Spreco alimentare, in Italia torna a salire, a livello pro capite buttiamo 566,3 grammi ogni settimana

Il Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher mostra la situazione dello spreco alimentare nel nostro paese, ogni giorno si butta via cibo per 80,9 grammi a persona

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

In Italia si è verificato un repentino aumento dello spreco alimentare, evidenziando una relazione più disattenta nei confronti del cibo. La quantità di cibo gettata ogni giorno pro capite nelle nostre abitazioni è passata da 75 a quasi 81 grammi, precisamente 80,9 grammi, rappresentando un incremento dell’8,05% rispetto all’anno precedente. A livello settimanale, il consumo è salito da 524,1 grammi nel 2023 a 566,3 grammi nel 2024.

Nel corso del 2024, lo spreco alimentare in Italia ha comportato un costo medio di circa 290 euro annui per famiglia, pari a circa 126 euro pro capite ogni anno. Tale fenomeno è più accentuato nelle città e nei grandi Comuni, con un aumento dell’8%, mentre si manifesta in misura minore nei centri più piccoli. Le famiglie senza figli hanno registrato un aumento del 3% nello spreco, mentre i consumatori con un basso potere d’acquisto hanno visto un incremento molto più significativo, pari al 17%.

Lo spreco è maggiormente pronunciato nelle regioni del sud, con un aumento del 4% rispetto alla media nazionale, mentre è inferiore nelle regioni settentrionali, con una diminuzione del 6% rispetto alla media. Complessivamente, lo spreco alimentare in Italia ammonta a oltre 13 miliardi di euro, per la precisione 13.155.161.999 euro. Questo dato vertiginoso comprende lo spreco a livello domestico, che rappresenta oltre 7 miliardi e 445 milioni di euro, quello nella distribuzione, del valore di circa la metà (quasi 4 miliardi di euro, per l’esattezza 3 miliardi e 996 milioni di euro), oltre allo spreco nel settore agricolo e industriale, quest’ultimo notevolmente più contenuto (si veda l’allegato).

Spreco alimentare e insicurezza alimentare: il rapporto Waste Watcher International sull’Italia

Il rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International mostra la situazione dello spreco alimentare nel nostro paese, in vista dell’11^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, che si terrà lunedì 5 febbraio. Il rapporto evidenzia anche l’allarme sociale legato alla forte incertezza generale che si riflette sul piano della sicurezza alimentare in Italia. Per la prima volta, Waste Watcher International ha usato l’indice FIES (Food Insecurity Experience Scale), che valuta il grado di accesso delle persone a cibo adeguato e nutriente. I dati mostrano una situazione preoccupante, che richiede interventi urgenti e mirati.

Insicurezza alimentare: il ceto popolare in grave difficoltà

Dal punto di vista socioeconomico, il ceto autodefinibile come “popolare” – coloro che si sentono economicamente svantaggiati e lottano per arrivare a fine mese – conta oltre 5,7 milioni di persone in Italia, rappresentando oltre il 10% della popolazione secondo i dati Istat. Questo segmento della società mostra un preoccupante aumento del 280% dell’insicurezza alimentare rispetto alla media nazionale.

Inoltre, emerge che 1 consumatore su 2 appartenente al ceto popolare cerca cibo a ridosso della data di scadenza per risparmiare, mentre il 41% preferisce i discount a scapito del negozio di quartiere o del supermercato. Il 77% ha utilizzato i risparmi per far fronte al costo della vita, e il 28% ha drasticamente ridotto il budget destinato alla spesa alimentare. La situazione del ceto popolare in Italia evidenzia una complessa realtà socioeconomica che richiede attenzione e azioni mirate.

Spreco alimentare: la presentazione del Rapporto Waste Watcher “Il caso Italia”

Il Rapporto Waste Watcher intitolato “Il caso Italia” è frutto della collaborazione con la campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero, condotta attraverso il monitoraggio Ipsos/Università di Bologna Distal. Questo studio è stato realizzato sotto la direzione del Professore di Economia Circolare e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile, Andrea Segrè, professore ordinario all’Università di Bologna, con il coordinamento del docente Unibo Luca Falasconi.

La presentazione del rapporto si è svolta nello Spazio Europa, introdotta da Fabrizio Spada, Responsabile Relazioni Istituzionali del Parlamento europeo in Italia. Spada ha richiamato l’attenzione sull’impegno dell’Unione europea nella prevenzione dello spreco alimentare, sottolineando la correlazione evidenziata nei nuovi dati Waste Watcher tra la crescita dell’inflazione e il aumento dello spreco alimentare. Massimo Pronio, Responsabile Comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, ha sottolineato l‘importanza del confronto con gli altri Paesi europei su questi temi per condividere politiche comuni.

Connessioni critiche: inflazione, insicurezza alimentare e impatto sociale

“I dati che dobbiamo osservare con attenzione”, sottolinea il Direttore Scientifico di Waste Watcher, Andrea Segrè, “ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale, da un lato, e ricaduta sociale, dall’altro. Assistiamo a un calo costante del potere d’acquisto, e le conseguenti scelte dei consumatori non si orientano solo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale.”

Scegliere cibo di qualità scadente, meno salutare e soggetto a facile deterioramento non comporta solo un aumento degli sprechi alimentari, ma implica anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare. Segrè sottolinea che se la salute ha le sue radici a tavola, il consumo di cibo di scarsa qualità contribuisce all’aggravio dei costi sociali e ambientali. In sintesi, il circolo vizioso dell’insufficienza economica si traduce in una peggior qualità di vita, un aumento degli sprechi alimentari e impatti negativi sull’ambiente.

Spreco alimentare: servono politiche mirate contro l’inflazione

Se vogliamo veramente “fare la differenza”, come sottolinea il claim dell’11^ Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, è fondamentale un’azione sinergica, con particolare attenzione alle politiche pubbliche mirate a mitigare gli impatti dell’inflazione sulla sicurezza alimentare, concentrandosi sulla tutela dei ceti sociali più vulnerabili.

L’effetto inflazione ha un impatto significativo sulle scelte alimentari e induce l’adozione di nuove abitudini che non sempre portano a una miglior qualità media del cibo. Alcuni esempi: il 49% dei consumatori potenzia gli acquisti online, il 39% si orienta verso alimenti in promozione, mentre il 38% decide di autoprodurre il cibo. Nella panoramica delle nuove scelte di acquisto, si nota una maggiore inclinazione verso l’acquisto di cibo a ridosso della scadenza (32%), la preferenza per i discount (32%) e l’incremento del consumo di legumi e derivati vegetali a scapito della carne (31%).

Si osserva una diminuzione dell’interesse per il cibo biologico, spesso considerato troppo costoso per un potere d’acquisto limitato (7%), e un calo delle preferenze per le grandi marche (11%). Fra gli alimenti più sprecati, la frutta fresca occupa il primo posto, con 25,4 grammi nella settimana media dei consumatori, seguita da cipolle, aglio e tuberi, pane fresco, insalate e verdure. Questi dati sottolineano la necessità di strategie efficaci per prevenire lo spreco alimentare, con un occhio di riguardo alle dinamiche sociali.

Spreco alimentare: un costo per la natura e l’economia

Nella Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, il WWF pone l’accento su un altro aspetto critico di questa problematica: le perdite e gli sprechi non riguardano solo quantità di alimenti in chilogrammi o tonnellate, ma rappresentano anche uno “spreco di natura” e un’enorme perdita economica.

Si tratta di costi “nascosti”, una parte considerevole del capitale naturale, che in Italia si traduce in circa 140 miliardi di litri di acqua sprecata insieme al cibo gettato ogni anno, e di capitale economico, che si quantifica in circa 300 euro annui per ogni italiano.

Lo spreco di cibo, oltre a sollevare questioni etiche, generando un impatto negativo sull’ambiente e sulla salute, comporta anche l’impoverimento di una parte sempre più ampia della popolazione. Per questo motivo, l’ONU ha incluso tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 il Goal 12.3, che mira a dimezzare lo spreco alimentare pro capite a livello globale. Dimezzando gli sprechi, potremmo nutrire un miliardo di persone nel mondo.

Impatti ambientali e economici

Nel complesso, l’eliminazione degli sprechi alimentari si configura come una strategia cruciale per mitigare gli impatti ambientali. Se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo maggior produttore di gas climalteranti al mondo, superato solo dagli Stati Uniti e dalla Cina. Questo fenomeno è responsabile del 20% del consumo di acqua dolce e di fertilizzanti, nonché del 30% dell’uso globale dei terreni agricoli.

Inoltre, il valore economico del cibo sprecato su scala mondiale si aggira intorno a 1.000 miliardi di dollari all’anno, salendo a circa 2.600 miliardi di dollari se si considerano alcuni dei costi “nascosti” legati all’acqua e all’impatto ambientale. Sebbene le perdite alimentari si verifichino lungo tutta la catena di approvvigionamento, nei Paesi ad alto reddito, esse si concentrano principalmente a livello post-vendita e di consumo. Variano tra 124 e 154 kg pro capite all’anno, comportando un costo economico elevato stimato tra il 10% e il 25% della spesa alimentare annua delle famiglie.

Spreco alimentare: un costo insostenibile per l’Italia

Ad oggi, solo in Italia, il valore dello spreco alimentare si aggira intorno ai 15 miliardi di euro all’anno, equivalente a circa un punto di Pil, senza neanche considerare i costi ecologici. Questa cifra comprende circa 6 miliardi di euro derivanti dallo spreco domestico e circa 9 miliardi di euro dallo spreco lungo la filiera alimentare. Tuttavia, in contrasto con questa realtà, cresce il numero di persone in Italia che lottano per avere un’alimentazione regolare, con oltre il 9,4% della popolazione che vive in condizioni di povertà.

Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia, sottolinea l’importanza di azzerare almeno lo spreco alimentare domestico, che possiamo controllare direttamente attraverso le nostre scelte di acquisto, conservazione e consumo. Lo spreco alimentare non solo comporta un costo personale, ma implica anche il costo di tutta la filiera che ha portato quel cibo sulle nostre tavole.

È urgente agire per eliminare questa pratica ormai insostenibile dal punto di vista economico e sociale, riducendo a zero lo spreco alimentare dal produttore al consumatore. Solo cambiando le nostre abitudini a livello individuale e collettivo, possiamo ridurre drasticamente gli impatti ambientali e socio-economici dello spreco alimentare e delle diete non adeguate.

Spreco alimentare: il Ministro Pichetto ribadisce l’importanza della lotta allo spreco

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, sottolinea che la cattiva gestione del cibo è una grave questione etica con profonde ricadute sull’ambiente e sui costi energetici della società. In occasione dell’undicesima Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, il ministro afferma che la lotta allo spreco è parte integrante della sfida climatica. Sottolinea la necessità di puntare sulle migliori pratiche provenienti da diverse realtà produttive e sociali del Paese, evidenziando modelli vincenti lungo tutta la filiera.

Il governo, ha proseguito Pichetto, continuerà il confronto con le amministrazioni regionali e locali per intensificare la lotta allo spreco di cibo. L’Italia, già oggi, dispone di una legislazione avanzata che fornisce gli strumenti per limitare gli sprechi e donare cibo prossimo alla scadenza a chi ne ha bisogno.

Il ministro ha concluso sottolineando l’importanza di diffondere una sempre maggiore consapevolezza tra i cittadini sul valore del cibo e sull’impatto dello spreco alimentare sui sistemi ambientali ed economici.