Voto fuori sede, in Lombardia passa mozione Pd: come potranno votare studenti e lavoratori

Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato all'unanimità una mozione a favore del voto ai cittadini fuori sede. Una proposta di legge giace già in Parlamento

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

La Lombardia ha approvato all’unanimità una mozione a favore del voto ai cittadini fuori sede. Il testo, presentato dal Partito Democratico guidato dal consigliere regionale Paolo Romano, è il primo passo per chiedere al governo di approvare una legge nazionale, che giace in Parlamento da mesi, per consentire il voto ai fuori sede. A studenti, lavoratori, persone malate e tutti coloro che non si trovino nel proprio Comune di residenza, cioè, dovrebbe essere riconosciuta la possibilità di votare anche in un Comune diverso da quello di residenza.

Un voto “storico”, secondo diversi esponenti della politica, che pone le basi per un cambio di rotta radicale su tutto il territorio nazionale. Ma vediamo esattamente in cosa consiste la mozione del Pd lombardo, le reazioni della politica e come funzionerebbe il voto fuori sede secondo quanto indicato nella proposta di legge esistente.

Lombardia apre al voto per i fuori sede

Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato all’unanimità la mozione presentata dal Pd locale che sollecita il Governo ad attuare misure volte a consentire il voto ai cittadini che risiedono al di fuori della propria circoscrizione elettorale. Quando? Già a partire dalle prossime elezioni europee che si svolgeranno tra qualche mese, più precisamente l’8 e il 9 giugno (il sabato dalle 14 alle 22 e la domenica dalle 7 alle 23).

“È un voto storico che lancia un segnale forte al Governo” ha dichiarato il primo firmatario Romano, che dice “basta all’ostruzionismo”. “Sono mesi – continua – che la legge deve essere discussa, è inaccettabile lasciare ancora una volta 4,9 milioni di studenti e lavoratori fuorisede senza il diritto di votare”.

La legge interesserebbe infatti quasi 5 milioni di persone. Studenti e lavoratori in particolare, che, soprattutto per motivi economici, ma anche di organizzazione e di tempo, sono costretti a rinunciare a un diritto-dovere: impossibile dimenticare le impennate – accidentali? – dei prezzi dei voli che coincidono con le date delle urne, siano essere locali, nazionali o altro.

Italia unico Paese Ue in cui il diritto di voto ai fuori sede è negato

L‘Italia, al momento, è l’unico Paese in tutta Europa a non permettere il voto fuori sede, senza considerare Malta e Cipro che hanno dimensioni fisiche tali da non renderlo necessario.

“Il Governo guidato da Meloni dice che ‘è complicato’ o ‘non si può fare per tutti i livelli’: e gli altri Paesi europei come fanno? Piantedosi o è in malafede o è incompetente, o ancor peggio è entrambi. Il Senato legiferi immediatamente e il Governo emani subito i decreti attuativi: siamo ancora in tempo” attacca Romano.

E in effetti una legge per rendere finalmente possibile il voto fuori sede già c’è, ma giace in Parlamento da mesi. L’obiettivo è garantire un sacrosanto diritto, certo, ma anche provare a contenere l’antipatica prassi italiana dell’astensionismo. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rispondendo alla Camera qualche giorno fa, aveva ammesso che la legge non sarebbe arrivata in tempo neanche per le prossime elezioni europee, rinviando il tutto a data da destinarsi. Ma a questo punto non è detta l’ultima parola.

Presidio bipartisan a Milano il 10 febbraio

Il Pd fa sapere che è pronto ad andare avanti con questa battaglia per il diritto politico. Sabato 10 febbraio alle 10:30 diverse associazioni, a partire dal Comitato “Voto dove Vivo” che da anni lavora su questo tema e dai Giovani Democratici, promuovono un presidio bipartisan sotto la Prefettura di Milano, in Largo 11 settembre.

Anche il capogruppo del Pd in Consiglio regionale lombardo Pierfrancesco Majorino stringe i ranghi: “Dal Consiglio regionale lombardo viene una sollecitazione importante. L’Italia deve smettere di sminuire il valore della partecipazione e del protagonismo di una nuova generazione. Le ragazze e i ragazzi che studiano fuori sede non possono in alcun modo essere tagliati fuori dai momenti elettorali. Quando non si riconosce loro il diritto di voto si fornisce un messaggio assurdo, quello di scegliere tra voto e studio. Dobbiamo sanare questa ferita”.

“È importante – ha aggiunto il senatore piddino Andrea Giorgis – che il Consiglio regionale della Lombardia abbia approvato, su iniziativa del Partito Democratico, una mozione che sollecita il Parlamento a rimuovere gli ostacoli che oggi impediscono a molti cittadini che si trovano fuori sede per ragioni di lavoro, salute o studio di votare alle prossime europee. Voglio credere che il Governo e la sua maggioranza, dopo aver votato alla Camera un testo che ha stravolto e ridotto quello che avevamo proposto come Pd, non rallenti e rinvii l’approvazione anche del suo testo”.

Cosa prevede la proposta di legge in Parlamento

Come si legge nella proposta di legge depositata in Parlamento nel 2022, nell’elezione del Parlamento europeo, benché l’assegnazione dei seggi avvenga sul piano nazionale, il territorio è diviso in più circoscrizioni pluriregionali e dunque il voto nel seggio che spetterebbe in base al domicilio, in sostituzione di quello previsto in base alla residenza, potrebbe portare l’elettore a esprimere il voto per candidati diversi, incidendo così sul rapporto di rappresentanza e sull’eguaglianza del voto.

Come sappiamo, i sistemi elettorali in vigore per l’elezione della Camera e del Senato italiani prevedono che un terzo dei seggi sia assegnato attraverso collegi uninominali, secondo la formula maggioritaria, e due terzi siano assegnati attraverso collegi plurinominali, in modo proporzionale.

Inoltre, per l’elezione del Senato, la ripartizione proporzionale dei seggi dei collegi plurinominali avviene su base regionale. L’esercizio del voto nel comune di domicilio al posto di quello di residenza determina un cambio di collegio e dunque anche un’alterazione della rappresentanza e in particolare del principio di eguaglianza del voto.

Per le consultazioni europee e per quelle politiche – se si vuole evitare di incidere sul principio di eguaglianza del voto nell’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo – occorre dunque, spiegano i firmatari della proposta di legge, che l’elettore a cui è consentito votare fuori del proprio Comune di residenza possa votare per i candidati o le liste di candidati presentati nel proprio Comune di residenza.

Arriva il voto presidiato anticipato?

La proposta di legge prevede che questo possa avvenire attraverso il cosiddetto “voto anticipato presidiato“.

L’istituto del voto anticipato presidiato, come emerge dal libro bianco redatto dalla commissione di esperti istituita nella scorsa legislatura per studiare la possibile riduzione dell’astensionismo e l’agevolazione del voto, sembra infatti offrire maggiori garanzie, per quanto riguarda la segretezza, la personalità e quindi la libertà del voto, rispetto all’istituto del voto per corrispondenza, attualmente utilizzato per il voto dei cittadini italiani che risiedono all’estero o che si trovano temporaneamente all’estero per motivi di lavoro, di studio o di cura.

Come funzionerebbe il voto dei fuori sede: cosa fare e quali documenti servono

A partire da un 2024 ricco di elezioni, come si voterebbe dunque se passasse la legge per il voto fuori sede? Gli elettori che intendono avvalersi della possibilità di esercitare il diritto di voto in un Comune diverso da quello di residenza, si legge sempre nella proposta, dovrebbero presentare domanda online tramite SPID almeno 45 giorni prima della data prevista per lo svolgimento della votazione.

Alla domanda andrebbero poi allegati vari documenti, in particolare:

  • certificato di iscrizione presso un’università la cui sede centrale si trovi in una regione diversa da quella in cui è situato il Comune di residenza dell’elettore, se la richiesta è presentata per motivi di studio
  • copia del contratto di lavoro o certificazione rilasciata dal datore di lavoro, da cui risulti lo svolgimento dell’attività lavorativa in un Comune situato in una regione diversa da quella in cui si trova il Comune di residenza dell’elettore, se la richiesta è presentata per motivi di lavoro
  • certificato medico che attesti la presenza, per ragioni sanitarie, in un Comune situato in una regione diversa da quella in cui si trova il comune di residenza dell’elettore, se la richiesta è presentata per motivi di cura.

Poi, spulciando ancora il testo del disegno di legge depositato, toccherebbe al Comune di residenza dell’elettore trasmettere immediatamente al Comune di temporaneo domicilio le domande presentate. Entro 10 giorni prima del voto, il Comune di temporaneo domicilio dovrebbe inviare all’elettore che ne ha fatto richiesta un plico.

Questo pacchetto dovrebbe contenere due documenti:

  • un certificato elettorale munito di tagliando staccabile
  • l’indicazione della sezione elettorale presidiata, dell’indirizzo, del giorno e dell’orario nel quale l’elettore, in base al proprio domicilio, potrà recarsi a votare.

L’elettore dovrebbe infine votare presso il seggio indicato esibendo, oltre alla tessera elettorale e a un documento di identità, il certificato elettorale munito di tagliando staccabile.