Quando finirà davvero la pandemia: c’è una data. E spunta il primo vaccino africano

Contagi in calo in Italia, ma l'invito è sempre quello a non abbassare la guardia perché "la pandemia non è finita". Quando finirà davvero?

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Contagi in calo in Italia, ma l’invito è sempre quello a non abbassare la guardia perché “la pandemia non è finita“. A sottolinearlo a chiare lettere è, tra gli altri, Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per le malattie-Ecdc. “È probabile che questo Covid-19 rimanga con noi. Non è detto che Omicron sia l’ultima variante che vediamo”.

Abbiamo imparato tanto sul Coronavirus, “ma non direi che sappiamo già tutto. Spesso ci ha sorpreso in questi due anni, quindi dobbiamo stare molto attenti. Dobbiamo intensificare la sorveglianza e migliorare il sequenziamento per individuare le varianti del virus il prima possibile” spiega.

Vero, ma è altrettanto vero che grazie ai vaccini l’Italia è rimasta in piedi. “Abbiamo retto davanti a questa ondata terrificante” ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza, ospite di “Mezz’ora in più” su Rai3, ricordando che l’ondata di Omicron ha provocato più casi nell’ultimo mese e mezzo che in tutta la pandemia, con oltre 200mila contagi al giorno.

Perché l’Italia è riuscita ad evitare lockdown e sta uscendo dalla crisi

Siamo arrivati a 1.700 persone in terapia intensiva, ma nei momenti peggiori eravamo a 4mila persone. “Abbiamo retto grazie a una campagna di vaccinazione straordinaria”. Senza vaccini, il bilancio oggi sarebbe drammatico. E staremmo pagando un prezzo altissimo anche in merito alla vita economica e sociale del nostro Paese, che sarebbe stata nuovamente azzoppata da lockdown e chiusure.

Oggi, invece, il 91% delle persone over 12 in Italia si sono vaccinate e gli ospedali hanno evitato di essere schiacciati da una pressione “incredibile”. “La quota più grande di ospedalizzazioni è figlia di persone non vaccinate”: i non vaccinati sono solo il 9%, ma sono loro che in ospedale producono la maggioranza dei casi, in modo particolare in terapia intensiva, sottolinea il ministro. E i dati sono incontrovertibili.

Negli ultimi giorni di dicembre c’erano state riunioni “tutt’altro che semplici” con ministri della Salute di altri Paesi d’Europa e del mondo. L’ondata della variante Omicron preoccupava tutti, poi con il passare dei giorni è stata evidente l’efficacia dei vaccini rispetto al rischio di ricovero, di terapia intensiva o persino morte.

Ora siamo ancora in una fase pandemica, ma finalmente la curva si sta piegando. Ormai da due settimane anche in Italia il Covid sta scemando. “Senza aver dovuto far pagare alle persone il prezzo di chiusure come in altre situazioni e in altri Paesi, e questo è stato possibile grazie a questo scudo costruito con i vaccini” ha detto ancora Speranza, che insiste sull’assoluta necessità di mettere tutte le attività in condizione di ripartire grazie a quello scudo garantito dalla vaccinazione. “Siamo in una fase di transizione, non siamo in difficoltà come prima, ma non ne siamo ancora fuori”.

Perché in altri Paesi la situazione è diversa

“La circolazione del Covid è elevata in tutto il continente, ma è molto evidente la decrescita delle curve in atto in più Paesi, e anche la curva dell’Italia mostra chiaramente come ci troviamo ormai da alcune settimane in fase di decrescita” aggiunge il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, presentando i risultati dell’ultimo monitoraggio.

Mentre da martedì 15 febbraio scatta l’obbligo vaccinale per tutti i i lavoratori over 50, la curva Covid in Italia continua a decrescere e il dato dell’incidenza cala e si conferma in decrescita anche in proiezione, grazie ai valori dell’Rt, relativi sia ai pazienti con sintomi sia a quelli ospedalizzati, che si mantengono sotto la soglia epidemica (qui le fasce più colpite e le regioni in cui il virus è ancora molto presente).

Omicron, attenzione alle reinfezioni

Quanto alla variante Omicron, questa settimana i dati della flash survey effettuata il 31 gennaio scorso ci mostrano come ormai abbia la quasi totale circolazione nel Paese con il 99,1%. Quindi, “è una situazione in cui sostanzialmente Omicron è la variante quasi esclusiva” nel nostro Paese. E bisogna fare molta attenzione, perché con Omicron è possibile un fenomeno di reinfezione anche in chi ha avuto precedentemente l’infezione da Sars-CoV-2 con altre varianti, ha ricordato Brusaferro (qui gli 8 sintomi “spia” di Omicron e qui ulteriori sintomi appena scoperti).

E in effetti tutte le attività sono state riaperte, anche le discoteche, che più di altri settori sono state sacrificate. Se ci sarà un cambiamento di approccio nelle misure saranno i Paesi a deciderlo, ha detto Ammon dell’Ecdc. Le situazioni in Europa sono molto diverse, perché abbiamo da 600 ai 1000 casi per 100mila abitanti, quindi le misure restrittive variano necessariamente in base alla situazione epidemiologica e al livello di vaccinazione.

L’Ecdc sta monitorando “molto attentamente” ciò che succede, soprattutto a livello di ospedalizzazione e terapie intensive. In particolare sulle mascherine, non più obbligatorie all’aperto in Italia dell’11 febbraio, seppur con importanti eccezioni, la direttrice aggiunge che “se si vuole raggiungere una riduzione della contagiosità bisogna mantenerle nei luoghi dove non è facile mantenere le distanze, quindi al chiuso o dove ci sono assembramenti”.

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Quando finirà la pandemia

Il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato che la fase acuta della pandemia potrebbe finire quest’anno, se circa il 70% del mondo si vaccinasse. “La nostra aspettativa è che la fase acuta di questa pandemia finirà nel 2022, ovviamente con una condizione: la vaccinazione del 70% entro la metà di quest’anno, intorno a giugno/luglio“.

Se arriveremo a raggiungere questo obiettivo, spiega Ghebreyesus, “la fase acuta può davvero finire, ed è quello che ci aspettiamo. È nelle nostre mani. Non è una questione di casualità: è una questione di scelta”. Le sue parole arrivano dal Sudafrica, dove è stato in visita al colosso Afrigen Biologics and Vaccines, che ha prodotto il primo vaccino Covid mRNA realizzato in Africa utilizzando la sequenza di Moderna.

Afrigen guida il progetto pilota, sostenuto dall’OMS e dall’iniziativa COVAX. “Ci aspettiamo che questo vaccino sia più adatto ai contesti in cui verrà utilizzato, con meno vincoli di conservazione e a un prezzo inferiore”, ha affermato il capo dell’Oms. Il vaccino sarà pronto per la sperimentazione clinica a novembre, con l’approvazione prevista nel 2024.

Il capo dell’Oms ha anche esortato i Paesi africani a sostenere gli sforzi per istituire un ente regolatore africano dei medicinali, spiegando che le istituzioni continentali, come questa Agenzia africana per i medicinali, sono essenziali perché possono, e devono, tagliare i costi e aiutare a combattere il mercato dei farmaci contraffatti o di scarsa qualità.

Oggi, solo l’11% degli africani è stato vaccinato, il tasso più basso al mondo. La scorsa settimana, l’ufficio per l’Africa dell’OMS ha affermato che il continente deve aumentare il suo tasso di vaccinazione di ben 6 volte per raggiungere l’obiettivo del 70%.