Greenwashing, gli effetti delle nuove norme sulle imprese dell’UE

Greenwashing e comunicazioni ambientali ingannevoli hanno i giorni contati: la Commissione ha proposto dei criteri comuni per contrastarli. Di cosa si tratta?

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Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

Uno studio della Commissione europea ha rilevato che il 53,3% delle asserzioni ambientali esaminate sono vaghe e fuorvianti e che il 40% del tutto infondate.

Il 94% degli europei dichiara che proteggere l’ambiente è per loro importante e il 68% ammette che le proprie abitudini di consumo hanno un effetto negativo sull’ambiente in Europa e nel resto del mondo.

Per migliorare le proprie abitudini di consumo gli europei hanno bisogno di informazioni attendibili e verificabili.

La mancanza di norme comuni per le imprese che presentano autodichiarazioni ambientali volontarie apre la strada al greenwashing e crea condizioni di disparità nel mercato dell’UE, a scapito delle imprese che mettono in atto processi realmente sostenibili.

Proposta di direttiva sulle autodichiarazioni ambientali

La proposta di direttiva sulle autodichiarazioni ambientali affronterà il problema del greenwashing, contrastando le asserzioni ambientali false dirette ai consumatori e ponendo fine alla proliferazione di marchi definiti ambientali, pubblici e privati.

Inoltre, la proposta relativa a norme comuni che promuovono la riparazione dei beni, sempre adottata poche ore fa, contribuirà anche al consumo sostenibile, attraverso una serie di misure atte a promuovere, agevolare e motivare i consumatori alla riparazione dei guasti che i prodotti possono presentare nel corso del loro ciclo di vita.

Entrambe le proposte si collocano come ulteriore importante tassello per la realizzazione dell’economia circolare, quale definita nel piano d’azione per l’economia circolare.

Criteri comuni per contrastare il greenwashing e le asserzioni ambientali ingannevoli

La Commissione ha proposto, poche ore fa, dei criteri comuni per contrastare il greenwashing e le asserzioni ambientali ingannevoli.

La proposta integra quella del marzo 2022 sulla “responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde”, stabilendo norme più specifiche in materia di asserzioni ambientali, un divieto generale di pubblicità ingannevole e, attraverso norme comuni, la promozione di norme volte a promuovere la riparazione dei beni, che rafforzerà le azioni inerenti il consumo sostenibile e l’economia circolare.

La proposta presentata rende ancora più concreto un impegno importante preso dalla Commissione nel quadro del Green Deal europeo.

Insieme alla proposta relativa a norme comuni volte a promuovere la riparazione dei beni, si va a delineare il terzo pacchetto di proposte sull’economia circolare.

Il primo e il secondo pacchetto sull’economia circolare sono stati adottati nei mesi di marzo e novembre 2022.

  • Il primo pacchetto comprende la nuova proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, la strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari e la proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde.
  • Il secondo pacchetto comprende la proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, la comunicazione sulle plastiche a base biologica, biodegradabili e compostabili e la proposta di regolamento su una certificazione europea degli assorbimenti di carbonio. 

Il contenuto della proposta

La proposta riguarda le autodichiarazioni esplicite presentate volontariamente dalle imprese e destinate ai consumatori, che riguardano l’impatto ambientale, l’aspetto o le prestazioni di un prodotto oppure l’operatore stesso, e adottano un approccio basato sul “ciclo di vita”, dalle materie prime alla fine del ciclo di vita.

La proposta impone che le autodichiarazioni ambientali siano motivate e verificate ex ante.

La proposta verte anche sui sistemi di etichettatura ambientale, garantendo la trasparenza e robustezza dei sistemi stessi.

La proposta va ad interessare soltanto le dichiarazioni che non sono attualmente disciplinate da altre norme dell’UE.

Se la legislazione dell’UE già stabilisce norme più specifiche in materia di asserzioni ambientali per un settore o determinata categoria di prodotti particolare, come il marchio Ecolabel UE, l’etichetta di efficienza energetica o il marchio di agricoltura biologica, tali norme prevalgono su quelle della proposta.

La proposta sulle autodichiarazioni ambientali affronta anche la questione delle compensazioni di carbonio o crediti di carbonio, che sono risultate particolarmente fuorvianti per i consumatori.

La necessità è quella di rendere le comunicazioni trasparenti, in particolar modo dettagliando quale parte delle asserzioni riguarda questo tipo di operazioni e quale parte dipende dall’acquisto di compensazioni. Vi sono anche requisiti sull’integrità delle compensazioni stesse, nonché sulla loro corretta contabilizzazione.

I consumatori, quindi, beneficeranno di maggiore chiarezza e di maggiori garanzie: un prodotto venduto come ecologico lo sarà effettivamente!

Anche le informazioni saranno più complete e consentiranno di poter scegliere tra prodotti e servizi rispettosi dell’ambiente.

A beneficiare di queste nuove norme saranno anche le imprese, quelle che si sforzano realmente di migliorare la sostenibilità ambientale dei loro prodotti.

Grazie a queste disposizioni saranno più facilmente riconosciute e premiate dai consumatori e potranno incrementare le loro vendite, preoccupandosi sempre meno di far fronte a una concorrenza sleale.

La proposta contribuirà, quindi, a creare condizioni di parità per quanto riguarda le informazioni sulle prestazioni ambientali dei prodotti.

Verifica e attuazione delle autodichiarazioni ambientali

La direttiva proposta impone agli Stati membri di garantire che le imprese che presentano autodichiarazioni ambientali volontarie rispettino i requisiti minimi in materia di verifica e comunicazione.

A fronte di ciò gli Stati membri dovranno istituire procedure di verifica ed esecuzione, svolte da verificatori indipendenti e accreditati, con le modalità seguenti:

  • le autodichiarazioni devono essere suffragate da prove scientifiche ampiamente riconosciute, che individuano gli impatti ambientali pertinenti e gli eventuali compromessi tra i vari impatti;
  • se i prodotti o le organizzazioni sono messe a confronto con altri prodotti e organizzazioni, tali confronti devono essere equi e basati su informazioni e dati equivalenti;
  • le autodichiarazioni che utilizzano il punteggio aggregato dell’impatto ambientale globale del prodotto sulla biodiversità, su clima, sull’ambiente, sul consumo di acqua, sul suolo, ecc., non saranno autorizzati, tranne se regolamentati da norme dell’UE;
  • i sistemi di etichettatura ambientale devono essere solidi e affidabili e la loro proliferazione deve essere controllata. È opportuno incoraggiare i sistemi a livello dell’UE, mentre non saranno autorizzati nuovi sistemi pubblici, tranne se elaborati a livello dell’UE, ed eventuali nuovi sistemi privati saranno autorizzati soltanto se dimostrano di perseguire obiettivi ambientali più ambiziosi rispetto a quelli esistenti e ottengono un’approvazione preventiva;
  • i marchi ambientali devono essere trasparenti, verificati da terzi e periodicamente riesaminati.

La proposta della Commissione sulle autodichiarazioni ambientali stabilisce che, grazie alla direttiva (UE) 2020/1828 sulle azioni rappresentative, gli “enti legittimati”, come le organizzazioni dei consumatori, potranno intentare azioni legali per tutelare gli interessi collettivi dei consumatori stessi.

La proposta integrerà e contribuirà alle iniziative esistenti volte a responsabilizzare i consumatori nella transizione verde e a contrastare le pratiche ingannevoli.

La proposta sulle autodichiarazioni ambientali completa la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, stabilendo norme specifiche sulla convalida, la verifica e la comunicazione delle asserzioni ambientali volontarie e dei sistemi di etichettatura ambientale sul mercato dell’UE e introduce requisiti di verifica prima che le autodichiarazioni possano essere presentate e immesse sul mercato. 

Gli effetti delle nuove norme sulle imprese dell’UE

La proposta introduce requisiti minimi per le imprese che intendono presentare autodichiarazioni volontarie in materia di convalida, comunicazione e verifica.

Le imprese dovranno garantire l’affidabilità delle loro asserzioni ambientali volontarie e comunicarle in maniera trasparente. Le loro autodichiarazioni dovranno essere verificate da un soggetto indipendente sulla base dei requisiti della direttiva. Successivamente il verificatore rilascerà un certificato di conformità riconosciuto in tutta l’UE. 

Con l’introduzione di questo insieme comune di norme all’interno del mercato interno dell’UE, la proposta conferirà un vantaggio competitivo alle imprese che si adoperano realmente per sviluppare prodotti, servizi e pratiche organizzative rispettose dell’ambiente e per ridurre il loro impatto sull’ambiente, riducendo il rischio di frammentazione giuridica del mercato unico, con un alleggerimento dei costi per le imprese le cui dichiarazioni sono certificate da un verificatore accreditato.

Norme armonizzate e chiare ridurranno i costi per le imprese, che operano a livello transfrontaliero all’interno del mercato interno e rafforzeranno la credibilità delle nostre industrie al di fuori dell’UE.

 Per evitare un impatto sproporzionato dei requisiti sulle imprese più piccole rispetto a quelle più grandi, le microimprese, ovvero le imprese con meno di 10 dipendenti e meno di 2 milioni di € di fatturato sono esentate dagli obblighi della proposta, a meno che non vogliano esse stesse avvalersi delle norme.

Tuttavia, per incoraggiare le PMI a partecipare alla transizione verde e favorire le asserzioni ambientali legittime, la proposta invita gli Stati membri a adottare misure per aiutare le PMI ad applicare i requisiti facilitando l’accesso al sostegno finanziario e all’assistenza organizzativa e tecnica.

La Commissione sosterrà le imprese mettendo a disposizione finanziamenti per fornire dati a sostegno di dichiarazioni solide e svilupperà strumenti di calcolo per le PMI. 

Le imprese che hanno sede al di fuori dell’UE e che presentano asserzioni ambientali volontarie destinate ai consumatori dell’UE dovranno rispettare i requisiti stabiliti nella proposta di direttiva.

La proposta di direttiva sulle autodichiarazioni ambientali, ora, sarà sottoposta all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio.