mandeb, all’imboccatura del Mar Rosso. Il pericolo ha spinto molte compagnie di trasporti a evitare quella rotta, preferendo quella più lunga ma più sicura di Capo di Buona Speranza. Per questa ragione il traffico di navi attraverso il Canale di Suez è diminuito del 42%. Nell’anno fiscale 2022-2023 il canale aveva fruttato allo Stato egiziano 8,6 miliardi di euro a fronte di un Pil di 371 miliardi.

Il risultato di tutti questi fattori è stata una crisi economica molto grave. Il debito pubblico egiziano ha raggiunto il 94% del Pil e metà circa delle entrate dello Stato sono destinate a pagare i soli interessi sul debito stesso. Il Fondo monetario internazionale si è rifiutato per tre volte di prestare dollari al Paese, con le gravissime conseguenza sul valore della sterlina egiziana che si sono manifestate quando la banca centrale si è dimostrata incapace di fissare il regime di cambio.

L’inflazione ha toccato il 35% negli ultimi mesi del 2023 ed è oggi attorno al 30%. Questo dato potrebbe però presto peggiorare a causa proprio del crollo del valore della sterlina egiziana. Ad oggi l’Egitto è considerato tra i Paesi con la maggiore probabilità di insolvenza, quindi di non pagare i propri debiti e rischiare la bancarotta, al mondo. Già oggi lo Stato fatica a pagare gli stipendi dei suoi dipendenti.