Beko ha deciso di non chiudere lo stabilimento di Comunanza, cittadina delle Marche, che impiega 320 persone. La società aveva previsto il termine delle attività industriali nella fabbrica entro la fine del 2025 nel suo piano aziendale presentato a novembre, ma dopo lunghe trattative con il Governo ha cambiato idea.
Nelle Marche rimane però aperta la questione di Fabriano, altro stabilimento Beko con circa 300 dipendenti in bilico, e di Melano, dove potrebbero essere licenziate 68 persone. Esuberi importanti anche a Cassinetta, provincia di Varese, e nei reparti di ricerca e sviluppo. Destinata alla chiusura invece la fabbrica di Siena.
Salvo lo stabilimento Beko di Comunanza
L’azienda turca produttrice di elettrodomestici Beko ha deciso di non chiudere lo stabilimento di Comunanza. Lo ha annunciato il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli dopo un incontro tra il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso e la famiglia Koç, proprietaria dell’azienda.
Secondo quanto riportato dell’agenzia di stampa Ansa, i 320 lavoratori dell’impianto conserveranno quindi il loro posto di lavoro. Nel piano industriale presentato da Beko a novembre, avrebbero dovuto essere tutti licenziati. Si tratta di uno dei primi risultati ottenuti dalla trattativa tra azienda e sindacati, mediata dal Governo, dopo la riduzione degli esuberi dello stabilimento di Cassinetta.
La ragione per cui Beko ha previsto questo numero di licenziamenti è che la società ha rilevato le operazioni di Whirlpool in Europa. Questo comporta che, all’interno della propria struttura aziendale, si siano create delle ridondanze: fabbriche che fanno gli stessi elettrodomestici, persone che fanno lo stesso lavoro, più dirigenti per una sola posizione nella catena di comando. Di conseguenza la società sta tagliando queste inefficienze, molte delle quali si trovano nel nostro Paese, svantaggiato rispetto ad altri da un alto costo del lavoro.
La situazione negli altri stabilimenti di Beko in Italia
Al momento, oltre a quello di Comunanza, Beko ha ancora quattro stabilimenti in Italia. Il più grande è quello di Cassinetta, in provincia di Varese, dove avrebbero dovuto essere licenziate 540 persone. Qui c’è però stato il primo successo dei sindacati, che sono riusciti a ridurre gli esuberi fino a 350 lavoratori, a fronte di una modifica all’assetto dei turni. Evitata quindi la dismissione di due linee di montaggio della fabbrica.
Nelle Marche ci sono invece altre due questioni aperte. La prima è quella di Fabriano, in provincia di Ancona, dove è ancora incerto il destino di 300 tra impiegati, quadri e dirigenti. A Melano, invece, sono previsti 68 esuberi, stando al quanto riporta l’Ansa. Entrambe queste situazioni saranno presto affrontate in un’altra riunione tecnica al ministero per le Imprese e il Made in Italy, alla quale prenderanno parte i sindacati di categoria Fim, Fiom, Uilm e Uglm.
C’è poi la questione di Siena. L’impianto toscano è destinato alla chiusura, almeno sotto il controllo di Beko. La società ha però garantito la continuità contrattuale per i dipendenti almeno fino al 2027, a patto che venga aiutata attraverso ammortizzatori sociali. Le istituzioni locali e nazionali stanno nel frattempo cercando un acquirente per avviare un processo di reindustrializzazione.