Benzina e diesel, prezzi pazzi: colpa del governo o dei distributori? Ora si teme l’effetto valanga

In Italia è di nuovo allarme carburanti. Perché siamo arrivati, di nuovo, a questa situazione? Cosa sta succedendo e quali conseguenze nei prossimi mesi

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

In Italia è di nuovo allarme carburanti. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, già prima di Natale, aveva deciso di mobilitare la Guardia di Finanza per effettuare un monitoraggio contro possibili anomalie e speculazioni sui prezzi alla pompa. La prossima settimana dovrebbero essere pubblicati i risultati dei controlli effettuati e il governo deciderà se e come procedere. Giorgetti sta cercando di convincere anche i leader della distribuzione, Eni e Ip in primis, affinché scongiurino ritocchi ingiustificati dei prezzi.

Perché benzina e diesel costano di nuovo così tanto

Perché siamo arrivati, di nuovo, a questa situazione, con il diesel in salita a oltre 2 euro al litro (addirittura 2,5 in autostrada) e la benzina poco dietro? Una delle cause è senz’altro lo stop al taglio delle accise deciso dall’Esecutivo Meloni, che non ha prorogato lo sconto di 18,3 centesimi (non dimentichiamo che, dai banchi dell’opposizione, Meloni si era sempre scagliata contro le accise sui carburanti, ma d’altronde erano altri tempi, e Palazzo Chigi appariva ancora come un miraggio).

Una misura fortemente voluta da Draghi, quella del taglio delle accise, che infatti aveva dato i suoi frutti, consentendoci di tirare un sospiro di sollievo almeno quando andavamo a fare rifornimento.

Nel 2022 la riduzione delle imposte sui carburanti è costata, a partire da marzo, circa 1 miliardo di euro al mese. Ma questa spesa il governo Draghi era riuscito a sostenerla soprattutto grazie all’extragettito assicurato proprio dagli aumenti del prezzo dei carburanti. Il problema, adesso, è che questo meccanismo è saltato: nella Nadef, Meloni ha deciso di considerare l’extragettito non più una maggiore entrata per i conti pubblici, ma un incasso ordinario, dunque non utilizzabile per finanziare gli sconti. Motivo per cui il governo non ha più avuto risorse per finanziare la misura.

La mancata proroga del taglio delle accise, però, non spiega del tutto i rialzi di prezzo di questi giorni, né appare in linea con l’andamento delle quotazioni petrolifere: come sottolinea il Codacons, prendendo in esame solo le ultime settimane, si osserva come il Brent in due mesi ha subito un deprezzamento del 25,5%, passando dai 99 dollari al barile del 7 novembre 2022 agli attuali 73,7 dollari. Situazione simile per il Wti, passato dai 92,5 dollari al barile di novembre ai 78,6 dollari di oggi (-15%). Anche rispetto al 30 dicembre 2022, ultimo giorno di rilevazioni per il 2022, quando il petrolio ha chiuso a 80,26 dollari al barile, le quotazioni sono in calo dell’8,2%.

Perché il diesel costa più della benzina e cosa succederà

“Sulle accise parleremo con il presidente del Consiglio. Sicuramente c’è della speculazione in corso sui prezzi della benzina ed è bene che la Finanza faccia dei controlli” ha commentato – a dire il vero un po’ timidamente – il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. “Non ci possono essere distributori che vendono la benzina a 1,7 euro e altri a 2,4. Evidentemente c’è qualcuno che fa il furbo. Porterò il ragionamento a livello di governo” assicura.

Italiani in coda ai distributori: dove costa di meno adesso fare il pieno

Effetto valanga in arrivo? Quali possibili conseguenze

Ora la situazione rischia davvero di esplodere, sia per i consumatori che per le imprese. Nel nostro Paese, l’88% delle merci, per arrivare sugli scaffali, viaggia su strada. Ciò significa che l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori, già duramente provati dall’inflazione, che, a causa proprio dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento generalizzato dei costi dovuto alla guerra in Ucraina, lo scorso anno ci ha fatto spendere quasi 13 miliardi in più per comprare cibo e bevande.

Come se non bastasse, secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga, a pesare sono anche i ritardi infrastrutturali dell’Italia, dove il costo medio al chilometro per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 euro, più alto dei nostri vicini: in Francia ad esempio costa 1,08 euro al chilometro e in Germania appena 1,04.

A subire le conseguenze dei rincari – denuncia la Coldiretti – è l’intero sistema agroalimentare, dove i costi della logistica arrivano a incidere di 1/3 sul totale dei costi per frutta e verdura.

Lato imprese, il quadro è molto preoccupante: 1 azienda agricola su 10 rischia di chiudere, e addirittura 1/3 del totale nazionale si trova a lavorare in una condizione di reddito negativo, secondo l’ultima analisi Coldiretti su dati Crea. La produzione agricola e quella alimentare in Italia sono infatti particolarmente sensibili all’andamento delle quotazioni, visto che assorbono oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali, per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti l’anno (dati Coldiretti su base Enea).

Appare sempre più evidente, anche per benzina e gasolio, che il Pnrr può essere davvero determinante. Per le imprese, ad esempio, perché – come ha spiegato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini – potrebbe sostenere la competitività sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo.

Procure e Gdf indagano su presenza di possibili cartelli dei carburanti

In questo scenario si sta muovendo anche il Codacons, che dopo aver denunciato a Procure e Guardia di finanza, chiama ora in causa l’Antitrust chiedendo di aprire un’istruttoria per verificare la possibile posizione anticoncorrenziale nel settore dei carburanti in Italia. “Vogliamo capire se all’interno della filiera dei carburanti ci siano cartelli, accordi o altre strategie vietate dalla legge tese a far salire immotivatamente i listini di benzina e gasolio alla pompa”(l’allerta su un possibile aggiotaggio era già stata lanciata giorni fa).

Il Codacons chiede al governo Meloni di estendere gli ambiti di applicazione della legge 231 del 2005 che vieta gli aumenti eccessivi dei prezzi al dettaglio nel settore agroalimentare, introducendo lo stesso principio anche al comparto dei carburanti e definendo in modo certo e preciso il cosiddetto “prezzo anomalo”, cioè la percentuale massima di aumento dei listini oltre la quale scatta l’illecito sanzionabile da parte dello Stato.

Il Codacons lancia azione di boicottaggio: cosa sapere

L’azione del Codacons non si ferma qui: l’associazione dei consumatori ha anche deciso di lanciare un boicottaggio nazionale dei distributori più cari, invitando gli automobilisti italiani a verificare i prezzi sul proprio territorio, anche attraverso le varie app che segnalano i gestori più convenienti, e a non fare rifornimento presso le pompe che applicano prezzi eccessivi.

“Chiediamo anche ai consumatori – spiega il presidente Carlo Rienzi – di inviarci le foto dei distributori che praticano per benzina o gasolio prezzi superiori ai 2 euro al litro, per le segnalazioni del caso alle autorità competenti”. Tutti gli interessati possono inviare un’email all’indirizzo info@codacons.it, indicando dove si trovano i distributori in questione e allegando una foto dei prezzi praticati.