Quello delle pensioni è senza dubbio uno dei dossier “caldi” per il Governo Meloni (dal 1° gennaio scattano gli aumenti: Giorgetti firma decreto). La nuova riforma del sistema previdenziale approderà in Consiglio dei ministri già lunedì, assieme alla Legge di Bilancio. Non si preannuncia la rivoluzione promessa dal centrodestra in campagna elettorale, che si realizzerà pienamente (?) non prima del 2024, ma ci saranno comunque grosse novità.
Innanzitutto il ricorso alla riforma rende ormai certo che non si tornerà alla Legge Fornero, che sarebbe scattata in automatico il 1° gennaio 2023. Esauritasi la parabola di Quota 100 e prossima alla scadenza anche la parentesi di Quota 102, le alternative più gettonate sul tavolo dell’Esecutivo sono Quota 41 e Quota 103. In particolare quest’ultima appare la strada maestra per il 2023 pensionistico, che prevede norme strutturali sempre valide per l’accesso alla pensione di vecchiaia standard e a quella anticipata ordinaria.
Cos’è Quota 41
Già negli scorsi giorni si era parlato del progetto del Governo di una Quota 41 che consentisse ai lavoratori di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Con un costo per le casse pubbliche, previsto dalla Manovra, decisamente non di poco conto: si calcolano circa 700 milioni di euro, per una platea totale di 45-50mila persone.
Proprio l’assenza del requisito anagrafico potrebbe però rendere la misura molto più onerosa per lo Stato. Secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, interpellato da La Repubblica, soltanto il primo anno Quota 41 costerebbe 4 miliardi di euro e la cifra sarebbe destinata a salire fino a quasi 10 miliardi nel 2029.
Cos’è Quota 103
Le previsioni non troppo rosse per l’Erario legate a Quota 41 hanno indotto i tecnici del Tesoro a studiare una soluzione alternativa. Ecco dunque spuntare Quota 103, una sorta di versione “leggera” di Quota 41, con una differenza fondamentale: per rientrare nella platea dei “pensionabili” sarà necessario aver compiuto 62 anni. Anche la spesa pubblica per questo programma previdenziale non è “light”, anzi: si parla di 965 milioni di euro, nel caso che la riforma entrasse in vigore a partire da aprile 2023. La platea sarebbe leggermente ridotta rispetto allo schema precedente: circa 45mila cittadini.
Proprio il paletto dell’età aprirebbe diversi scenari per chi esce dal mondo del lavoro. Secondo le stime dell’INPS, chi andrà in pensione a 61 anni costerebbe a regime – cioè a partire dal terzo anno:
- 7,6 miliardi di euro con Quota 41;
- 6 miliardi di euro con Quota 103 (62anni d’età + 41 di contributi)
- 5 miliardi di euro con un’ipotetica Quota 104 (63 anni d’età + più 41 di contributi).
Le altre misure contenute nella Manovra
“Il principale obiettivo della Legge di Bilancio sarà quello di tutelare i redditi bassi, i giovani e gli anziani”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ora la sfida è approvare la Manovra in tempo utile per lasciare il tempo al Parlamento di esaminarla e dare il via libera definitivo entro il 31 dicembre, pena l’esercizio provvisorio. Il provvedimento tratta vari temi, riassumibili in otto punti fondamentali:
- Quota 103
- Taglio del cuneo fiscale del 2%
- Sgravi fiscali sui rinnovi contrattuali
- Aumento della flat tax per le partite IVA
- Cedolare secca al 10% sugli affitti commerciali
- Prelievo al 33% per gli extraprofitti
- Rimodulazione del Reddito di cittadinanza
- Tetto al contante a 5.000 euro
Il valore complessivo si aggira attorno ai 30-32 miliardi di euro. Sul piatto ci sono già i 21 miliardi derivanti dal quadro programmatico della Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza), in cui il rapporto deficit/PIL per il prossimo anno è stato portato al 4,5%, contro il 3,4% a livello tendenziale. Le altre risorse saranno ricavate con ogni probabilità dalla tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche.