Accordo sulle emissioni di metano, bufera sul presidente COP28

Sultan al-Jaber promuove l'accordo delle compagnie petrolifere per ridurre le emissioni di metano, ma nega l'impegno sui combustibili fossili: è polemica

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

La COP28, presieduta da Sultan al-Jaber negli Emirati Arabi, ha visto un impegno senza precedenti da parte di 50 compagnie petrolifere, responsabili di quasi la metà della produzione globale di greggio. La promessa è quella di raggiungere una quota di emissioni di metano prossima allo zero e porre fine alla combustione routinaria entro il 2030. Tuttavia l’annuncio non è stato accolto positivamente dagli ambientalisti, che lo hanno definito come uno specchietto per le allodole e una “cortina fumogena” che nasconde i veri problemi legati all’ambiente e al cambiamento climatico. A fare da contorno, le accuse per il conflitto di interessi del presidente della Conferenza.

Zero emissioni di metano entro il 2030: l’impegno alla COP28

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è arrivata alla sua 28esima edizione. Il summit internazionale serve a ridurre l’impronta dell’uomo sull’ambiente, con l’obiettivo di ridurre le emissioni, favorire la transizione verso fonti di energia pulita e impedire il raggiungimento di 1,5 °C in più a livello globale rispetto all’era pre-industriale. Tale soglia è considerata quella di non ritorno per il cambiamento climatico.

Tra gli impegni presi dai Paesi partecipanti alla serie di incontri che si sta tenendo a Dubai c’è quello di triplicare la disponibilità di energia nucleare entro il 2050. L’impegno delle 50 compagnie petrolifere più importanti rappresenta un grande traguardo a favore della natura, considerando l’impatto delle loro attività.

Ad annunciare l’accordo è stato Sultan al-Jaber stesso, enunciando la lista delle realtà che hanno aderito, giganti del settore come Shell, TotalEnergies, BP, Saudi Aramco, Petrobras e  Sonangol. L’accordo mira a ridurre le emissioni di metano, potentissimo gas serra, lungo tutta la filiera, dalla produzione al trasporto allo stoccaggio, entro il 2030.

Le altre misure contro le emissioni di metano emerse durante la COP28

Il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato regole definitive per contrastare le emissioni di metano nell’industria petrolifera degli USA. Complessivamente è stato deciso all’interno della COP28 di stanziare ben un miliardo di dollari in sovvenzioni, tra fondi statali e assegni di filantropi e aziende, per sostenere gli sforzi dei vari Paesi nel contrastare il metano.

Parallelamente Turkmenistan e Kazakistan hanno annunciato l’adesione al Global Methane Pledge, che vede l’impegno di altre152 nazioni a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030. La Banca Mondiale ha anche lanciato un piano di riduzione del metano, mentre l’Unione Europea ha siglato un accordo per ridurre le emissioni di metano del settore energetico.

Critiche degli ambientalisti all’accordo sulle emissioni di metano

Gli ambientalisti hanno immediatamente criticato l’accordo dei 50 big del petrolio. Una lettera firmata da oltre 300 gruppi della società civile ha dichiarato che l’impegno è un tentativo di nascondere la necessità di abbandonare completamente i combustibili fossili, dato che le emissioni di metano rappresentano solo uno dei problemi legati alla filiera.

Ad aggiungere, è il caso di dirlo, benzina sul fuoco, è stato il presidente della COP28. Il ruolo affidato a Sultan al-Jaber e la stessa scelta della location per il summit, Dubai, hanno fatto discutere già in tempi non sospetti. C’è chi ha gridato anche al conflitto di interessi, considerando che il ministro è anche amministratore delegato dell’Abu Dhabi National Oil Company. Difficile che con il suo ruolo possa promuovere la fine dell’era dei combustibili fossili.

I media internazionali lo hanno già accusato di aver provato a stringere accordi per la vendita di petrolio con i leader mondiali partecipanti alla Conferenza. A scatenare il caso diplomatico sono state però le dichiarazioni controverse a margine dell’annuncio dell’impegno delle compagnie petrolifere.

Le dichiarazioni controverse del presidente COP28 Sultan al-Jaber

Al-Jaber ha dichiarato che “non esiste alcuna base scientifica” per la graduale eliminazione dei combustibili fossili, necessaria per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C rispetto all’epoca precedente all’industrializzazione.

L’amministratore delegato dell’ADNOC ha anche negato che il progressivo abbandono del petrolio e del gas possa essere un elemento chiave per uno sviluppo sostenibile, sottolineando che avrebbe come effetto principale quello di riportare il mondo “ai tempi delle caverne“. Le sue parole sono state lecitamente etichette come vicine al negazionismo climatico e inadeguate per il ruolo ricoperto come capo della COP28, che lo rende un garante di neutralità rispetto alle tematiche trattate.

Scienziati e leader mondiali contro il presidente COP28: “Negazionista”

La comunità scientifica è insorta, dato che le dichiarazioni del leader arabo sono apparse anche in contraddizione con quelle di António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. “La scienza è chiara” a proposito della soglia limite di 1,5 °C, che è possibile impedire “solo se smettiamo di bruciare ogni tipo di combustibile fossile”.

Il numero uno dell’ONU ha fatto sapere che la soluzione contro il riscaldamento globale non è quella di ridurre o abbattere l’uso di petrolio e gas, ma eliminarli “gradualmente” e “con tempistiche chiare”.

Il botta e risposta è stato descritto come uno “scambio rivelatore, preoccupante e bellicoso” da parte di Bill Hare, amministratore delegato di Climate Analytics. “Rimandarci nelle caverne è il più antico dei luoghi comuni dell’industria dei combustibili fossili: rasenta la negazione del cambiamento climatico“.