Decarbonizzazione, negli ultimi cinque anni in Ue, +46% di energia da fonti rinnovabili

Il think tank Ember sottolinea l'importanza dei i risultati raggiunti nell'ultimo quinquennio a livello di rinnovabili, ma non tutti i Paesi vanno di pari passo

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Pubblicato: 3 Giugno 2024 17:47

Nei prossimi anni, il panorama politico europeo potrebbe subire un cambiamento significativo, con conseguenze potenzialmente pesanti per le politiche ambientali dell’Unione Europea. Diverse posizioni emerse all’interno dei partiti europei mettono infatti in discussione gli impegni presi in materia di Green Deal, la strategia chiave per la transizione verso un’economia più sostenibile.

Tra i punti più contestati figurano la direttiva casa green, le normative sull’automotive, la Politica Agricola Comune (PAC) e la Nature Restoration Law. Se tali impegni dovessero essere ridimensionati, l’intera transizione energetica, con il suo focus sulle rinnovabili, rischierebbe di subire un duro colpo.

L’importanza delle rinnovabili: un passo avanti da non perdere

Nonostante le incertezze, è importante sottolineare i progressi compiuti negli ultimi cinque anni nel settore delle rinnovabili. Un recente report di Ember, think tank specializzato in energia pulita, evidenzia come l’Europa abbia ottenuto un risultato significativo: grazie all’eolico e al solare, la produzione di energia da fonti fossili è stata ridotta del 20%.

Questo traguardo assume un’importanza cruciale se si considera che, secondo l’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici), le emissioni climalteranti sono strettamente legate all’utilizzo di combustibili fossili. La spinta verso le energie rinnovabili rappresenta quindi un elemento imprescindibile per contrastare il riscaldamento globale.

Un futuro da costruire: l’esempio del boom fotovoltaico

Negli ultimi cinque anni, l’Europa ha registrato un’accelerazione significativa nello sviluppo di impianti eolici e solari. Tra il 2019 e il 2023, la produzione combinata di elettricità da queste fonti è aumentata del 46%, secondo Ember. In particolare, il settore fotovoltaico ha vissuto un vero e proprio boom, con una capacità più che raddoppiata nello stesso periodo, equivalente all’installazione di 230.000 pannelli solari al giorno per quattro anni.

Questi dati dimostrano il potenziale delle rinnovabili e la necessità di proseguire con decisione sulla strada della transizione energetica. Le sfide sono tante, ma i passi avanti compiuti finora indicano che un futuro più verde e sostenibile è possibile. Perdersi d’animo di fronte alle incertezze politiche sarebbe un errore fatale per l’ambiente e per il futuro dell’Europa.

I progressi nella transizione energetica e il ruolo delle energie rinnovabili nell’Ue

La transizione energetica dell’Europa ha raggiunto un nuovo traguardo storico: nel 2023, eolico e solare hanno generato oltre un quarto (27%) dell’energia elettrica in Europa. Un dato che rappresenta un salto significativo rispetto al 2019, anno in cui l’Ue ha iniziato ad accelerare sulla decarbonizzazione.

Le rinnovabili, in totale, hanno raggiunto una quota del 44% nel mix energetico europeo, confermandosi come fonte primaria di elettricità. Un risultato reso possibile anche dal sorpasso storico dell’eolico sul gas: per la prima volta, l’energia del vento si è affermata come seconda fonte di energia elettrica nel Vecchio Continente, superando il combustibile fossile.

Un’accelerazione sotto Von der Leyen

I progressi compiuti negli ultimi anni sono particolarmente evidenti se si considera la capacità installata di energia rinnovabile: da quando l’attuale Commissione europea che si è insediata nel 2019, guidata da Ursula von der Leyen, la capacità è aumentata del 65%. Un’accelerazione che dimostra l’impegno dell’Ue nel raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici fissati per il 2030 e 2050.

Un modello per il mondo

I successi dell’Europa nella transizione energetica la rendono un modello per il resto del mondo. Dimostrano che un futuro alimentato da energie pulite e rinnovabili non solo è possibile, ma è anche a portata di mano. L’esperienza europea offre una roadmap concreta per altri Paesi che vogliono ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili e combattere i cambiamenti climatici.

Certo, la strada verso una completa decarbonizzazione è ancora lunga e rimangono ancora importanti sfide da affrontare. Ma i traguardi raggiunti dall’Europa negli ultimi anni offrono un motivo di grande ottimismo. La transizione energetica è in atto e il futuro del Vecchio Continente è verde.

Verso un mondo senza combustibili fossili, l’esempio dell’Europa

Per Sarah Brown, la direttrice del programma europeo presso il think tank Ember, l’Unione europea sta vivendo una trasformazione epocale ed efficace nella sua dipendenza dai combustibili fossili. Brown sostiene che “l’implementazione di politiche climatiche audaci, la leadership globale, unite a strategie specifiche per ridurre la dipendenza dal gas russo, hanno catalizzato un cambiamento profondo e duraturo”.

Secondo Brown, l’Ue si trova ora nel pieno di un’epocale e definitiva transizione via dalla dipendenza dai combustibili fossili per la produzione energetica. Se questo trend dovesse proseguire, l’Ue potrebbe emergere come un modello globale per il cammino da intraprendere per la necessaria decarbonizzazione, un esempio cruciale per il pianeta nella lotta contro il cambiamento climatico.

L’Europa corre verso il futuro verde, l’Italia arranca

Mentre l’Europa accelera la sua transizione energetica verso un futuro alimentato da energie rinnovabili, l’Italia arranca. I dati del think tank Ember mostrano un divario preoccupante: a maggio 2024, gas, carbone e petrolio hanno contribuito solo per il 23% all’elettricità prodotta nell’Ue, mentre eolico e solare hanno superato per la prima volta il 33%, raggiungendo il 54% con l’aggiunta dell’idroelettrico.

Ancora più significativo il dato di aprile, quando eolico e solare hanno generato il 34% dell’elettricità Ue, superando il record del 31% stabilito nel maggio 2023. Insieme, le rinnovabili hanno rappresentato il 62% di tutta la produzione di energia.

Numeri che evidenziano un trend inarrestabile: la decarbonizzazione è la strada obbligata per il futuro. Un futuro che l’Europa ha già intrapreso con decisione, mentre l’Italia, pur avendo timidamente sposato la causa con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) del 2023, fatica a tenere il passo.

Ostacoli alla transizione energetica in Italia

Come anticipato, se la comunità internazionale accelera la transizione verso un futuro energetico sostenibile, in Italia si registrano preoccupanti passi indietro. Questo a causa di una serie di azioni, tra cui la strumentale contrapposizione tra rinnovabili e paesaggio e il decreto che blocca l’installazione di pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli, rischiano di rallentare questo processo cruciale.

L’Italia ha il potenziale per installare 80 GW di rinnovabili nei prossimi sei anni, in linea con gli obiettivi europei e del Pniec, senza compromettere il paesaggio. La tutela del pianeta e la conservazione del nostro patrimonio culturale non sono infatti in contraddizione, ma due facce della stessa medaglia.

Occorre quindi un cambio di rotta immediato. Serve un dialogo costruttivo tra le diverse parti in causa per individuare soluzioni concrete che permettano di coniugare la produzione di energia pulita con la salvaguardia del territorio. Il futuro dell’Italia e del pianeta ne dipende.

Rinnovabili e cambiamento climatico, un’opportunità per il futuro dell’Italia

La transizione energetica non è solo una necessità per rispettare gli impegni internazionali, ma rappresenta un’occasione unica per il nostro Paese. Per coglierla al meglio, è necessario abbandonare gli atteggiamenti del passato e ripensare il nostro rapporto con l’energia, il territorio e il paesaggio.

L’idea di affrontare questa sfida senza modificare i nostri stili di vita, le nostre priorità e il nostro approccio al territorio è illusoria. I danni del cambiamento climatico sono già evidenti e non ci sarà alcuna tutela paesaggistica in grado di salvarci se non invertiamo rotta.

La transizione verso le rinnovabili non significa deturpare il paesaggio, ma piuttosto rivalutarlo e riscoprirlo sotto una nuova luce. Investire in energia pulita significa creare nuove opportunità di lavoro, ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità della vita per tutti.

Per cogliere appieno questa opportunità, è necessario un impegno collettivo da parte di tutti gli attori coinvolti: cittadini, imprese, istituzioni. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un futuro più sostenibile e resiliente, dove l’Italia possa assumere un ruolo da protagonista nella lotta al cambiamento climatico.

Nuove regole per un futuro sostenibile

L’affermazione che si debba attendere l’approvazione dei nuovi piani paesaggistici per decidere dove installare gli impianti rinnovabili è pericolosa e fuorviante. Non si tratta di aggredire le zone tutelate del Paese, ma di sfruttare aree idonee e già compromesse, come terreni marginali non coltivati da anni o aree industriali dismesse.

In Italia, circa tre milioni di ettari di Superficie Agricola Utile (Sau) risultano improduttivi e abbandonati. Questi terreni, oltre a non contribuire alla produzione alimentare, rappresentano un problema ambientale. L’installazione di impianti fotovoltaici in queste aree non solo produrrebbe energia pulita, ma contribuirebbe anche al recupero del territorio.

Allo stesso modo, le aree industriali dismesse, spesso situate in zone già compromesse, possono essere riqualificate con impianti rinnovabili, generando benefici economici e ambientali.

È importante sottolineare che nessuno propone di installare impianti fotovoltaici ed eolici in aree vincolate, nei Siti di Interesse Comunitario (Sic), nelle Zone di Protezione Speciale (Zps), nelle Aree protette e nei siti Natura 2000. La tutela del paesaggio e della biodiversità rimane una priorità assoluta.

La transizione energetica non è in contrasto con la tutela del territorio, ma un’occasione per riqualificare aree degradate e creare un futuro più sostenibile. E’ necessario un approccio costruttivo e basato sul dialogo per individuare le soluzioni migliori, coniugando la produzione di energia pulita con la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.

Transizione energetica: tecnologia, ambiente e cultura per un futuro sostenibile

L’evoluzione tecnologica offre soluzioni innovative per la produzione di energia rinnovabile, consentendo una maggiore efficienza a parità di ingombro rispetto agli impianti esistenti. Nel settore eolico, ad esempio, il repowering permette di potenziare gli impianti già installati, riducendo ulteriormente l’occupazione di suolo. Inoltre, il Pnrr prevede l’installazione di pale eoliche off-shore galleggianti anche a notevoli distanze dalle coste, aprendo nuove opportunità per la produzione di energia pulita senza impatti sul paesaggio.

Tuttavia, la transizione energetica non deve essere guidata solo dall’urgenza climatica, ma anche da un nuovo approccio culturale. È necessario un dialogo costruttivo tra le diverse parti in causa per trovare soluzioni che coniughino la produzione di energia rinnovabile con la tutela del paesaggio e del territorio.

Un ruolo fondamentale in questo processo è svolto dai cittadini, che devono essere informati e coinvolti nelle decisioni relative all’installazione di impianti rinnovabili. È importante sfatare i falsi miti e le paure spesso associate a queste tecnologie, puntando invece sui benefici concreti che possono apportare in termini di sostenibilità ambientale, indipendenza energetica e sviluppo economico.

Transizione energetica e tutela del patrimonio culturale, due facce della stessa medaglia

Le nuove definizioni di patrimonio culturale, elaborate dalla Convenzione di Faro, enfatizzano il valore dell’eredità culturale in chiave di sostenibilità, integrando la tutela dell’ambiente nella sua conservazione. In quest’ottica, le azioni di contrasto al cambiamento climatico assumono un ruolo fondamentale nella salvaguardia dei beni culturali.

La decarbonizzazione dell’energia diventa, di fatto, uno strumento di conservazione, al pari del recupero conservativo di un monumento o di un’opera d’arte. L’ambiente, inteso come parte integrante del patrimonio culturale, necessita di un sistema di tutele specifiche, e la decarbonizzazione rappresenta la più importante tra queste, con implicazioni globali.

Il patrimonio culturale, nelle sue diverse forme materiali e immateriali, è una risorsa condivisa e un bene comune, la cui tutela è una responsabilità collettiva. La lotta al cambiamento climatico e la transizione verso un futuro energetico sostenibile non sono solo questioni ambientali, ma anche sfide culturali che richiedono un impegno comune per la salvaguardia del nostro pianeta e della nostra eredità.

Promuovere un dialogo costruttivo

Per affrontare queste sfide in modo efficace, è necessario un dialogo costruttivo tra i diversi attori coinvolti: istituzioni, comunità locali, esperti di cultura e ambiente, cittadini. La collaborazione e la condivisione delle conoscenze sono fondamentali per individuare soluzioni concrete che coniughino la produzione di energia pulita con la tutela del paesaggio e del territorio.

La transizione energetica rappresenta un’opportunità unica per ripensare il nostro rapporto con l’ambiente e con il patrimonio culturale. Abbracciando l’innovazione tecnologica e adottando un approccio culturale lungimirante, possiamo costruire un futuro più sostenibile e resiliente, dove la tutela dell’ambiente e lo sviluppo economico camminano di pari passo.

Transizione energetica e agricoltura

In Italia, il dibattito sulla transizione energetica e il suo impatto sull’agricoltura è acceso. Al centro della discussione c’è il decreto Agricoltura, che vieta l’installazione di nuovi pannelli fotovoltaici a terra sui terreni agricoli.

Tuttavia, i dati raccontano una realtà diversa. Secondo Gse, la superficie agricola occupata da impianti fotovoltaici è compresa tra lo 0,1% e lo 0,2% del totale. Un dato irrisorio, se confrontato con i 3,9 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati in Italia, pari al 23,6% della superficie agricola nazionale (16,5 milioni di ettari).

Per raggiungere gli obiettivi di energia rinnovabile del Pniec (80 GW entro il 2030) basterebbe utilizzare solo lo 0,6% dei terreni agricoli abbandonati, una porzione minima rispetto all’area disponibile.

Questi numeri evidenziano l’infondatezza di alcuni timori legati all’impatto del fotovoltaico sull’agricoltura. L’installazione di pannelli su terreni improduttivi non solo non comprometterebbe la produzione alimentare, ma contribuirebbe al recupero di aree degradate e alla creazione di nuove opportunità di lavoro.

La transizione energetica non rappresenta una minaccia per l’agricoltura, ma un’opportunità per ripensare il nostro rapporto con il territorio e con le risorse naturali. Investire in energie rinnovabili significa ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, contrastare il cambiamento climatico e creare un futuro più sostenibile per le generazioni future.

Il decreto Agricoltura tra contraddizioni e rischi

Il decreto Agricoltura, non solo si configura come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di energia rinnovabile del Pniec, ma appare anche in contraddizione con altri provvedimenti in materia e con gli interessi stessi del settore agricolo.

Innanzitutto, la norma contraddice la bozza di Decreto Aree Idonee, che, sebbene non ancora pubblicata, dovrebbe individuare le aree idonee all’installazione di impianti fotovoltaici, incluso il terreno agricolo. Tale contraddizione genera incertezza e instabilità per gli investitori nel settore delle rinnovabili, ostacolando la transizione energetica del Paese.

Il decreto Agricoltura contribuisce a rafforzare la dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili, esponendola ai rischi geopolitici e all’aumento dei prezzi dell’energia. In un contesto di crisi climatica ed energetica, investire in fonti rinnovabili rappresenta invece un’opportunità per aumentare l’indipendenza energetica e la sicurezza del Paese.

Peraltro, il divieto di installare pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli frena la possibilità di creare nuovi posti di lavoro nel settore delle rinnovabili e di valorizzare le aree rurali. La transizione energetica, se gestita correttamente, può infatti rappresentare un volano di sviluppo per le comunità locali e per l’economia del Paese.

Infine, il decreto ignora il fatto che l’emergenza climatica sta già colpendo duramente l’agricoltura italiana, causando siccità, inondazioni e perdita di raccolti. La transizione energetica, attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra, rappresenta l’unica soluzione strutturale per contrastare questi fenomeni e tutelare il futuro dell’agricoltura stessa.