Lo scorso anno il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, nel corso di Vinitaly, aveva ribadito pubblicamente la volontà di attrarre i lavoratori digitali, nel tentativo di ripopolare paesi e borghi italiani. Questi ultimi, infatti, costituiscono un patrimonio da salvaguardare e proteggere, anche e soprattutto grazie alla presenza di abitanti.
Ora una nuova iniziativa si colloca sullo stesso solco già tracciato da tempo. In questi giorni nel Lazio spicca una proposta di legge regionale, che mira a sostenere le aziende e i datori di lavoro che prediligono e scelgono lo smart working per i propri dipendenti. La finalità è appunto quella di dare nuova linfa ai piccoli comuni e, per quanto qui interessa, in particolare a quelli del territorio laziale.
Vediamo allora più da vicino una proposta di legge sicuramente interessante e degna di nota, che potrebbe anzi rappresentare una sorta di apripista per tante altre iniziative parallele, mirate a diffondere il lavoro agile nelle aree rurali e interne del territorio.
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Regione Lazio, la proposta di legge che rilancia i piccoli borghi
Nessuna spesa per i trasporti, zero rischi di code e traffico, miglior equilibrio lavoro-vita privata e benefici per l’umore: i lavoratori che apprezzano lo smart working sono in numero crescente e basta anche solo leggere i commenti nei social network per rendersi conto di quante persone – negli ultimi anni – abbiano scoperto il lavoro a distanza, non volendo più abbandonarlo. C’è chi ha cambiato professione proprio per gestire al meglio i suoi orari, ricorrendo al lavoro in formato digitale in piena libertà – e con soddisfacenti guadagni.
Come accennato in apertura, la recente proposta di legge, firmata da alcuni consiglieri regionali laziali, vuole proseguire sulla strada del potenziamento del lavoro agile, tramite alcune misure di sostegno a chi vuole ripopolare i piccoli centri della Regione. In che modo? Offrendo incentivi, agevolazioni e detrazioni fiscali alle imprese del Lazio e agli enti locali che favoriranno il lavoro agile.
In altre parole, la proposta in oggetto vuole garantire i servizi essenziali e un insieme di benefici mirati alla migrazione presso i piccoli comuni, valorizzando il territorio e le attività locali e artigianali – in una sorta di circolo virtuoso di cui possa beneficiare il maggior numero di persone.
La locale iniziativa merita sicuramente considerazione anche al di fuori dei confini regionali, in quanto prende le mosse da alcune riflessioni sul periodo del Covid e del connesso lockdown, che ha fatto conoscere lo smart working a moltissimi lavoratori. Non solo. Proprio quel difficile periodo ha evidenziato come la necessità di avviare il lavoro a distanza abbia portato a un imprevisto ripopolamento in molti comuni, borghi e paesi del Lazio.
Smart working e ripopolamento dei paesi, un binomio possibile
Più nel dettaglio, sono le parole contenute nella relazione alla proposta di legge regionale, che spiegano con limpidezza i motivi dell’iniziativa:
“La pandemia causata dal Covid-19 ha messo in luce un fenomeno, che da oltre un decennio caratterizza in negativo i piccoli comuni del nostro Paese e, in particolare, della Regione Lazio. Lo spopolamento, accompagnato all’invecchiamento della popolazione e alla rarefazione delle opportunità di lavoro, con il conseguente diradamento dell’offerta dei servizi essenziali (quali la mobilità collettiva, la sanità, l’istruzione, per citare solo i più rilevanti), rischia di far disperdere un patrimonio storico, culturale, ambientale, paesaggistico, di tradizioni e costumi della nostra Regione”.
Ma in un contesto così ricco come quello della regione Lazio:
“La strategia […] per le aree interne ideata e avviata un decennio fa proprio per contrastare la marginalizzazione e il declino oggi può trovare nel lavoro agile (smart working) un ulteriore elemento di forza e propulsione”.
Insomma, per i promotori dell’iniziativa, vivere e lavorare nei piccoli borghi e paesi sarà possibile – e piacevole – grazie al rafforzamento delle reti digitali e al pieno sfruttamento del lavoro a distanza con internet. Proprio a questi due obiettivi, insieme al ripopolamento di aree semi-abbandonate, è così orientata la proposta di legge di cui sopra.
Le novità in oggetto mirano inoltre a dare ai lavoratori un ambiente davvero a misura d’uomo, salubre, non inquinato e lontano dal caos della vita urbana. Pur però con i benefici e le utilità del digitale. Ecco perché gli incentivi di cui si parla nella proposta di legge sono pensati per il lungo periodo, allo scopo di rendere strutturale il citato binomio smart working-ripopolamento dei borghi.
Aderenza agli obiettivi Pnrr e al Piano Nazionale Borghi
I promotori del testo ricordano anche che il pacchetto di misure connesse alla proposta, è pienamente compatibile con gli obiettivi di cui al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
Basti pensare al Piano Nazionale Borghi, uno dei percorsi di finanziamento resi disponibili grazie al Pnrr e avviati in conformità a quest’ultimo. Come ricordano i consiglieri regionali promotori dell’iniziativa, si tratta di un programma che si focalizza sullo sviluppo e il potenziamento dei borghi storici del nostro paese e dispone una serie di interventi mirati a sollecitare lo sviluppo sostenibile, la valorizzazione del patrimonio culturale, la creazione di occupazione e il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi nei borghi e dei piccoli paesi.
Non dimentichiamo infatti che il Pnrr è caratterizzato peraltro dalla presenza di distinte Missioni, Componenti e Investimenti. Tali classificazioni individuano la destinazione dei vari finanziamenti e, nel quadro del “Piano Nazionale Borghi”, è possibile collocare quest’ultimo nell’Investimento 2.1 “Attrattività dei borghi storici” della Missione 1 – Componente 3 del Piano in oggetto.
Le disposizioni finanziarie incluse dalla proposta di legge prevedono un impegno di spesa corrispondente a circa un milione di euro rivolti al riconoscimento di incentivi, agevolazioni e detrazioni fiscali in favore – come suddetto – oltre che dei soggetti privati coinvolti, dei comuni individuati nell’iniziativa.
Concludendo, proprio in parallelo con i requisiti fissati dal Piano Nazionale Borghi, si tratta in particolare:
- di piccoli paesi con popolazione residente fino a 5mila abitanti;
- dei comuni istituiti con la fusione tra comuni aventi ognuno popolazione fino a 5mila abitanti;
- in via subordinata, dei centri storici di comuni con popolazione residente anche superiore ai 5mila abitanti, che in base ai censimenti di legge abbiano avuto negli anni passati un notevole calo demografico.