#NoNewClothes, la sfida social contro il fast fashion

Sfida contro gli abiti "usa e getta" di Shein and Co, stop agli acquisti dal 1° giugno per promuovere consapevolezza sugli impatti ambientali del fast fashion

Foto di Matteo Paolini

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

A partire dal 1° giugno 2023, riparte la sfida #NoNewClothes challenge, un’iniziativa promossa dall’organizzazione no-profit Remake. Questa sfida mira a spingere i consumatori a riflettere sulle proprie abitudini di acquisto, mettendo in luce l’impatto ecologico e sociale che lo shopping può avere, nonostante sembri un’attività innocua. L’obiettivo è quello di invitare le persone a non acquistare nuovi capi di abbigliamento per un periodo di 90 giorni.

La campagna #NoNewClothes mira a trasmettere ai consumatori l’importanza di possedere pochi vestiti di alta qualità, prodotti nel rispetto della dignità dei lavoratori e della salute dell’ambiente. La sfida invita le persone a resistere alla tentazione di acquistare per almeno tre mesi presso i colossi della moda, in particolare quelli che promuovono la moda “veloce” o “usa e getta”, evitando così di alimentare un ciclo di consumo insostenibile.

Cos’è il Fast Fashion

Il Fast Fashion è un termine che definisce l’industria della moda veloce, caratterizzata dalla produzione e dalla vendita di abbigliamento economico e di tendenza, spesso realizzato con materiali di bassa qualità. Questo modello di business si basa su cicli di produzione rapida, che permettono di offrire ai consumatori nuovi capi di abbigliamento ad un prezzo accessibile in tempi brevi. Tuttavia, dietro questo fenomeno si celano numerosi problemi ambientali che richiedono attenzione e azione.

Consumo intensivo di risorse naturali

L’industria del Fast Fashion richiede un consumo intensivo di risorse naturali. Dal cotone alla plastica utilizzata per i tessuti sintetici, la produzione di abbigliamento richiede quantità enormi di acqua, energia e materie prime. Ad esempio, per produrre un solo paio di jeans, sono necessari circa 7.500 litri di acqua, senza considerare l’energia impiegata durante il processo produttivo.

Inquinamento chimico

La produzione di abbigliamento Fast Fashion comporta l’uso di una vasta gamma di sostanze chimiche. Dalle tinture ai trattamenti per rendere i tessuti resistenti alle pieghe, molti di questi prodotti chimici sono altamente tossici e possono contaminare le acque e il suolo durante il processo produttivo. Ciò può causare danni all’ecosistema acquatico e alla salute umana.

Produzione di rifiuti tessili

L’industria del Fast Fashion è caratterizzata da una produzione e un consumo frenetici, che portano a una rapida obsolescenza dei capi di abbigliamento. Di conseguenza, si accumulano enormi quantità di rifiuti tessili, che spesso finiscono in discariche o vengono inceneriti. La gestione di questi rifiuti rappresenta una sfida significativa, poiché i tessuti sintetici possono impiegare centinaia di anni per degradarsi.

#NoNewClothes: verso un consumo consapevole e sostenibile

Alcuni luoghi del Pianeta si stanno rapidamente trasformando in vere discariche di indumenti del fast fashion. Ad esempio, il deserto di Atacama, in Cile, dove ogni anno vengono riversate circa 39mila tonnellate di scarti invenduti dell’industria della moda.

La #NoNewClothes challange può rappresentare una bella occasione per imparare a diventare consumatori consapevoli e sperimentare vie d’acquisto più sostenibili, come i charity shop o i negozi second hand.

Promuovere la moda sostenibile

Una soluzione fondamentale consiste nel promuovere la moda sostenibile. Ciò implica la scelta di capi di abbigliamento realizzati con materiali sostenibili e da aziende che adottano pratiche etiche nella produzione. Materiali come il cotone biologico, il lino e la seta riciclata sono alternative sostenibili rispetto ai tessuti sintetici a base di petrolio. Inoltre, le aziende devono garantire la tracciabilità della filiera di produzione e il rispetto dei diritti dei lavoratori.

Ridurre, riutilizzare, riciclare

Per contrastare il Fast Fashion, è necessario adottare il principio delle “3R”: ridurre, riutilizzare e riciclare. Ridurre l’acquisto impulsivo e focalizzarsi su capi di abbigliamento di qualità, che possano durare nel tempo. Riutilizzare gli abiti, scambiandoli con amici o partecipando a mercatini dell’usato. Infine, riciclare i tessuti al termine del loro ciclo di vita, convertendoli in nuovi prodotti o materiali. Questo può essere fatto attraverso il riciclaggio dei tessuti o la trasformazione in accessori o complementi d’arredo.

Educazione e consapevolezza

Un’altra soluzione cruciale è l’educazione e la sensibilizzazione dei consumatori riguardo all’impatto del Fast Fashion sull’ambiente. Organizzazioni ambientaliste, media e istituti scolastici possono svolgere un ruolo chiave nell’informare le persone sugli effetti negativi dell’industria della moda veloce. Promuovere una maggiore consapevolezza può spingere i consumatori a fare scelte più informate e sostenibili quando si tratta di acquistare abbigliamento.

Sostenere la moda locale e l’artigianato

Sostenere la moda locale e l’artigianato può essere un passo importante verso un’industria della moda più sostenibile. L’acquisto di prodotti realizzati localmente riduce l’impatto ambientale legato al trasporto e supporta le economie locali. Inoltre, l’artigianato spesso implica una produzione più lenta e attenta ai dettagli, promuovendo la durabilità e la qualità dei capi di abbigliamento.

Regolamentazioni e politiche governative

È fondamentale che i governi adottino politiche e regolamentazioni volte a promuovere la sostenibilità nell’industria della moda. Ciò potrebbe includere incentivi fiscali per le aziende che adottano pratiche sostenibili, restrizioni sull’uso di sostanze chimiche nocive e normative per il riciclaggio dei rifiuti tessili. Le politiche governative possono giocare un ruolo chiave nel plasmare un ambiente favorevole alla transizione verso una moda più sostenibile.