Negli ultimi anni, grazie ad un innalzamento della sensibilità dell’opinione pubblica sui temi che riguardano la salvaguardia dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico, il processo di transizione ecologica è divenuto il terreno su cui si misurano le ambizioni degli Stati nazionali per il prossimo futuro. Questo almeno è ciò che succede in Europa, dove i Paesi membri dell’Unione europea stanno per vivere una fase di enormi cambiamenti dal punto di vista delle politiche ecosostenibili.
Le novità proposte dalla Ue
Dopo la prima approvazione da parte della Commissione europea della direttiva che prevede case green ovvero un’effiicientamento energetico degli edifici (norma ancora tutta scrivere, dato che dovrà essere raggiunto un accordo tra i 27 capi di governo in sede di Consiglio europeo), il passo successivo che ha infuocato il dibattito in tutto il Vecchio Continente è quello della stretta sulle auto inquinanti, per la quale si potrebbe dire addio a quelle a benzina e diesel dal 2035, voluta dai vertici comunitari e annunciata proprio nelle scorse ore.
Stretta sulle auto inquinanti, la decisione dell’Ue preoccupa l’Italia
Nello specifico, stiamo parlando della messa al bando dei veicoli alimentari a diesel e benzina entro il 2035: nel pomeriggio dello scorso 14 febbraio il Parlamento europeo riunito a Bruxelles ha approvato in via definitiva i nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas serra di auto e furgoni di nuova produzione. Anche in questo caso ora la palla passa al Consiglio europeo, ma l’iter per arrivare ad un accordo congiunto pare molto più agevolato in virtù di un accordo di massima che già esiste tra buona parte degli Stati membri.
In Italia però la decisione non è stata accolta con favore dalla maggioranza di centrodestra. In particolare, è stato il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini a palesare tutta la contrarietà della Lega sulla scelta delle istituzioni europee. “Il comportamento dell’Unione europea è folle e sconcertante” ha commentato a caldo il leader del Carroccio, aggiungendo che “va contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi”. Ma davvero, come sostiene l’ex titolare degli Interni, il nostro Paese non è pronto ad una riconversione del parco auto in senso green?
Auto elettriche, allarme al Centro-Sud: le regioni in cui mancano le colonnine di ricarica
Stando ai numeri presenti ad oggi sul piatto, pare davvero molto probabile che il nostro settore dell’automotive possa riscontrare gravi difficoltà nell’adattarsi alle richieste che arrivano dall’Europa. Mentre i comparti più forti del nostro Paese (presenti prevalentemente a Torino e nella Motor Valley tra Modena e Bologna) dovranno sostenere un radicale cambiamento della produzione all’interno dei propri stabilimenti, il dato che preoccupa è quello sulle auto elettriche e sulle relative infrastrutture di ricarica presenti al momento sull’intero territorio nazionale.
Nonostante siano oltre 36mila le colonnine destinate alle auto elettriche presenti ad oggi in Italia, c’è una forbice di squilibrio molto importante tra la situazione del Nord Italia e quella delle aree del Mezzogiorno. Basti pensare che quasi il 58% delle pompe di energia è situato nelle 4 regioni industrialmente più sviluppate – ossia Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna – mentre il rimanente 42% comprende tutte le altre zone. Particolarmente in difficoltà paiono la Calabria, la Basilicata, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna: assieme formano oltre il 35% dello Stato geografico, ma al loro interno è presente meno del 20% dei punti di ricarica per il rifornimento dei veicoli alimentati con l’energia elettrica.