Il capitolo pensioni nella prima legge di Bilancio presentata in queste ore dal governo Meloni. Come era nelle attese, si tratta di una soluzione ‘ponte’ in attesa di una riforma completa del sistema previdenziale, rimandata al 2024. Per superare la Fornero scatta quota 103 (41 anni di contributi e 62 di età). Conferma di Opzione donna rivisitata e Ape sociale. Possibile recuperare altre risorse (da 1,8 a 3 miliardi in base alle soluzioni scelte) tagliando la rivalutazione delle pensioni all’inflazione per gli assegni più alti.
Cambia l’Opzione Donna
Opzione Donna: dal 2023 sarà possibile andare in pensione con 35 anni di contributi ma con almeno 60 anni di età. Le lavoratrici con un figlio usciranno a 59, chi ne ha due uscirà a 58. Ma sempre con il ricalcolo dell’assegno che arriva a tagliare il 30% del contributo finale. Confermata invece l’Ape Sociale per i lavori usuranti.
L’aumento delle pensioni minime
Su spinta in particolare di Forza Italia, che voleva addirittura innalzarle a 1.000 euro (ma non ci sono le coperture per farlo), aumenta l’importo delle pensioni minime. L’assegno minimo nel 2022 è di 524,35 euro per 13 mensilità. A partire dal prossimo anno sarebbe salito di 38 euro e avrebbe raggiunto quota 562 a causa del recupero dell’inflazione. Il governo aggiunge una quota in più avvicinando le pensioni minime al tetto dei 600 euro con una indicizzazione pari al 120% rispetto all’inflazione.
In questo modo gli assegni lieviteranno di circa 45 euro al mese rispetto ai 523,38 dell’attuale livello minimo (senza contare gli effetti dell’anticipo del 2% della rivalutazione erogato a partire dal mese di novembre di quest’anno fino alla fine del 2022, tredicesima compresa).
Il taglio del ricalcolo dell’inflazione
Chi ha la pensione minima potrà inoltre cumulare la nuova Social Card destinata ai meno abbienti con un reddito inferiore ai 20 mila euro annui. La carta sarà distribuita sempre dai Comuni. Il ricalcolo dell’inflazione prevedeva invece una rivalutazione degli importi per tutti i pensionati pari al 7,3%. Sino a 2.100 euro di pensione rimarrà pieno. A partire da quella soglia l’esecutivo potrà ridurre dal 75% al 50% gli aumenti destinati alle pensioni superiori a cinque volte il minimo. Tagliando invece la perequazione per gli importi tra i 2.097 e i 2.621 euro si avrebbero risparmi raddoppiati. Una misura che è servita appunto a finanziare l’innalzamento delle minime.
Bonus per chi non lascia il lavoro
Proprio nel giorno della sua prematura scomparsa, torna in auge la decontribuzione a suo tempo firmata da Bobo Maroni. Si parla di una decontribuzione del 10% per chi decide di rinviare l’uscita dal lavoro una volta raggiunti i requisiti per il pensionamento. Nel caso dei lavoratori dipendenti lo stipendio dovrebbe crescere di una quota pari a quella dei contributi a suo carico (9,19%) che non verrebbero più versati: la pensione dovrebbe infatti rimanere quella maturata al momento del raggiungimento dei requisiti per l’uscita.