Home restaurant, quali sono i requisiti per aprirne uno

Tutto quello che c’è da sapere sull’home restaurant: cos’è, come avviare l’attività, le normative da rispettare, quali titoli sono necessari e quali sono i costi da sostenere

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Pubblicato: 20 Aprile 2025 19:18Aggiornato: 23 Aprile 2025 13:47

Su segnalazione di Home Restaurant Hotel Srl, integriamo la normativa completa che riguarda il settore.

Avete una passione per la cucina e volete metterla a frutto senza affrontare costi troppo elevati? Una soluzione interessante è l’home restaurant, una formula che da anni si sta affermando anche in Italia. Si tratta di un’alternativa al ristorante tradizionale, che consente agli appassionati di iniziare un’attività con spese contenute e ai clienti di vivere un’esperienza gastronomica unica e personalizzata.

Ma come funziona esattamente un home restaurant, quali sono le regole da rispettare, i requisiti e i costi?

Cos’è un home restaurant

L’home restaurant è una forma di ristorazione che si svolge in un’abitazione privata invece che in un locale commerciale. Nata nei primi anni Duemila negli Stati Uniti, si è poi diffusa nel Regno Unito e in altri Paesi, trovando spazio anche in Italia soprattutto grazie ai social network, che hanno facilitato la promozione di eventi e cene.

La particolarità? Non è gestito da ristoratori professionisti, ma da semplici appassionati di cucina che aprono le porte della propria casa a ospiti sconosciuti. I pasti vengono preparati con ingredienti scelti personalmente e spesso ispirati a ricette locali o di tradizione familiare, con un numero di posti limitato.

Non si tratta, quindi, di un’attività professionale nel senso stretto del termine, ma di una formula che può rappresentare un primo passo verso una vera e propria carriera nel settore. In caso di successo, infatti, l’home restaurant può evolvere in qualcosa di più strutturato.

I vantaggi e le caratteristiche principali

Un home restaurant funziona in modo semplice: gli ospiti vengono accolti a casa del cuoco, dove consumano il pasto come se si trovassero in un ristorante, ma in un contesto più intimo e informale.

I vantaggi sono molteplici. Per chi organizza, è un’opportunità per trasformare la passione per la cucina in un’attività redditizia, senza sostenere i costi elevati di un ristorante classico.

Per i clienti è l’occasione di vivere un’esperienza culinaria personalizzata, in un ambiente familiare e con menù originali, spesso non disponibili nei locali tradizionali.

Inoltre, non essendo necessario affittare uno spazio commerciale, i costi iniziali sono decisamente più bassi. Tuttavia, anche questa attività richiede il rispetto di precise regole legali e igienico-sanitarie.

Qual è il quadro normativo

Di recente la sesta sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata sulla disciplina che regola l’home restaurant che consiste nell’organizzazione di pranzi o cene presso il proprio domicilio privato dell’organizzatore.

Negli anni scorsi sono state presentate diverse proposte di legge per introdurre una normativa ad hoc per regolamentarne l’attività ma nessuna delle iniziative ha completato l’iter legislativo restando a livello di proposta.

Nell’attesa che ci sia una legge specifica, la Fipe, Federazione italiana pubblici servizi e le autorità ministeriali hanno sempre inquadrato l’home restaurant come una vera e propria attività di somministrazione di alimenti e bevande.

Tale interpretazione si basa su documenti ufficiali quali:

  • risoluzione Mise n. 50481/2015;
  • Risoluzione Mise n. 493338/2017;
  • Nota del Ministero dell’Interno del 30 gennaio 2019.

Un riferimento fondamentale è rappresentato dalla recente sentenza numero 02437/2023 del Consiglio di Stato che si è espressa su un caso concreto di home restaurant. Nel dettaglio, l’attività consisteva nella gestione di un punto di ristoro all’interno di un immobile privato, rivolta sia ai soci di un’azienda agricola che a clienti occasionali.

Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito che quest’attività rientrava completamente nella definizione di “somministrazione di alimenti e bevande” come previsto dall’articolo 1 della Legge numero 287/1991.

Tale norma definisce infatti l’attività di somministrazione come quella che comporta

il servizio di alimenti e bevande, da consumarsi nei locali dell’esercizio o in un’area attrezzata.

Secondo il Consiglio di Stato, agli home restaurant si applica integralmente anche l’articolo 3, comma 7 della Legge numero 287/1991 che dispone quanto segue:

Le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle relative alla destinazione d’uso dei locali e degli edifici.

L’home restaurant rientra quindi a pieno titolo nella cosiddetta sharing economy, insieme a servizi come Uber o Airbnb: un modello economico basato sulla condivisione di beni e servizi tra privati.

La risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico

La risoluzione del Mise n. 50481 del 10 aprile 2015 che si intitola Attività di cuoco a domicilio – Home Restaurant ha affrontato in modo approfondito la qualificazione giuridica delle attività di home restaurant, fornendo indicazioni operative fondamentali.

Essa stabilisce che si tratta di attività di home restaurant anche quando:

  • viene esercitata soltanto in alcuni giorni specificamente dedicati;
  • si rivolge a un numero ristretto di persone.

Deve comunque essere classificata come attività di somministrazione di alimenti e bevande perché anche se i pasti vengono preparati e serviti all’interno di locali privati, che coincidono con il domicilio del cuoco o dell’organizzatore, tali locali, di fatto, assumono la caratteristica di locali attrezzati e aperti alla clientela, sia pure limitatamente ai clienti ospitati.

Inoltre la risoluzione sottolinea che, poiché l’home restaurant comporta il pagamento di un compenso da parte degli ospiti, non può essere considerata un’attività libera o amatoriale.

Deve essere invece definita come una vera e propria attività economica in senso proprio. Il motivo è che comporta la produzione e l’offerta di un servizio dietro a fronte di un corrispettivo.

Per il Mise, data la natura economica e commerciale dell’attività, l’home restaurant deve essere assoggettato alla disciplina prevista per le attività di somministrazione di alimenti e bevande che si svolgono nei pubblici esercizi.

Chi vuole avviare tale attività quindi deve:

  • presentare una Scia specifica per la somministrazione degli alimenti e bevande presso il comune di competenza;
  • dichiarare il possesso dei requisiti professionali e morali richiesti dalla normativa vigente.

Questi ultimi requisiti sono previsti espressamente dall’articolo 71 del Decreto Legislativo numero 59/2010 che disciplina:

  • la capacità professionale come il possesso di un titolo di studio abilitante o l’esperienza lavorativa nel settore;
  • la capacità morale ovvero l’assenza di condanne penali o misure interdittive che ostacolerebbero l’attività commerciale.

La comunicazione alla Questura

Il quadro normativo non si ferma qui, tuttavia. Come segnala Home Restaurant Hotel Srl:

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), con bollettino 10/2017, ha infatti chiarito che gli home restaurant non sono assoggettabili alla normativa sulla ristorazione tradizionale.

La società fa sapere che

tramite i propri legali, ha recentemente depositato formale denuncia presso l’Antitrust contro il documento redatto dalla Conferenza Stato-Regioni 2023, ritenuto incostituzionale e in contrasto con il suddetto bollettino Agcm.

Chiarisce inoltre che:

È fondamentale evidenziare che per avviare un’attività di Home Restaurant è prevista una semplice comunicazione alla Questura per attività svolta in forma privata e occasionale, come indicato dal Parere del Ministero dell’Interno del 2019 e in coerenza con gli articoli 13, 14, 41 e 117 della Costituzione Italiana.

Quanto costa aprire un home restaurant

Rispetto a un ristorante tradizionale, aprire un home restaurant comporta spese nettamente inferiori. Nella maggior parte dei casi non è necessario affittare un locale, né acquistare costose attrezzature professionali, poiché si utilizza la cucina di casa.

Le principali voci di spesa riguardano:

  • gli ingredienti e le materie prime;
  • eventuali strumenti da cucina aggiuntivi;
  • corsi di formazione e adempimenti burocratici.

Il costo complessivo dipende ovviamente dal tipo di servizio che si intende offrire e dal livello di personalizzazione del menù. In generale, però, si tratta di un investimento contenuto che può rivelarsi sostenibile anche per chi parte da zero.