Cos’è e com’è regolamentato il Bike Sharing

Scopri cos'è e qual è il significato di Bike Sharing, come funziona e cosa dice la legge in merito

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Redazione

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Il Bike Sharing, letteralmente “condivisione di una bicicletta”, è un sistema di mobilità sostenibile che, in questi ultimi anni, ha iniziato ad affermarsi sempre più anche in diverse città d’Italia. Molte pubbliche amministrazioni locali, infatti, hanno deciso di promuovere servizi di questo tipo, che offrono un’alternativa green ed economica all’utilizzo dei mezzi privati o pubblici nelle strade cittadine.

Nonostante i servizi di Bike Sharing, come detto, abbiano ormai iniziato a diffondersi in maniera capillare in tutto il territorio italiano, diversi punti di questa materia rimangono ancora oscuri per una parte della popolazione. Per questo motivo è utile approfondire, nello specifico, cosa si intende precisamente per Bike Sharing e come funziona questo servizio, la sua diffusione in Italia e i prezzi, ma anche le ultime disposizioni del governo italiano in merito.

Cos’è il Bike Sharing e come funziona

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, il significato di Bike Sharing, in italiano, è letteralmente “condivisione di una bicicletta”. Si tratta, più nel dettaglio, di un’iniziativa a sostegno della mobilità sostenibile che prevede l’utilizzo condiviso di alcune biciclette (a pedalata muscolare oppure elettrica) messe a disposizione della comunità. Approfondiamo, ora, in maniera più dettagliata come funziona il Bike Sharing: le biciclette a disposizione della comunità si trovano, generalmente, vicino alle principali stazioni metropolitane e ai maggiori luoghi d’interesse della città, in specifici parcheggi o libere.

Bisogna distinguere, proprio a questo proposito, tra i servizi di Bike Sharing in modalità station-based e quelli in modalità free-floating. La prima tipologia prevede un sistema “a prenotazione” e con stalli riservati per il prelievo e la riconsegna del mezzo. Il secondo tipo, anche detto “a flusso libero”, permette di prendere le bici, utilizzarle per il tempo necessario e lasciarle poi dove si desidera in città. Recentemente, anche in Italia, si è diffuso un terzo sistema “ibrido”, che prevede entrambe le modalità.

Per sbloccare la bicicletta di un servizio di Bike Sharing e poterla utilizzare sono previste diverse tecnologie, a seconda del gestore che propone il servizio: si va dalla chiave con tecnologia RFID (una particolare tecnologia di identificazione che sfrutta la radiofrequenza) alle tessere (anche contactless) passando per i codici QR.

Quanto costa il Bike Sharing in Italia

Il costo del Bike Sharing in Italia varia in base al fornitore e alla modalità del servizio: in base a quanto emerso dall’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility in Italia promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, i cui risultati sono stati resi noti nel mese di settembre del 2020, il prezzo di un abbonamento annuale a un servizio di Bike Sharing è molto diversificato da città a città (si va da un minimo di 15 euro a Siena a un massimo di 300 euro previsto per il servizio sperimentale di Bike Sharing free-floating a Parma). Il costo medio di un viaggio di 20 minuti su una bicicletta in Bike Sharing in modalità free-floating è di circa 1,2 euro, mentre scende a 50 cent per il Bike Sharing in modalità station-based.

Quanto è diffuso il Bike Sharing in Italia

Nel già citato Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility del settembre 2020 è presente un’analisi realizzata sui servizi di Bike Sharing offerti da 31 città italiane capoluogo di provincia: Bergamo, Bologna, Bolzano, Brescia, Como, Ferrara, Firenze, Forlì, Genova, La Spezia, Livorno, Mantova, Modena, Milano, Padova, Palermo, Parma, Pesaro, Pisa, Ravenna, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Siena, Terni, Torino, Trento, Treviso, Udine, Venezia e Verona.

Il Bike Sharing risulta essere il servizio di mobilità condivisa maggiormente diffuso in Italia, nonché, assieme allo sharing dei monopattini, quello che ha fatto registrare la risalita più evidente subito dopo il lockdown dovuto all’emergenza Coronavirus. Rispetto al 2018, nelle varie città prese in esame sono attivi più servizi di Bike Sharing (39 contro 33). In 7 città (Bergamo, Mantova, Milano, Padova, Parma, Reggio Emilia e Torino) sono operativi contemporaneamente un servizio di Bike Sharing station-based e uno free-floating (in rapido sviluppo tra il 2017 e il 2019.

In relazione alla percentuale di uso di ciascuna bicicletta nell’arco delle 24 ore che compongono una giornata, il valore più alto è stato registrato a Brescia, seguita in questa speciale classifica da Pisa e Torino (dove è presente anche il servizio free-floating con il valore più alto). In generale, in Italia, risulta in netta crescita il dato delle iscrizioni dei cittadini a servizi di Bike Sharing (+60%). La flotta di mezzi a disposizione per i servizi di Bike Sharing è più che triplicata rispetto al 2015 e ha raggiunto un totale di circa 35mila bici. Tra queste, si contano 5.413 bici elettriche in condivisione (il 15%). Il 70% di esse sono utilizzate nei servizi in modalità free-floating, che si è rapidamente evoluto verso la mobilità elettrica.

L’uso della bicicletta in Italia nel Codice della Strada

L’utilizzo della bicicletta in città è regolamentato dal Codice della Strada, che inserisce questo particolare mezzo di trasporto nella categoria “velocipedi”, che include sia le bici “a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle  persone che si trovano sul veicolo” sia quelle “a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW, la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare”. In base a quanto definito nel Codice della Strada, “i velocipedi non possono superare 1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza”.

Il Decreto Rilancio approvato nel maggio 2020 dal governo Conte ha modificato il Codice della Strada, introducendo i concetti di “corsia ciclabile” e “casa avanzata”. Questa è la definizione di “corsia ciclabile” inserita nel Codice della Strada: “Parte longitudinale della carreggiata, posta di norma a destra, delimitata mediante una striscia bianca, continua o discontinua, destinata alla circolazione sulle strade dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede”.

In base a quanto affermato nel Codice della Strada, la corsia ciclabile “può essere impegnata, per brevi tratti, da altri veicoli se le dimensioni della carreggiata non ne consentono l’uso esclusivo ai velocipedi; in tal caso essa è parte della corsia veicolare e deve essere delimitata da strisce bianche discontinue”. Inoltre, la corsia ciclabile “può essere impegnata da altri veicoli anche quando sono presenti fermate del trasporto pubblico collettivo e risulta sovrapposta alle strisce di delimitazione di fermata”.

L’ulteriore precisazione: “La corsia ciclabile si intende valicabile, limitatamente allo spazio necessario per consentire ai veicoli, diversi dai velocipedi, di effettuare la sosta o la fermata nei casi in cui vi sia fascia di sosta veicolare laterale, con qualsiasi giacitura”. La “casa avanzata”, in base al nuovo Codice delle Strada, può essere realizzata “nelle intersezioni semaforizzate, previa valutazione delle condizioni di sicurezza, sulla soglia dell’intersezione, estesa a tutta la larghezza della carreggiata o della semicarreggiata”.

Più precisamente, “la casa avanzata può essere realizzata lungo le strade con velocità consentita inferiore o uguale a 50 km/h, anche se fornite di più corsie per senso di marcia, ed è posta a una distanza pari almeno a 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare”. Nel Codice della Strada si specifica inoltre che “l’area delimitata è accessibile attraverso una corsia o da una pista ciclabile di lunghezza pari almeno a 5 metri, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione”.

Nel Codice della Strada ora è anche esplicitato che le biciclette “devono transitare sulle piste loro riservate ovvero sulle corsie ciclabili o sulle corsie ciclabili per doppio senso ciclabile, quando esistono, salvo il divieto per particolari categorie di essi, con le modalità stabilite nel regolamento”. Al di fuori delle strade urbane ciclabili, i ciclisti devono “procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a 2”. Inoltre, al di fuori dei centri abitati, “devono sempre procedere su unica fila, salvo che uno di essi sia minore di anni 10 e proceda sulla destra dell’altro”.

Bike sharing e mobilità sostenibile: gli ultimi interventi in Italia

Il Decreto Rilancio del maggio 2020 sopracitato, inoltre, ha anche previsto con l’articolo 205 un pacchetto di misure specifiche dedicate alla mobilità sostenibile. Tra queste spicca il Bonus Mobilità, utilizzabile anche per gli abbonamenti ai servizi di mobilità condivisa a uso individuale (a eccezione di quelli con autovetture), come per l’appunto il bike sharing.

In linea con il Decreto Rilancio, nell’ottobre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un Decreto proposto dall’allora ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, che ha assegnato 137,2 milioni di euro agli enti locali destinati alla progettazione e alla realizzazione di ciclovie urbane, ciclostazioni e ad altri interventi per la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina.

La mobilità sostenibile e la ciclabilità hanno trovato spazio anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), comunemente definito Recovery Plan, stilato dal governo Draghi. Il PNRR prevede infatti 8,58 miliardi di euro da usare per “sviluppare un trasporto locale più sostenibile” e 600 milioni di euro (di cui la metà destinati al Sud Italia) da utilizzare esclusivamente per il “rafforzamento della mobilità ciclistica”. Nello specifico, alcune delle risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono destinate alla costruzione di 570 chilometri di piste ciclabili urbane e metropolitane e alla realizzazione di 1250 chilometri di piste ciclabili turistiche.