Giorgetti dice che ci sarà una procedura Ue per deficit eccessivo contro l’Italia: cosa significa

Secondo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, la Ue raccomanderà la proceduta per disavanzo eccessivo contro l'Italia. Perché e quali conseguenze

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la Ue raccomanderà la proceduta per deficit eccessivo contro l’Italia. Essendo terminata a fine 2023 la sospensione del Patto di Stabilità, in base all’indebitamento netto registrato dall’Italia lo scorso anno, è “scontato” che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti del nostro Paese, così come di diversi altri. Vediamo cosa significa e in cosa consiste la procedura per disavanzo eccessivo e quali conseguenze ha.

Giorgetti: “Scontata” procedura Ue per deficit eccessivo

In audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulla riforma della governance economica Ue, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato che “è scontato” che da Bruxelles arrivi il via libera alla procedura per deficit eccessivo contro l’Italia.

A fine 2023 è ripartito il Patto di Stabilità, cioè l’insieme di norme che disciplina il coordinamento delle politiche fiscali dei Paesi dell’Unione, che era stato sospeso durante la pandemia e poi anche dopo a causa della crisi energetica. Ora, come ha spiegato Giorgetti, in base all’indebitamento netto registrato dall’Italia lo scorso anno, pari al 7,2% del Pil secondo le prime stime Istat, è naturale che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia.

Al 31 dicembre 2023, l’esposizione dello Stato si è attestata intorno ai 300 miliardi di euro, pari a circa il 14,4% del Pil, in calo rispetto al 15,9% del 2022 e ai picchi raggiunti durante il Covid, che hanno toccato il 16,1% del Pil, ma ancora lontana dal 4,9% del 2019.

Il livello del debito pubblico italiano “per evidenti ragioni di sostenibilità, richiede la massima ponderazione delle risorse da destinare alle singole politiche pubbliche e, oramai, l’innegabile necessità di misurare e monitorare gli effettivi benefici di ogni singola spesa”, ha detto ancora il ministro.

I vincoli della nuova governance europea richiedono “un cambio di prospettiva” sulle garanzie pubbliche che, “dalla fase emergenziale, ci riporti progressivamente verso un percorso ordinario”, ha proseguito Giorgetti, che ha sottolineato anche come l’indagine conoscitiva possa essere l’occasione per valutare, “come d’altronde suggerito anche dal Parlamento”, la necessità di eventuali e ulteriori aggiustamenti utili a superare le criticità dell’assetto contabile interno, “non direttamente connesse al processo di riforma delle regole europee, che l’esperienza degli ultimi anni ha fatto emergere”.

Giorgetti auspica che in questa sede si possa instaurare un “dialogo proficuo” finalizzato ad aggiornare l’assetto normativo, tenendo conto delle riflessioni delle diverse istituzioni e dei dati dalle prassi degli ultimi anni.

Procedura Ue per deficit eccessivo: cos’è 

Ma in cosa consiste la procedura Ue per deficit eccessivo? La cosiddetta procedura per i disavanzi eccessivi (Pde) è un’azione pensata per fare in modo che i Paesi dell’Unione correggano i livelli di disavanzo eccessivo e/o di debito. Disciplinata dall’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, è l’azione che sostiene il cosiddetto “braccio correttivo” del Patto di stabilità dell’Unione.

Il Patto di stabilità, che sulla base dell’accordo dei 27 verrà riformato, ha infatti l’obiettivo di assicurare la solidità delle finanze pubbliche dei Paesi membri dell’Unione, attraverso due cosiddetti “bracci”: il braccio preventivo, che assicura che la politica fiscale dei Paesi dell’Unione sia condotta in modo sostenibile; e il braccio correttivo, che stabilisce quali azioni devono intraprendere i Paesi nel caso in cui il loro debito pubblico o disavanzo di bilancio venga considerato eccessivo.

Ogni anno proprio ad aprile, i Paesi della zona euro presentano i propri programmi di stabilità alla Commissione e al Consiglio, mentre i Paesi terzi presentano i cosiddetti programmi di convergenza. Un programma di stabilità o di convergenza deve includere gli obiettivi di bilancio a medio termine del Paese, e indicazioni su come questo verrà raggiunto. Deve contenere inoltre un’analisi degli effetti dei possibili cambiamenti rispetto ai principali assunti economici della posizione fiscale del Paese.

I programmi vengono esaminati dalla Commissione. Se i criteri non sono soddisfatti, il Consiglio avvia una Pde in base alle raccomandazioni della Commissione.

Dunque, la Commissione europea può avviare una procedura per disavanzo eccessivo contro un Paese dell’Unione se:

  • il Paese ha oltrepassato o rischia di oltrepassare la soglia di disavanzo del 3 % del Pil, oppure
  • il Paese ha violato la regola europea del debito pubblico, e cioè ha superato un livello di debito pubblico superiore al 60% del Pil che non diminuisce a un ritmo soddisfacente, o a un ritmo tale per cui il divario tra il livello del debito e il riferimento del 60% si riduca di un ventesimo all’anno (in media, su 3 anni).

Cosa succede se viene attivata la procedura

La procedura richiede al Paese di fornire un piano di azione correttivo con una timeline precisa per le scadenze per realizzare gli obiettivi. I Paesi della zona euro che non danno seguito alle raccomandazioni rischiamo sanzioni, anche pesanti.

Prima di tutto la Commissione europea prepara una relazione, su cui l’Ecofin-Comitato economico e finanziario formula un parere. Se il Consiglio ritiene che ci sia uno scostamento eccessivo rispetto ai criteri dell’Unione, adotta delle raccomandazioni. A questo punto lo Stato ha da 3 a 6 mesi di tempo per dimostrare che sta mettendo in campo tutte le azioni possibili.

Se questo non succede, il Consiglio può percorrere tre strade: formulare altre richieste al Paese, invitare la Bei-Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la politica di prestiti verso quello Stato, richiedere al Paese di creare un deposito infruttifero presso l’Unione fino alla correzione del disavanzo eccessivo, o ancora – extrema ratio – comminare sanzioni.

La procedura di infrazione si chiude quando lo Stato ha corretto il disavanzo eccessivo.

Quali conseguenze per l’Italia

Tra i 27 Paesi Ue è Malta a detenere il primato di maggior numero di procedure di infrazione avviate. L’Italia è invece il Paese con all’attivo il maggior numero di relazioni iniziali per eventuali procedure per deficit eccessivo, ben 9. Ma solo in 2 casi il Consiglio europeo ha effettivamente dato seguito alle indicazioni approvando la procedura per disavanzo eccessivo.

Il primo nel giugno 2005, ai tempi del governo Berlusconi III: l’Italia chiuderà la procedura solo 3 anni dopo, nel 2008. Il secondo nel dicembre 2009, sempre Berlusconi, questa volta IV, che si chiude nel 2013. L’ultima relazione contro l’Italia, che però non si è trasformata in procedura, risale al novembre 2018, sotto il governo giallo-verde M5S-Lega, con Conte e Salvini.

Se, come praticamente certo, quest’anno la Ue aprirà la procedura contro l’Italia, per il governo a guida Meloni si imporrà un ulteriore percorso di aggiustamento, di solito di durata triennale, che generalmente prevede sia una correzione del deficit di 0,5% del Pil l’anno, sia strutturale.

Tuttavia, l’Italia e gli altri Paesi ad alto debito sono riusciti a strappare alla Commissione uno sconto sui correttivi, in virtù dell’aumento nella spesa per interessi dovuta all’inflazione e al rialzo dei tassi da parte della Bce. Al momento l’entità di questo sconto non è ancora nota, ma significa che l’aggiustamento richiesto all’Italia sarà più basso dell’0,5%.

Def entro il 10 aprile

Intanto il Def-Documento di economia e finanza verrà presentato al Parlamento “a breve, entro il 10 aprile“. In base alle istruzioni della Commissione, avrà probabilmente una conformazione leggermente diversa rispetto al passato, “sicuramente più leggera”.

Questo Def sarà l’ultimo sottoposto all’esame delle commissioni, dal momento che la prima e la terza sezione – rispettivamente, Programma di Stabilità e Programma nazionale di riforma – saranno rispettivamente assorbiti dal Piano fiscale-strutturale di medio termine e dal Rapporto di monitoraggio. Quanto alla seconda sezione e agli allegati al Def attualmente previsti, il governo Meloni ha avviato una riflessione sui contenuti ancora necessari e sui documenti nei quali declinarli.

“La fisionomia” del nuovo Piano fiscale-strutturale e del Rapporto di monitoraggio annuale previsti dalle nuove regole Ue “comporterà la necessità di rivedere le disposizioni che disciplinano la tempistica e i contenuti del Documento di Economia e Finanza”, spiega ancora il ministro.

A livello europeo la definizione delle informazioni di dettaglio dei due nuovi documenti è ancora in via di elaborazione. In particolare, prosegue Giorgetti, dai programmi di lavoro dei comitati tecnici emerge che un nuovo Codice di condotta sarà divulgato non prima della fine dell’anno in corso. Tempistica simile per la guidance definitiva sul Rapporto di monitoraggio e, infine, per gli adeguamenti che si renderanno necessari alle linee guida per il Documento programmatico di bilancio.