Davos: entro il 2050 il cambiamento climatico causerà 14,5 milioni di morti

Un rapporto sul clima presentato a Davos rivela che milioni di vite sono in pericolo da qui al 2050. Ciononostante la crisi climatica non è tra le priorità dell'agenda del Forum

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Entro il 2050, la crisi climatica potrebbe causare la devastante perdita di 14,5 milioni di vite umane e determinare un calo economico di 12,5 trilioni di dollari a livello mondiale. Questo inquietante quadro emerge dal nuovo rapporto presentato durante il 54esimo World Economic Forum di Davos, dove i leader economici e finanziari globali si sono riuniti per affrontare le sfide economiche imminenti, compresi i cambiamenti climatici.

Davos: impatti economici legati alle ondate di calore, alle inondazioni e alla siccità

Il report, dal titolo Quantifying the Impact of Climate Change on Human Health (Quantificare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute umana), analizza la crisi climatica sotto una nuova prospettiva, offrendo uno sguardo dettagliato sugli impatti indiretti non solo sulla salute umana, ma anche sull’intera economia mondiale e sui servizi sanitari. Il rapporto ribadisce l’urgenza di un’azione rapida per mitigare il riscaldamento globale, limitando l’aumento delle temperature sotto il confine critico di 1,5°, al fine di preservare la salute dell’umanità.

L’analisi identifica le inondazioni e le siccità come le cause principali di mortalità legate al clima, mentre le ondate di calore come la principale causa di perdite economiche. Inoltre, si prevede un aumento delle malattie sensibili al cambiamento del clima, come malaria e dengue, con un impatto finanziario supplementare di 1,1 trilioni di dollari per i sistemi sanitari, costretti a fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico. Il rapporto sottolinea la necessità urgente di strategie globali, sia nella riduzione delle emissioni che nell’adattamento delle infrastrutture sanitarie, promuovendo sforzi collaborativi per rafforzare i sistemi sanitari in risposta a questa crescente crisi.

La salute umana è in pericolo: l’appello del World Economic Forum di Davos

Shyam Bishen, responsabile del Centro per la Salute e l’Assistenza Sanitaria e membro del comitato esecutivo del World Economic Forum, ha dichiarato: “Sebbene si sia ampiamente discusso degli impatti dei cambiamenti climatici su natura ed economia globale, alcune delle conseguenze più gravi dell’aumento delle temperature terrestri riguarderanno la salute umana e il sistema sanitario globale.” Bishen sottolinea che i progressi recenti saranno vanificati a meno che non si implementino urgenti misure di riduzione e mitigazione delle emissioni e non si adotti un’azione globale decisiva per costruire sistemi sanitari resilienti e adattabili ai cambiamenti climatici.
Nonostante il 2023 sia stato considerato dagli scienziati l’anno più caldo di sempre, con l’Europa che ha già registrato 62mila vittime a causa delle temperature anomale, il documento sottolinea che c’è ancora tempo per intraprendere azioni strategiche e decisive a livello globale. Nonostante i risultati evidenti, il rapporto incoraggia le parti interessate a contrastare queste previsioni e a mitigare gli impatti sulla salute derivanti dai cambiamenti climatici su scala globale.

Davos: il silenzio sul cambiamento climatico e le priorità disattese

Ogni anno a Davos i temi che occupano la scena cambiano. Per gli analisti che seguono da anni il summit le tematiche al vertice dell’agenda sono quelle che spaventano di più le persone potenti e quelle da cui credono di poter trarre vantaggio, quest0’anno l’AI. Nonostante il 2023 sia stato l’anno più rovente della storia, con gli oceani immersi in un lungo calore e il caos climatico che semina scompiglio nel mondo, a Davos si preferisce concentrarsi su altre crisi del momento. Hindou Oumarou Ibrahim, attivista climatica proveniente dal Ciad, ha notato che si parla poco di clima, di biodiversità, di questa crisi in generale.
Un sentimento pervasivo suggerisce che, per quanto profonde siano le sfide della crisi climatica, gli interessi attuali non siano ancora abbastanza pressanti da giustificare azioni risolute. Andres Gluski, CEO di AES, una azienda di energie rinnovabili, ha dichiarato che c’è un po’ di insofferenza per la crisi climatica.

L’Inerzia di Davos di fronte al cambiamento climatico

Questa mancanza di visione non è solo un sintomo dell’élite di Davos. Il cambiamento climatico rappresenta la sfida a lungo termine per eccellenza, richiedendo considerevoli investimenti in sforzi che potrebbero non generare profitti per anni. Riformare la produzione di energia, l’agricoltura, i trasporti e l’industria pesante implica l’utilizzo di una gran somma di denaro. Come riportato dal New York Time Gluski ha affermato che la natura umana è poco adatta a reagire a cambiamenti a lungo termine. Le nostre menti sono ancora quelli di un cacciatore paleolitico. È come dire, “lancia la lancia, scappa dalla tigre”. Non siamo abili a pensare che “tra tre anni la nostra caverna potrebbe crollare”.

Come abbiamo visto le discussioni sul clima non sono del tutto escluse dal programma principale. Ajay Banga, presidente della Banca Mondiale, ha sottolineato l’importanza di portare l’energia rinnovabile in Africa. In un panel, John Kerry, inviato per il clima del presidente Biden, ha sottolineato l’importanza l’accordo della COP28 per abbandonare i combustibili fossili. Johan Rockstrom, direttore dell’Istituto Potsdam per la Ricerca sugli Impatti Climatici, ha dichiarato durante un panel: “Il clima non è in cima all’agenda, ma non è fuori dall’agenda. Questo rappresenta un passo avanti. Dimostra che, nonostante la geopolitica e tutto il resto, la consapevolezza dell’urgenza d’azione è diffusa.”

Davos: il ritardo sulla crisi climatica

Il palcoscenico di Davos, ogni anno, offre una visione mutevole degli argomenti di rilievo. Tuttavia, l’agitazione che permea questo incontro rimane costante: le tematiche all’apice dell’agenda sono quelle che spaventano di più le figure di potere e da cui credono di poter trarre vantaggio. Nonostante il 2023 sia stato l’anno più torrido della storia, con gli oceani diventati molto caldi, ad esempio, a Davos si preferisce concentrarsi su altre crisi del momento.

Le discussioni a Davos sul clima, sebbene non totalmente assenti, rivelano una mancanza di urgenza per i partecipanti. Nonostante gli sforzi del presidente della Banca Mondiale, Ajay Banga, e le parole di John Kerry sull’accordo della COP28, Johan Rockstrom sottolinea che il clima non è in cima all’agenda. Tuttavia, questo rappresenta un passo avanti, dimostrando che, nonostante la geopolitica e tutto il resto, la consapevolezza dell’urgenza d’azione è almeno presente. Malgrado ciò al World Economic Forum di Davos il rapporto sulla crisi climatica avverte che entro il 2050 potremmo assistere a una devastante perdita umana e a un collasso economico. L’appello urgente è alla necessità di azioni decisive per mitigare il riscaldamento globale, preservando la salute umana e costruendo sistemi sanitari resilienti di fronte a questa crescente minaccia.