Sono diverse le ragioni che possono indurre una persona a trasferire la propria residenza all’estero. A monte di questa scelta ci sono motivazioni personali, di lavoro o anche solo per trovare delle nuove opportunità. Un cambiamento così drastico e repentino, però, richiede dei passaggi molto precisi e ben delineati, soprattutto se non si vogliono avere delle sorprese con il fisco.
Non importa se si sia deciso di trasferirsi all’estero per amore o per cercare un impiego. L’importante è farlo trasferendo la propria residenza in modo corretto.
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Come trasferire la residenza fiscale all’estero
Uno dei criteri cardine sui quali si basano le tasse è la residenza fiscale. Chi dovesse essere fiscalmente residente in Italia è automaticamente assoggettato alla tassazione sui redditi di fonte italiana ed estera. Diventa quindi importante comprendere quali siano i requisiti per poter perdere la residenza fiscale in Italia, in modo da evitare che i proventi percepiti una volta che ci si è trasferiti finiscano nel mirino dell’Agenzia delle Entrate.
Il primo passo che è necessario fare è cancellare il proprio nominativo dall’Anagrafe della Popolazione Residente. Questo passo è molto importante, perché serve ad avvalorare il proprio trasferimento all’estero. Successivamente è necessario iscriversi all’Aire, ossia all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, un adempimento di per sé obbligatorio, ma non sufficiente per avvalorare il proprio trasferimento.
Perché non è sufficiente iscriversi all’Aire? Oltre al passaggio più strettamente burocratico, il contribuente deve dar vita ad una situazione di fatto: deve affievolire i propri legami con il nostro Paese e deve radicarsi sempre di più all’estero. L’iscrizione all’Aire, in altre parole, è il primo passo a cui deve seguire l’effettivo radicamento all’estero, sia dal punto di vista familiare che economico. Ma non solo questo passaggio diventa indispensabile per poter fruire di una serie di servizi che vengono garantiti agli italiani all’estero, che vengono forniti dai Consolati e dalle Ambasciate.
Sono tenuti ad iscriversi all’Aire le persone che si trasferiscono all’estero per un periodo superiore a 12 mesi. Lo devono fare anche quanti vi risiedono già, perché sono nati all’estero e hanno acquisito la cittadinanza italiana per un qualsiasi motivo.
L’importanza del domicilio all’estero
Tra gli elementi che devono essere considerati nel momento in cui ci si trasferisce all’estero c’è il domicilio. Ai fini strettamente fiscali, con questa locuzione, l’articolo 2 del Tuir intende:
Il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Sicuramente l’elemento da gestire correttamente, in questo caso, è il centro dei propri affetti personali. Nel caso in cui i legami economici e quelli familiari non dovessero coincidere, per determinare in quale Paese il contribuente ha la residenza, prevalgono gli affetti. Ai fini pratici, se una persona dovesse lavorare in Gran Bretagna, ma avere il coniuge e i figli in Italia, avrà la residenza nel nostro Paese.
Per dimostrare ai fini pratici la propria volontà di lasciare completamente ed interamente la residenza italiana, il contribuente deve trasferire il centro di tutte le sue relazioni all’estero: familiari, sociali, di lavoro e morali.
Il contribuente deve essere effettivamente all’estero
Sembrerà scontato affermarlo, ma il contribuente deve essere fisicamente all’estero. Questa è una delle condizioni più importanti: non si deve essere in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta.
In altre parole si devono conteggiare i giorni interi e le frazioni di permanenza in Italia nel corso dell’anno. Questo è un fattore molto importante da tenere a mente: l’Agenzia delle Entrate dispone di una serie di banche dati rilevanti per individuare la presenza dei soggetti in Italia. A questo, però, si aggiunge una zona grigia, perché non sempre è possibile individuare i giorni nei quali le persone siano state o meno in Italia.
Partendo da queste due realtà – che sembrano in contrapposizione tra loro – l’amministrazione finanziaria ritiene che:
- se un soggetto è presente in Italia per meno di 90 giorni, il periodo viene considerato come vacanza;
- se il soggiorno si protrae per oltre 90 giorni, ma non supera i 182, si inizia ad intravedere la volontà di restare in Italia per coltivare un qualsiasi interesse;
- rimanere in Italia per oltre 183 giorni porta a mantenere la residenza nel nostro Paese.
L’impatto temporale dei requisiti
I requisiti che abbiamo visto fino a questo momento devono essere mantenuti per il periodo di almeno 183 giorni, in altre parole per la maggior parte del periodo d’imposta. Per poter dimostrare di aver trasferito la propria residenza all’estero, l’elemento temporale è indubbiamente quello più determinante: il contribuente deve poter portare la documentazione necessaria atta a dimostrare che sia stato effettivamente all’estero.
Avere un fascicolo documentale aggiornato e contenente le prove dei propri spostamenti è molto importante, in modo da potersi difendere correttamente nel momento in cui dovesse esserci un controllo da parte dell’Amministrazione Fiscale.
Cosa succede se ci si trasferisce in un paradiso fiscale
Maggiore attenzione deve essere prestata nel momento in cui ci si dovesse trasferire in un Paese in black list o a fiscalità privilegiata: in questo caso scatta una presunzione pro fisco. Stando a quanto prevede l’articolo 2, comma 2 del Tuir, il contribuente rimane residente fiscalmente in Italia per presunzione, salvo che non riesca a dimostrare effettivamente il suo trasferimento all’estero.
Siamo davanti all’inversione dell’onere della prova: non spetta più all’amministrazione finanziaria dimostrare qualcosa, come avviene ordinariamente, ma l’operazione è a carico del contribuente. Il legislatore ha deciso di operare in questo senso per contrastare il più possibile il trasferimento di residenza fittizio, che è finalizzato all’evasione fiscale. In altre parole se una persona si cancella dall’anagrafe della popolazione residente per trasferirsi in un paradiso fiscale, l’Agenzia delle Entrate ritiene che ai fini fiscali sia ancora residente in Italia.
Questa sorta di presunzione può essere dimostrata producendo la seguente documentazione:
- deve essere dimostrata la dimora abituale nel Paese, producendo dei contratti d’affitto o la proprietà di immobili in quel determinato paese estero;
- il Paese deve essere al centro degli interessi vitali.
Cosa succede nel caso di dual residence
Spesso e volentieri, però, il contribuente si iscrive all’anagrafe estera e si trasferisce fisicamente, ma continua ad avere almeno uno dei requisiti per essere residente fiscalmente in Italia.
Ci si può dimenticare di iscriversi all’Aire o non è proprio possibile spostare il domicilio. In questo caso si devono affrontare le problematiche legate alla doppia residenza fiscale: una situazione che porta alla doppia tassazione dei propri redditi. Per riuscire a risolvere problemi di questo tipo è bene controllare le Convenzioni contro le doppie imposizioni, che sono stipulate tra Italia e diversi Paesi, che permettono di comprendere come gestire correttamente la tassazione dei redditi.