Pil debole, contraccolpo nel primo trimestre 2024 per la crisi nel canale di Suez

Confindustria conferma la prospettiva sul Pil nel 2024, frenato dalla crisi nel canale di Suez e la crescita del prezzo del petrolio

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Redazione

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Il centro studi di Confindustria ha confermato la prospettiva sul Pil del primo trimestre 2024. I tecnici hanno spiegato che l’economia italiana è sostenuta e stabile, ma diversi fattori stanno frenando e mettendo a rischio il Pil. Tra questi rientra sicuramente la crisi nel canale di Suez, ma non solo.

A rallentare Pil e l’economia italiana c’è il rincaro del petrolio, un problema non solo di milioni di famiglie, ma anche aziende, con conseguenze sulla spesa media. A questi due fattori si aggiunge il taglio dei tassi, che è stato rinviato ancora e il credito alle imprese, che resta in calo.

Compensa l’inflazione, che è rimasta stabile a febbraio (+0,8 annuo). I dati Istat segnalano infatti che si attenua la flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici, che a febbraio si attesta al -17,3% (dal -20,5% di gennaio). Si riduce inoltre a +3,4% il tasso di crescita in ragione d’anno dei prezzi del “carrello della spesa” (da +5,1% di gennaio), mentre l’inflazione di fondo si attesta al +2,3% (da +2,7% del mese precedente).

Perché il Pil è “debole”: i dati della frenata letti da Confindustria

Il centro studi di Confindustria ha pubblicato una congiuntura flash per raccontare come i servizi siano in crescita, mentre l’industria resta stabile. A preoccupare è però la previsione su Pil, frenato nel primo trimestre 2024 da diversi fattori. Tra questi il taglio dei tassi, rinviato a giugno, ma anche la crisi nel canale di Suez.

Dalla revisione Istat, la crescita italiana è stata più robusta nel 2023 rispetto alle stime precedenti, ma è frenata. Per quanto sostenuta dall’inflazione bassa e da una conseguente fiducia delle famiglie in aumento, diversi fattori ne inficiano i risultati. Si tratta, per esempio, del protrarsi della crisi nel canale di Suez dovuto al blocco delle navi da parte dei ribelli Houthi dello Yemen. Questi, nel tentativo di boicottare Israele, da mesi continuano ad attaccare le navi di transito nello loro spazio di mare, un tratto fondamentale per le rotte commerciali da e verso il Mediterraneo. Gli interessi italiani ne escono compromessi. Anche se il commercio mondiale è aumentato (+0,5%), questo risente della contrazione dei mesi precedenti. Le difficoltà del trasporto marittimo, che rappresentano il 90% degli scambi globali, si fanno sentire e i costi continuano a crescere.

Inoltre il petrolio continua a rincarare. Mentre il prezzo del gas è in fase di discesa (pur restando alto rispetto ai livelli pre-crisi), il petrolio prosegue verso la salita del prezzo. Un livello storicamente elevato, che comporta una scorta di greggio in discesa (-56 milioni di barili a febbraio da settembre 2023). Questo è dovuto, come spiega la nota di Confindustria, dalla domanda “tirata dagli emergenti, l’offerta è limitata dai cali nei paesi Opec ed ex-Urss, nonostante l’aumento negli USA”.

Inflazione e taglio dei tassi rinviato: le prospettive

Si apprende, secondo i dati Istat, che l’inflazione italiana è rimasta bassa e stabile a febbraio (+0,8% annuo), con i prezzi energetici (-17,3%) che non risentono finora del caro-petrolio e quelli core in frenata (+2,2%). Tuttavia la media dell’Eurozona resta alta e sopra la soglia della Banca centrale Europea.

Le attese sull’inflazione infatti sono salite e per questo a marzo la Bce ha lasciato i tassi fermi (4,50%). Il taglio dei tassi è stato rinviato a giugno, nella speranza, ancora una volta, di vedere i risultati della strategia.