Il 2024 anno di tensioni e rischi economici, le previsioni di Confindustria

Un 2024 che si apre con nuove tensioni e con ulteriori rischi per i flussi commerciali, dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez

Foto di Giorgio Pirani

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Nella sua analisi mensile denominata “congiuntura flash”, il centro studi di Confindustria segnala che l’inizio del 2024 sta presentando una serie di “nuove tensioni e rischi” significativi per l’economia italiana. Questa situazione è attribuibile alla considerevole diminuzione dei transiti nel canale di Suez, causata dagli attacchi perpetrati dal gruppo yemenita degli Houthi. Fino a questo momento, i prezzi del gas e del petrolio non hanno subito variazioni, ma persistono a livelli elevati.

L’analisi di Confindustria: tassi attesi in calo

Confindustria rivela che alla fine del 2023 il Pil italiano potrebbe aver superato le aspettative, con una ripresa nei settori dei servizi e delle costruzioni, sebbene l’industria rimanga debole. Nonostante un’inarrestabile inflazione in Europa, l’Italia mostra segnali positivi con tassi ai minimi. Tuttavia, i tassi potrebbero restare elevati per alcuni mesi.

Gli economisti di Confindustria notano che l’inflazione italiana è scesa a dicembre al 0,6% annuo, rispetto al 0,7%, mentre in Germania è aumentata al 3,8% (da 2,3%) e in Francia al 4,1% (da 3,9%). Questo ha portato l’inflazione media della zona Euro al 2,9% (da 2,4%), con l’Italia che beneficia di una diminuzione più marcata dei prezzi dell’energia rispetto alla Germania.

Nonostante l’aspettativa di un calo dei tassi, Confindustria sottolinea che l’aumento recente dell’inflazione non ha scalfito l’ottimismo dei mercati, ma potrebbe influire sulle decisioni future della Banca Centrale Europea (BCE).

Le riforme riguardanti l’Europa, come l’accordo sul Patto di Stabilità e la mancata ratifica del Mes, non hanno avuto impatto sui tassi sovrani. A gennaio, il rendimento del Btp italiano è stabile al 3,63%, mentre quello del Bund tedesco si attesta al 2,14%, mantenendo uno spread di 149 punti. Questo riflesso delle aspettative di riduzione dei tassi delle banche centrali evidenzia la previsione di una stabilità nei tassi della Fed e della BCE nei prossimi mesi, con potenziali tagli a marzo e aprile.

Investimenti e consumi

Il “credito più oneroso” rappresenta un ulteriore peso per le imprese italiane, con un ulteriore aumento del costo del credito a novembre, che si attesta in media al 5,59%. Tuttavia, si osserva una moderata attenuazione della diminuzione dei prestiti per il secondo mese consecutivo (-4,8% su base annua, migliorando rispetto al -6,7% registrato a settembre). Nonostante questa lieve mitigazione, il credito continua a costituire un ostacolo per gli investimenti e i consumi.

I dati sugli investimenti mostrano segnali “meno negativi”, con una dinamica meno sfavorevole nel quarto trimestre rispetto al calo registrato nel terzo. Le condizioni per investire migliorano, sebbene restino complessivamente negative, e le prospettive sulla spesa in beni di capitale sono incoraggianti. Tuttavia, la domanda rimane un fattore limitante, con la fiducia delle imprese in diminuzione. Nel contesto, i consumi appaiono incerti, nonostante un aumento della fiducia delle famiglie.

Il mercato del lavoro, d’altra parte, mostra una crescita positiva con un incremento di 450.000 occupati a novembre rispetto alla fine del 2022. La crescita registrata nei mesi di ottobre e novembre, pari a 122.000 nuovi occupati, è interamente attribuibile ai lavoratori a tempo indeterminato, con un aumento dello 0,9% (+143.000). Nel contempo, si osserva una diminuzione dei lavoratori a tempo determinato (-0,3%) e dei lavoratori indipendenti (-0,3%). Mentre il settore dei servizi mostra una tendenza positiva, si segnala un brusco calo nel settore industriale.

Il peso del blocco di Suez

All’inizio del 2024, il blocco del Canale di Suez rappresenta un ulteriore fattore che pesa sull’andamento economico, e la sua prolungata durata potrebbe peggiorare ulteriormente lo scenario. A livello internazionale, le economie europee mostrano ritmi divergenti, con sofferenze evidenti per Italia e Germania, mentre Spagna e Francia registrano performance positive. Negli Stati Uniti, i dati sollevano dubbi sul rischio di un rallentamento dell’economia. Nel contesto globale, la Cina presenta una buona accelerazione nel quarto trimestre, sebbene si mantengano caute aspettative per il 2024.

L’impatto economico del blocco del Canale di Suez è strettamente legato alla sua durata prolungata. Attualmente, il traffico marittimo nel mar Rosso si è drasticamente ridotto a metà gennaio, e il costo del trasporto container dall’Asia all’Europa è aumentato del 92%. Le rotte marine sono considerate cruciali, dato che oltre il 90% del volume degli scambi globali avviene via mare, e prima della crisi, il 12% transitava attraverso il Canale di Suez.

Per l’Italia, il 54% degli scambi avviene via nave, di cui il 40% passa attraverso il Canale di Suez. Settori potenzialmente esposti includono gli scambi di petrolio e gas, beni elettronici, apparecchi elettrici, prodotti in pelle e macchinari, specialmente con i principali Paesi a est del Mar Rosso, come quelli in Asia e parte del Medio Oriente.

Export incerto per l’Italia

Confindustria ha approfondito il tema dell’export, descrivendo le prospettive come incerte. Nel corso del 2023, l’export italiano ha registrato una contrazione del 1,4% nei primi undici mesi rispetto allo stesso periodo nel 2022. Tuttavia, si sono verificati miglioramenti verso la fine dell’anno, con una stima di ripresa nel quarto trimestre, segnando un aumento del 1,5% in ottobre-novembre rispetto al terzo trimestre.

Nel settore manifatturiero, l’export ha evidenziato una dinamica più positiva, registrando un incremento del 0,6% rispetto a ottobre-novembre 2022. Questo risultato è in netto contrasto con la produzione manifatturiera italiana, che ha registrato una diminuzione del 2,5%, influenzata da una debole domanda interna. Tale discrepanza sottolinea l’importanza cruciale della domanda estera come motore per l’industria manifatturiera italiana e come indicatore della sua competitività.

Le dinamiche dell’export mostrano una notevole eterogeneità. Si sono ridefinite le filiere commerciali, con un aumento delle connessioni con gli Stati Uniti, una marcata diminuzione della quota cinese in Italia nei settori degli elettronici e delle tecnologie dell’informazione, e un significativo aumento degli acquisti di autoveicoli cinesi. Allo stesso tempo, le vendite italiane in Cina si sono dimezzate.

Usa in frenata, bene la Cina

Negli Stati Uniti, la produzione industriale ha mostrato segni di rallentamento a novembre (+0,2%) e dicembre (+0,1%), con un recupero limitato dopo la contrazione registrata a ottobre (-0,8%). Questi dati hanno contribuito a un quarto trimestre negativo, con una diminuzione dell’0,8%. A dicembre, sia l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago che il PMI manifattura sono scesi (47,9 da 49,4), sebbene l’ISM mostri un miglioramento. Nonostante ciò, l’occupazione ha continuato a crescere a ritmi elevati, con 494.000 nuovi posti di lavoro nel quarto trimestre, sostenendo i consumi.

D’altra parte, l’economia cinese ha registrato una accelerazione nel quarto trimestre, superando le aspettative, soprattutto grazie al miglioramento dei consumi. A novembre, la produzione industriale ha segnato la crescita annuale più elevata del 2023 (+6,6%), trainata in particolare dal settore automobilistico (+20,7%). Gli indicatori suggeriscono un ulteriore aumento a dicembre. Tuttavia, le aspettative per il 2024 rimangono prudenti, in linea con una diminuzione delle assunzioni da parte delle imprese registrata negli ultimi quattro mesi.