Da cosa è causato lo spreco alimentare e come evitarlo

Scopri quali sono le cause, le conseguenze e le possibili soluzioni per evitare lo spreco alimentare

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Redazione

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Per spreco alimentare si intende, in termini generali, il fenomeno della perdita di cibo ancora commestibile lungo il corso della filiera produttiva fino al consumatore finale.  Secondo la definizione della Commissione Europea, lo spreco alimentare consiste nell’insieme “dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano, sono destinati ad essere eliminati o smaltiti”.

La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, fornisce invece una definizione del fenomeno che distingue tra Food Loss (letteralmente perdita di cibo”) e Food Waste (letteralmente spreco di cibo”). Con il primo termine si fa riferimento alla diminuzione della massa o del valore nutrizionale del cibo a causa di inefficienze nella catena di produzione, trasporto e distribuzione: si tratta quindi di prodotti perduti per eventi naturali evitabili, non raccolti a causa di inefficienze del sistema, deperiti o marciti nel trasporto a causa di mezzi inadeguati, cattiva conservazione o tempistiche protratte.

Con Food Waste si fa invece riferimento invece a uno scarto di cibo, potenzialmente idoneo al consumo e arrivato nel circuito della distribuzione, dovuto a una serie di fattori: ad esempio può essere scartato dai venditori o dai consumatori perché ammaccato, di forma o dimensioni diverse dallo standard, oppure perché vicino alla data di scadenza, o ancora semplicemente per un eccesso di offerta che non viene assorbito dalla domanda. È facilmente intuibile che queste perdite, ad ogni livello del sistema e moltiplicate su una scala globale, raggiungano nel complesso dei numeri veramente enormi.

Ma quali sono le percentuali dello spreco alimentare? È difficile stabilire una stima precisa, anche perché i numeri cambiano drasticamente a seconda delle zone, soprattutto per quanto riguarda lo spreco domestico, molto elevato in Europa e in Nord America e quasi nullo nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, l’ultimo rapporto della Nazioni Unite, riferito all’anno 2019, ha stimato che sia stato sprecato circa un miliardo di tonnellate di cibo, ovvero il 17% del cibo disponibile per i consumatori. Il rapporto non tiene però conto delle fasi di produzione e trasporto, considerando le quali si stima che ogni anno circa un terzo del cibo globalmente prodotto vada sprecato.

Quali sono le cause dello spreco alimentare

Lo spreco alimentare è un fenomeno complesso, che ha la sua origine in una serie di concause. Ogni fase della filiera ha le sue falle. Iniziamo ad analizzarle partendo da ciò che viene definito Food Loss, nelle fasi di produzione e trasporto. In particolare, nella prima fase di coltivazione e raccolto degli alimenti, gli sprechi si verificano a causa di fenomeni naturali e di infezioni parassitarie: è qui che i Paesi in via di sviluppo concentrano maggiormente le loro percentuali di spreco alimentare.

C’è poi la delicata fase del trasporto, che contempla anche le problematiche relative al mercato globale, non ancora contrastato dalla tendenza ancora minoritaria del consumo a “chilometro zero”. In questa fase gli sprechi avvengono soprattutto per l’inadeguatezza dei mezzi o del packaging dei prodotti, che marciscono nelle lunghissime tratte che li separano dalle nostre tavole. Nelle fasi successive subentra il concetto di Food Waste, le cui responsabilità sono da attribuire ai distributori, ai commercianti e ai consumatori finali.

In queste fasi lo spreco di cibo è dovuto principalmente allo scarto di prodotti che non corrispondono a uno standard ideale e appetibile sul mercato: frutta e verdura perfettamente commestibile, ma ammaccata, rovinata, di pezzatura più piccola della media con forme strane, ritenute poco accattivanti dai venditori ed in effetti scartate dai compratori. Un altro fattore risiede nella tendenza a non esporre più sugli scaffali, o a non comprare cibo vicino alla data di scadenza, sebbene sia ormai di conoscenza comune il fatto che molti cibi siano perfettamente consumabili anche oltre tale data.

A livello di distribuzione, resta poi il problema dell’invenduto, poiché l’offerta supera spesso, e di gran lunga, la domanda. Si apre poi il capitolo dello spreco domestico: principalmente, viene comprato e cucinato troppo cibo, che poi viene buttato perché in eccesso rispetto ai bisogni del nucleo familiare, perché deperito prima di consumarlo, o avanzato sulla tavola.

Quali sono le conseguenze dello spreco alimentare

Le conseguenze dello spreco alimentare sono molteplici e di grandissimo impatto, e vanno molto oltre quelle facilmente intuibili. Ovviamente, in un mondo in cui secondo gli ultimi dati della FAO circa 690 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, il fatto che un terzo del cibo finisca, letteralmente nella spazzatura rappresenta uno dei peggiori paradossi dei nostri tempi. Lo spreco, tuttavia, non marca soltanto il divario tra chi soffre la fame e chi può permettersi di sprecare il cibo, ma produce attivamente un danno al pianeta e alla popolazione mondiale, con effetti devastanti sia in termini di impatto ambientale che in termini di giustizia sociale.

Dal primo punto di vista va ricordato che per la produzione di qualsiasi alimento vengono utilizzate delle risorse naturali, vengono immessi dei gas nellatmosfera e vengono prodotti dei rifiuti, che poi dovranno essere smaltiti. Produrre inutilmente tutta la immensa mole di cibo che viene annualmente sprecato significa quindi dissipare risorse naturali e produrre inquinamento, con un impatto ambientale spaventoso. La filiera del cibo utilizza ancora in grande parte combustibili fossili, sia in agricoltura che nell’allevamento, così come nelle fasi di lavorazione e trasporto.

Gli stessi rifiuti alimentari nelle discariche producono dei gas, che concorrono ad alimentare l’effetto serra e, in ultima analisi, ad accelerare il cambiamento climatico. La FAI ha stimato che lo spreco alimentare produce a livello mondiale emissioni di gas a effetto serra pari a oltre 3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente: cifre che pongono il fenomeno poco al di sotto delle emissioni annue di Paesi immensi e industrializzati come gli Stati Uniti o la Cina. È necessario poi, da un altro punto di vista, ragionare sull’impatto dello spreco sulle vite delle persone. La nostra alimentazione ha un impatto sugli ambienti della Terra e sulle specie che la abitano, esseri umani compresi.

Per produrre del cibo che non viene consumato, vengono disboscati interi territori: secondo un recente rapporto del WWF, circa l80% della deforestazione mondiale è dovuta alla necessità di fare posto ai pascoli per il bestiame e alle piantagioni, e i consumi di noi europei causano il 10% della deforestazione. Questo comporta una perdita ambientale, ma anche la perdita di territorio per le popolazioni indigene.

Possibili soluzioni, iniziative e direttive di comportamento

Come ogni problema complesso, anche lo spreco alimentare, a livello globale, non ha una soluzione semplice. La necessità è quella di invertire una tendenza, sedimentata nel corso di decenni, costituita dal complesso di comportamenti collettivi riprodotti su scala mondiale, sia a livello di singoli individui che di grandi multinazionali. A livello globale, esistono finalmente accordi e direttive che sono appositamente volte alla riduzione degli sprechi, perseguendo obiettivi di sostenibilità e di riduzione dellimpatto ambientale.

In particolare, a livello europeo,il Parlamento dell’Unione ha posto come obiettivo il dimezzamento degli sprechi alimentari entro il 2030 e la Commissione dovrebbe adottare delle direttive, vincolanti per gli Stati membri, entro il 2023: al momento ci troviamo in una fase di studio e raccolta dati che porterà successivamente a una fase più operativa. In Italia è entrata in vigore già dal 2016 la Legge Gadda, che persegue lo scopo di ridurre gli sprechi favorendo il recupero dei prodotti in eccedenza e la loro donazione.

La legge prevede molteplici punti tra cui l’introduzione dell’educazione alimentare nelle scuole, campagne di sensibilizzazione nelle aziende, riduzione delle tasse sui rifiuti alle realtà che donano il cibo in eccesso e finanziamenti per la ricerca, ma anche l’incoraggiamento di buone pratiche come quella delle doggy-bag nei ristoranti: il cibo ordinato e non consumato può e deve essere portato a casa per essere consumato, anziché finire nella spazzatura. Un ruolo importante è giocato da Fondazione Banco Alimentare, che da molti anni raccoglie prodotti alimentari non vendibili a vari livelli (dai produttori alle catene della grande distribuzione) e li redistribuisce alle persone bisognose, ma si pone anche come interlocutore politico con campagne di sensibilizzazione e raccolte di dati.

Una realtà in crescita è Too Good To Go, una app presente in venti città italiane che consente di acquistare a prezzi scontati delle magic box contenenti prodotti alimentari messi a disposizione da diversi rivenditori a fine giornata: tra questi ci sono pasticcerie, panetterie, rosticcerie, ristoranti e anche supermercati come Carrefour, tra i primi ad aderire. Proprio Too Good To Go ha lanciato il Patto contro lo Spreco Alimentare: un’alleanza tra alcune importanti aziende e supermercati con l’intento di eliminare gli sprechi, ad esempio attraverso la cosiddetta etichetta consapevole”, ovvero un’etichetta che riporta la dicitura spesso buono oltre…” e invita il consumatore a usare i propri sensi (e il proprio buon senso) prima di buttare un prodotto da poco giunto a scadenza.

Questo coinvolgimento del consumatore è fondamentale nella lotta agli sprechi. Poiché infatti grandissima parte dello spreco alimentare deriva dalle errate abitudini dei consumatori, proprio loro devono essere elementi attivi del cambiamento, adottando comportamenti consapevoli, semplici e di grande impatto:

  • comprare solo ciò che si è certi di consumare;
  • cucinare solo ciò che si è certi di mangiare;
  • monitorare le date di scadenza dei cibi;
  • conservare correttamente gli alimenti per evitare che si deteriorino prima del tempo;
  • prediligere alimenti di stagione e del territorio;
  • condividere con parenti e amici ciò che non si riesce a consumare.