Il rito quotidiano del caffè, simbolo dell’identità italiana e compagno irrinunciabile delle giornate di milioni di persone, sta diventando sempre più costoso. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat e rielaborati da Assoutenti, a luglio il prezzo del caffè è salito del 23,4% su base annua, segnando uno dei rincari più pesanti tra i beni alimentari.
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Caffè e altri rincari: aumenti sulla lista della spesa
Il caffè non è un’eccezione isolata. L’aumento del 23,4% è parte di una dinamica inflazionistica che colpisce tutti i prodotti di largo consumo. Ecco gli aumenti:
- frutta fresca +8,8%;
- pomodori +12,3%;
- latticini +7%;
- burro +16,9%;
- uova +7,2%;
- cioccolato +13,2%.
Il problema, come sottolinea Assoutenti, è che si tratta di beni primari, difficilmente sostituibili nelle abitudini alimentari degli italiani. Diversamente da beni voluttuari o superflui, pane e pasta, un litro di latte o una confezione di caffè rappresentano acquisti inevitabili.
L’aumento dei prezzi su questi prodotti erode direttamente il potere di acquisto delle famiglie, comprimendo altre voci di spesa e riducendo la capacità di risparmio.
Perché il caffè aumenta così tanto
Il caffè, in particolare, è esposto a una combinazione di fattori globali che ne spiegano l’impennata.
La produzione mondiale è stata messa in difficoltà da eventi climatici estremi nei Paesi esportatori come Brasile, Vietnam e Colombia, che hanno ridotto la disponibilità di chicchi.
A questo si aggiungono i costi della logistica, dell’energia e delle materie prime legate alla trasformazione.
Il risultato è che bar e torrefazioni, a loro volta colpite dall’aumento dei costi di approvvigionamento, trasferiscono inevitabilmente il rincaro sui consumatori finali.
Quanto spendono in più le famiglie per fare la spesa
Dietro al rincaro del caffè c’è un quadro generale che fotografa una vera e propria emergenza per i consumatori italiani.
A luglio, i prezzi degli alimentari e delle bevande analcoliche sono cresciuti del 3,9% su anno, con punte del 5,1% per gli alimentari non lavorati.
Tradotto in termini concreti, si tratta di 6,4 miliardi di euro in più che le famiglie devono spendere ogni anno semplicemente per mantenere invariati i propri consumi.
Per una famiglia tipo con due figli, l’aggravio stimato è di circa 356 euro annui. Quasi 400 euro in più per fare la spesa.
Una cifra che, in tempi di redditi stagnanti e di altre spese fisse in crescita (bollette, mutui, carburanti), diventa una voce capace di incidere profondamente sulle scelte quotidiane.
Le conseguenze sulle abitudini degli italiani
Gli effetti di questi rincari non si fermano al portafoglio, ma incidono sulle abitudini alimentari degli italiani.
Secondo Assoutenti, i consumatori stanno già iniziando a modificare i propri comportamenti:
- meno prodotti freschi;
- più offerte al supermercato;
- più attenzione al prezzo che alla qualità.
Il rischio è che, a fronte di una spesa alimentare più onerosa, le famiglie scelgano prodotti meno salutari o di qualità inferiore, con conseguenze anche sul piano nutrizionale. Una dinamica che, a lungo termine, potrebbe avere ricadute sul benessere generale e sul sistema sanitario.
La preoccupazione maggiore però riguarda i mesi a venire. Dopo l’estate, le famiglie dovranno affrontare le spese legate al rientro a scuola – libri, materiale didattico, trasporti – e ai costi fissi della vita quotidiana, che comprendono diversi beni primari (per cui si prevede anche in questo caso un aumento). Se i rincari alimentari non rallenteranno, l’impatto complessivo sui bilanci domestici rischia di essere problematico.