Euro verso la parità con il dollaro: quali saranno le conseguenze per l’economia italiana

L'euro vale sempre meno nei confronti del dollaro e questo potrebbe avere effetti sull'economia italiana

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

L’euro si sta avvicinando alla parità con il dollaro. Le ragioni sono principalmente da ricondurre a un’inflazione che negli Stati Uniti continua a restare alta e di una crescita sostenuta degli Usa che dovrebbe far ritardare ulteriormente il taglio dei tassi da parte della Fed. Salgono gli acquisti di prodotti finanziari che ripagheranno gli investitori in caso di caduta del valore della moneta unica nei confronti del dollaro.

L’euro è raramente stato debole rispetto alla valuta americana nella sua storia, andando soltanto per brevissimi periodi in parità o al di sotto del suo valore. Una situazione del genere modificherebbe gli effetti che la moneta unica ha sull’economia italiana.

L’euro verso la parità con il dollaro

Secondo molti osservatori, l’euro potrebbe presto toccare la parità con il dollaro. La moneta unica è già molto debole per i suoi standard, rimanendo poco sopra 1,05 dollari per lunghi tratti del 2024. Da oltre un anno questi valori sono stabili ma nelle ultime settimane l’euro ha perso il 3,5% del proprio valore. Le future mosse delle rispettive banche centrali potrebbero invertire l’equilibrio.

Negli Usa la crescita economica è ancora molto forte. Nell’ultima parte del 2023 l’aumento del Pil ha toccato il 3,3% nonostante i tassi di interesse rimangano alti, tra il 5,25% e il 5,50%. Una misura necessaria, dato che l’inflazione si attesta attorno al 3,5%, un punto e mezzo oltre la soglia considerata accettabile dagli economisti per cominciare a prevedere un taglio dei tassi.

La zona euro al contrario ha ancora una crescita stagnante. La ripresa post Covid-19 sembra essersi esaurita e le difficoltà della Germania stanno rallentando l’intera Ue. Nel 2023 il Pil dell’eurozona è aumentato soltanto dello 0,5%, mentre ci si aspetta una crescita dello 0,8% nel 2024. L’inflazione sembra però ormai sotto controllo, al 2,4%, e questo potrebbe portare presto la Bce a decidere di ridurre i tassi di interesse, fermi da mesi al 4,50%.

Maggiore liquidità favorirebbe gli investimenti e potrebbe aiutare a rilanciare la crescita dell’eurozona. Con più euro in circolazione però, il loro valore si abbasserebbe nei confronti del dollaro. La Federal Reserve infatti non ha ragione per diminuire il costo del denaro. Con l’inflazione ancora alta e una crescita che sembra non volersi arrestare, sarebbe una mossa priva di logica.

Per questa ragione molti investitori stanno acquistando opzioni che li ricompenseranno quando l’euro toccherà la parità con il dollaro oppure scenderà al di sotto della stessa. Una circostanza che sembra ormai destinata a verificarsi molto presto.

Gli effetti dell’euro debole sull’economia italiana

Uno dei concetti base dell’economia è che una moneta debole favorisce le esportazioni, mentre una moneta forte le importazioni. Gli effetti dell’euro debole rispetto al dollaro sull’Italia vanno quindi visti alla luce dell’interscambio commerciale tra i due Paesi. Secondo i dati dell’osservatorio economico del ministero degli Esteri, l’Italia ha venduto nel 2023 oltre 67 miliardi di euro in beni e servizi agli Usa.

Il settore in assoluto più interessato è quello dei macchinari e delle apparecchiature, per il quale il mercato Usa vale 12 miliardi ogni anno. Seguono i prodotti farmaceutici, con 8 miliardi, navi, locomotive e aerei con 6, l’automotive con 5 e quello alimentare con 4 miliardi di euro. Tutti questi settori potrebbero giovare in modo significativo da un euro debole. Non c’è però soltanto il lato positivo.

L’Italia importa ogni anno 25 miliardi di dollari in beni, stando ai dati del 2023, dagli Stati Uniti. Di gran lunga il settore più coinvolto nel nostro mercato è quello estrattivo, dal quale l’Italia ha acquistato beni per 7 miliardi di euro lo scorso anno. Tra questi ci sono anche le scorte di Lng, il gas naturale liquefatto che garantisce l’indipendenza energetica del nostro Paese dalla Russia e dal quale dipendono i prezzi delle bollette di famiglie e industrie.

Un euro debole potrebbe comportare un aumento dei costi di importazione delle materie prime energetiche e, di conseguenza, un effetto a cascata su tutta l’economia. A differenza di altri settori, quello energetico impatta su ogni aspetto dello sviluppo industriale e della vita quotidiana del Paese. Un aumento dei costi in quell’ambito significa una crescita del prezzo di quasi ogni bene e servizio. Anche se l’Italia esporta più di quanto importa dagli Usa e quindi, su base teorica, dovrebbe giovare di un euro debole sul dollaro, l’aumento dei costi sulle ingenti importazioni di beni energetici potrebbero annullare questi vantaggi.

Gli effetti sul turismo

La moneta debole favorisce in teoria anche l’afflusso di turisti. Il maggior potere d’acquisto permette viaggi più convenienti e quindi un euro debole potrebbe attrarre un maggior numero di visitatori in Italia. Per quanto vero però, bisogna ricordare che buona parte dei turisti che visitano l’Italia proviene dall’eurozona. Secondo un’indagine della Banca d’Italia il 50,6% della spesa turistica effettuata in Italia nel 2022 è stata fatta da persone che vengono da Paesi che adottano l’euro e che di conseguenza non sentirebbero i benefici della moneta debole.

Un altro 9,2% viene speso da turisti di Paesi che fanno parte dell’Ue ma non adottano l’euro. Spesso però le valute di questi Paesi sono strettamente legate alla moneta unica, quindi una sua svalutazione ne abbasserebbe il valore. Questa percentuale di spesa va quindi di fatto ad aggiungersi a quella dell’area euro. Rimante circa un 40% che potrebbe beneficiare dell’euro debole e sicuramente il 7,1% proveniente dal Nord America lo farà.

Il 16,6% del totale della spesa turistica in Italia deriva dai visitatori europei non Ue. La quasi totalità vengono da Svizzera e Regno Unito. Anche la sterlina però sta vivendo un momento critico e, pur continuando a valere più dell’euro, il suo percorso potrebbe essere simile a quello della moneta unica per quanto riguarda i tassi di interesse. Per questa ragione nemmeno i turisti inglesi potrebbero sentire la differenza con un euro più debole. Un effetto maggiore dovrebbero sentirlo i visitatori svizzeri, che nel 2022 hanno speso da soli 2,1 miliardi di euro il Italia per turismo.

In definitiva quindi, soltanto una parte minoritaria dei turisti che visitano l’Italia saranno influenzati dall’euro debole mentre il grosso della spesa, proveniente da altre Paesi dell’area euro, rimarrà pressoché invariata. Ci sono quindi aspetti sia positivi che negativi nell’euro debole per l’Italia. Alcuni settori ne approfitteranno per aumentare le esportazioni, mentre altri soffriranno la maggiore forza del dollaro.