A novembre cibi ancora più cari. Non si ferma l’inflazione, che si ripercuote duramente sul carrello della spesa degli italiani. Lato consumatori, secondo l’Indice dei prezzi all’ingrosso elaborato mensilmente da Unioncamere, l’aumento dei prezzi generalizzato dei beni alimentari pesa sempre di più, anche se – un po’ a sorpresa – si scorgono i primi timidi segnali di rallentamento dell’inflazione dei beni alimentari e delle bevande analcoliche, che passa dal +13,5% di ottobre al +13,6% di novembre.
Indice
Quali cibi costano di più a novembre
Ma quali sono i cibi che sono aumentati di più? I rincari riguardano soprattutto i prezzi all’ingrosso del riso e dell’olio di oliva. I prezzi del riso sono schizzati al +10,9% e quelli dell’olio d’oliva al +7,2% (+21% rispetto ai livelli medi di giugno), proseguendo anche a novembre la loro corsa in avanti. Il primato negativo appartiene ai risi medi e Lunghi A, per i quali si prevede una perdita di raccolto di oltre il 30%.
Anche le carni hanno registrato rincari notevoli, in particolare quelle di tacchino (+4,1% rispetto a ottobre). Dopo i rialzi dei mesi precedenti, a novembre i prezzi all’ingrosso delle carni sono rimasti di fatto invariati su base mensile (-0,1%). I prezzi attuali restano tuttavia sostenuti, con un rincaro complessivo rispetto allo scorso anno del +24,5%, seppur con una diminuzione rispetto a ottobre, quando l’aumento era stato del +32%. Si conferma comunque ampiamente positiva la performance delle quotazioni rispetto a un anno fa (+26,9%).
Discorso simile anche per i formaggi. Il settore caseario a novembre consolida i rialzi per i prodotti sia breve che a lunga stagionatura. I formaggi a stagionatura media staccano un +2,1% rispetto a ottobre: tra questi, aumentano ancora Asiago, Gorgonzola e Taleggio, e tornano a crescere anche i prezzi dei formaggi duri DOP (+1,8%), trainati dai segni più soprattutto del Grana Padano. Nuovi record anche per il Pecorino Romano, che all’ingrosso fa schizzare il prezzo fisso sopra i 13 euro al chilo.
Nuovi rialzi poi per i prezzi delle uova: a novembre le quotazioni avanzano del +3% su base mensile, portando la variazione tendenziale prossima al +45%. Rimane ampia anche la crescita della farina (+29,9%) rispetto all’anno precedente.
Nel comparto ortofrutticolo, la situazione è piuttosto stabile per arance (1,5%), mandarini (1,1%) pompelmi (-3,9%) e limoni (6,2%), per cui si riscontra un certo equilibrio tra domanda e offerta. Stabiliti anche mele (3,9%), pere (1,1%) e uva (2,5%). Per quanto riguarda le fragole (+11%) si sono osservati, invece, aumenti rispetto a ottobre.
Osservando invece l’andamento del comparto ittico, si nota come nel mese di novembre gli italiani abbiano scelto di comprare di più le tipologie di pesce che costano meno. Per questi ultimi sono in aumento i volumi di vendita, complice una congiuntura economica che a livello aggregato manifesta segni di rallentamento. Aumenti significativi rispetto ad ottobre ci sono stati per il cefalo (+28%) e le alici (+28,7%), prodotti tipicamente a basso costo. Anche dentici (+35%), orate (+30%) e sarde (+39%) mostrano una variazione tendenziale superiore al 30% rispetto allo scorso anno. Le spigole (+14% su base annua) conservano la variazione tendenziale maggiore tra i pesci freschi di allevamento. Tra i crostacei freschi, in aumento rispetto ad ottobre le quotazioni del gambero bianco (+13%), prodotto dal prezzo più basso tra le specie di crostacei monitorate, con la variazione su base annua che si attesta a novembre oltre il 20%. In forte aumento su base annua i prezzi dei mitili (+30%) e, nella categoria pesci freschi di acqua dolce, si registrano marcati rialzi su base annua per le quotazioni di tutte le specie ad eccezione del persico che, non essendo allevato ma pescato in Africa, segue dinamiche particolari. Aumenti su base annua infine per i pesci surgelati (+25%).
Perché sono aumentati i prezzi dei prodotti alimentari a novembre
Diversi i motivi che hanno portato a questa situazione rispetto ai rincari di ottobre. Per quanto riguarda il riso, è proseguito come da attese l’andamento negativo nella produzione, con flessioni importanti. Gli ultimi dati diffusi dall’Ente Risi mostrano che la produzione di riso lavorato nella campagna 2022/23 dovrebbe attestarsi sulle 725mila tonnellate, in calo del -22% rispetto alla campagna precedente, con punte fino al -30% per la tipologia dei Lunghi A. Come ulteriore dato negativo, i trasferimenti complessivi di riso per l’annata 2022/23 dovrebbero accusare una contrazione di oltre il 6% rispetto alla campagna 2021/22.
In decisa contrazione anche la produzione di olio di oliva, sia a livello nazionale che internazionale. Secondo le stime più recenti rilasciate a novembre da Ismea-Unaprol-Italia Olivicola, la produzione nazionale di olio di oliva si fermerebbe quest’anno a 208mila tonnellate (-37% rispetto all’annata 2021/22). Il complicato scenario produttivo, appesantito dall’atteso dimezzamento della produzione della Spagna – primo produttore di olio di oliva al mondo – rende particolarmente incerta la disponibilità di prodotto a livello globale, con la produzione mondiale per l’annata 2022/23 attesa sotto le 3 milioni di tonnellate, quota sempre raggiunta negli ultimi 5 anni.
Per quanto riguarda le carni, il rialzo dei prezzi del tacchino è dovuto soprattutto al robusto calo di macellazioni per questa tipologia. Tra le carni bianche, l’offerta contenuta di capi vivi ha determinato un calo delle macellazioni, spingendo appunto in alto i prezzi all’ingrosso.
Passando ai formaggi, il continuo aumento del Pecorino Romano, ad esempio, è l’effetto lampante del deficit di produzione: nei primi 7 mesi del 2022 la produzione è diminuita infatti di ben il -4%, rispetto allo stesso periodo del 2021.
Gli aumenti dei prezzi delle uova invece sono sostenuti dal buon andamento della domanda sia interna che estera.
Osservando poi il mercato della frutta, in generale come visto piuttosto stabile, il boom dei prezzi delle fragole era atteso per via di un aumento della richiesta tipico sotto Natale e Capodanno.
Per il pesce, invece, su base annua la crescita delle quotazioni si mantiene elevata sulla scia dell’aumento generalizzato dei costi di produzione che ha riguardato tutto il 2022, seppur di entità inferiore rispetto ai mesi precedenti. I maggiori costi di allevamento hanno ad esempio spinto al rialzo i prezzi delle spigole. Nella categoria pesci freschi di acqua dolce, gli aumenti derivano, da un lato, dall’impennata dei costi delle materie prime energetiche, viste le tecniche di allevamento dei pesci di acqua dolce particolarmente energivore, e, dall’altro, dai rincari dei mangimi, nettamente più alti rispetto al 2021.
Quali cibi costano di meno a novembre
Tra i cibi che invece costano meno rispetto a ottobre, stupisce la carne di suino, che fa segnare un notevole calo, con ribassi in particolare a inizio novembre (-12,8%). Le carni suine hanno accusato un marcato ribasso legato soprattutto ad un andamento negativo delle vendite a inizio mese. Via via poi invece il mercato si è stabilizzato, come effetto del rallentamento delle macellazioni. Rallentano, ma rimangono col segno più, anche i prezzi di pollo (+1,2% su base mensile) e carne di bovino adulto (+2,9%), per la quale si segnala un calo tendenziale delle macellazioni di vitelli e vitelloni rispetto i primi 10 mesi del 2021.
Segno meno anche per il latte, anche se questo, almeno per ora, come abbiamo visto non si traduce ancora in una contrazione del prezzo nel per formaggi e uova. Nella filiera lattiero-casearia il latte spot segna una leggera diminuzione del prezzo, dopo i valori record toccati ad ottobre sulle principali piazze di scambio. Le quotazioni sono arretrate del -0,7% rispetto ai prezzi medi del mese precedente e i ribassi si sono rafforzati nella prima parte di dicembre. Il mercato inizia a registrare miglioramenti sul lato dell’offerta, in particolare tra i principali produttori europei, a fronte di una domanda che si conferma cauta. Guardando all’Europa, in base ai dati Eurostat, si nota come la Germania, primo produttore europeo di latte, incassa a settembre una crescita della raccolta rispetto a settembre 2021 (+1,3%), registrando una variazione su base annua positiva per la prima volta da maggio 2021.
In netto calo anche i listini del burro, per via dei miglioramenti produttivi riscontrati per i principali player europei. Dopo la lieve flessione di ottobre (-1,4% su base mensile), il prezzo del burro scende parecchio (-11% rispetto alle quotazioni medie di ottobre), con la dinamica negativa che è proseguita in apertura di dicembre. La fase di marcata debolezza che attraversa l’Europa sembra dovuta, oltre che dalla discesa rispetto ai picchi estivi dei costi energetici, ai miglioramenti produttivi per i principali produttori europei negli ultimi mesi. Secondo gli ultimi dati Eurostat, la Germania, primo produttore di burro a livello continentale, vola a settembre grazie agli incrementi produttivi superiori al +2% rispetto a settembre 2021, dando seguito al +3% di agosto e al +2% di luglio.
Ulteriore flessione rispetto al mese di ottobre anche per gli oli di semi, seppur di entità inferiore rispetto alle contrazioni registrate nei mesi precedenti, ma arrivando al 7° mese consecutivo di ribassi. Le quotazioni medie nazionali cedono il -0,6% su base mensile, contro il -5% di ottobre, con la variazione su base annua che scende per la prima volta da agosto 2020 sotto la doppia cifra, sfiorando il +7%. L’olio di girasole si conferma il prodotto maggiormente in calo, complice il rinnovo a metà novembre dell’accordo tra Russia e Ucraina per lo sblocco dell’export ucraino via mare, intesa che già a luglio, quando era stata siglata, aveva abbassato le quotazioni.
Mercato statico per gli sfarinati di grano, complici i ribassi che si sono osservati sia per il grano duro che per il grano tenero. La semola ha ceduto lo 0,7% rispetto a ottobre, mentre la farina di grano tenero è rimasta invariata. La variazione su base annua delle quotazioni della semola passa in negativo (-3,4%) per la prima volta dal giugno del 2021.
Nel mercato ortofrutticolo, novembre ha messo in evidenza tra gli agrumi un forte calo per i prezzi all’ingrosso delle clementine (-34,4%), grazie all’arrivo delle produzioni nazionali nei mercati. L’entrata in commercio delle produzioni nazionali ha provocato un leggero calo anche dei prezzi dei kiwi (-6,4%). Diminuiscono anche i frutti tropicali, soprattutto l’ananas (-10,2%), più presente in vista del periodo delle festività natalizie.
Novembre ha mostrato, in generale, diminuzioni dei prezzi per quasi tutti gli ortaggi, per via del basso livello di domanda che si è riscontrato nei mercati all’ingrosso. In particolare, ribassi mensili marcati hanno interessato melanzane (-13,9%), peperoni (-21,1%), pomodori (-21,1%) e zucchine (-27,9%), gravati non solo da minori livelli della domanda, ma anche all’entrata nei mercati di grandi quantitativi di produzioni da colture protette. Continua la diminuzione delle quotazioni anche per le insalate (-29,2%), largamente presenti in tutti i mercati. Nonostante le forti precipitazioni che hanno interessato il Sud Italia a fine mese, importanti cali rispetto a ottobre si sono rilevati anche per cavoli broccoli (-25,7%), cavoli cappucci (-14,9%), cavoli verza (-26,6%), finocchi (-37,6%), complice il basso livello della domanda a fronte di grandi produzioni. Uno scenario simile ha interessato anche gli ortaggi da cottura:
- bietole (-25%);
- broccoletti (-19,8%);
- cicoria (-23%);
- spinaci (-24,9%).
Meno evidenti le fluttuazioni dei prezzi per aglio (- 10,5%), carote (-0,6%), cipolle (-3,1%) e patate (5,6%), che possono sempre contare su una base di domanda più solida e su produzioni più costanti.
Guardando il mercato ittico, tra i pesci freschi di mare segno meno per il pesce spada (-11% su base mensile), appartenente ad una fascia di prezzo elevata. In calo su base annua anche il prezzo della triglia (-12%), data la scarsa disponibilità di prodotto nel 2021. Tra i molluschi, deboli gli scampi (-8% su base mensile), che tra i prodotti ittici monitorati registrano la performance annua peggiore (-25%), complice il minor consumo nel 2022 a causa degli alti prezzi di vendita. In calo tra i molluschi freschi anche i molluschi cefalopodi, in particolare i prodotti appartenenti alle fasce di prezzo più elevate come i calamari (-16%). Giù anche il prezzo delle seppie (-23%), che quest’anno si trovano sul mercato ittico in maggiori quantità. Performance negativa, su base sia mensile che annua, anche per i frutti di mare surgelati. I crostacei surgelati, in particolare, risentono dell’attuale trend negativo dei consumi dei prodotti a più alto valore aggiunto. Per la categoria pesci e frutti di mare secchi, cali su base mensile anche per il salmone affumicato (-11%) che mantiene comunque una variazione su base annua positiva (+16%) in virtù dell’aumento dei costi di allevamento.
Dando uno sguardo al mercato degli alcolici, infine, prosegue a novembre anche il calo dei prezzi dei vini. Dopo la stabilità di ottobre, torna a prevalere il segno meno per i prezzi all’ingrosso dei vini sfusi (-0,9%). Le flessioni maggiori sono emerse per i vini rosati a denominazione (-4%) e i vini bianchi comuni (-3,8%). Su base tendenziale le contrazioni di prezzo più ampie riguardano i vini comuni, in particolare i rosati.