Il settore vinicolo italiano è da sempre un punto di riferimento per l’eccellenza e la qualità, non solo in Europa, ma soprattutto negli Stati Uniti, che rappresentano il primo mercato mondiale per il vino. Tuttavia, i dazi annunciati da Trump su una serie di beni provenienti dall’Unione Europea, tra cui appunto il vino, rischia di compromettere la stabilità di un intero comparto.
Il rischio di un’impennata dei prezzi del vino
L’introduzione dei dazi comporterebbe, come conseguenza, l’aumento dei prezzi dei vini italiani esportati negli Stati Uniti, con costi destinati a salire in modo esponenziale (dal 150 al 200% in più).
Tra i vini più esposti agli aumenti dei dazi vi sono senza dubbio il Prosecco e i vini rossi. Ad esempio, il prezzo Prosecco potrebbe triplicare, passando da un range di 11-16 dollari a circa 40 dollari (36 euro), con un aumento di oltre il 150%. Stessa sorte potrebbe toccare a vini come il Chianti Classico e il Brunello di Montalcino, che vantano una tradizione consolidata e una forte presenza sul mercato americano. Il Chianti Classico, uno dei vini più riconosciuti della Toscana, è attualmente venduto negli Stati Uniti a prezzi che oscillano tra i 22 e i 60 dollari per le versioni più pregiate, come la Riserva o la Gran Selezione. Con un aumento dei dazi, il prezzo di queste bottiglie potrebbe facilmente raddoppiare o addirittura triplicare, portando i costi a superare i 180 dollari per una bottiglia di Chianti, con un impatto devastante sulla domanda e sul posizionamento di mercato.
Anche il Pinot Grigio, un altro cavallo di battaglia delle nostre esportazioni, rischia di subire un destino simile. Negli Stati Uniti, il suo prezzo oscilla attualmente tra i 10 e i 20 dollari, ma con un aumento dei dazi, si prevede che il prezzo possa salire ben oltre i 30 euro per bottiglia, una cifra che lo spingerebbe fuori dalla fascia di mercato abituale, relegandolo a un consumo di nicchia.
I danni a piccole e medie cantine italiane
Nel 2024, il valore delle esportazioni di vino italiano ha toccato i 1,9 miliardi di euro, con gli Stati Uniti che continuano a essere il primo mercato di riferimento per i nostri prodotti. Tuttavia, le tariffe annunciate da Trump potrebbero mettere a rischio una parte consistente di queste esportazioni.
Questa dinamica potrebbe avere effetti devastanti anche sulle piccole e medie cantine italiane, che rappresentano la spina dorsale dell’industria vinicola. Infatti, molti di questi produttori si trovano a dipendere in misura significativa dal mercato statunitense, e l’aumento dei dazi potrebbe minare la loro capacità di competere in un contesto già segnato da margini di profitto ridotti. Le cantine più piccole, infatti, difficilmente sarebbero in grado di assorbire un aumento dei costi così elevato senza vedere un crollo delle vendite. Mentre le grandi aziende, sebbene meglio strutturate, potrebbero dover affrontare un calo della domanda, con ripercussioni dirette sulla produzione e sul prezzo finale al consumo.
Una minaccia per l’intero sistema agroalimentare italiano
L’escalation dei dazi, se non affrontata con decisione dall’Unione Europea e dalle istituzioni italiane, rischia di danneggiare l’intero sistema agroalimentare italiano. L’export del vino rappresenta uno degli asset più importanti per l’economia del nostro Paese.
Un aumento dei dazi potrebbe portare a una perdita significativa di competitività, spingendo i consumatori statunitensi a orientarsi verso prodotti di altri paesi, come quelli sudafricani, cileni o australiani, che godono di una posizione favorevole nei confronti dei dazi.
A questo punto, la risposta dell’Unione Europea appare fondamentale. Se da un lato la Commissione europea ha già annunciato di essere pronta a mettere in campo contromisure proporzionate, dall’altro le cantine italiane si troveranno a dover fare i conti con un mercato che diventa sempre più competitivo e difficile.