La politica monetaria di Paolo Baffi

Il pensiero economico di Paolo Baffi, ex Governatore della Banca d'Italia: la svalutazione della lira

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1911 e deceduto nel 1989, Paolo Baffi è stato un celebre economista e banchiere. Dal 1975 al 1979 ha inoltre ricoperto il ruolo di Governatore della Banca d’Italia. Proviamo a riportare di seguito quella che è stata la sua politica monetaria, così come lo scandalo della Banca centrale.

Politica monetaria

Il pensiero di Paolo Baffi in merito alla Banca centrale ruotava intorno alla necessità di riottenere la propria autonomia d’azione. Qualcosa di pesantemente ridotto rispetto al passato, considerando l’immobilizzazione crescente dell’attivo in prestiti all’Erario.

Sotto la sua guida, l’atteggiamento della Banca d’Italia in merito ai problemi connessi con il governo della moneta cambiò radicalmente. Rifacendosi alle tesi menichelliane, ripropose immediatamente la stabilità monetaria come requisito cardine di una crescita economica non effimera.

Il suo pensiero in merito volgeva a favorire il processo di formazione del risparmio, evidenziando il forte legame tra stabilità monetaria e formazione del risparmio. Nel 1976, nel corso dell’assemblea annuale dell’istituto, tenne un discorso e spiegò in maniera chiara il nodo del rapporto tra Banca d’Italia e Tesoro.

La politica monetaria doveva ritrovare spazio, considerando come negli ultimi anni, spiegò, il disavanzo pubblico aveva assunto un ruolo dominante. L’Istituto si era così ritrovato ben al di fuori di qualsiasi processo decisionale, così come estraneo alla fase operativa dei flussi di alimentazione della massa monetaria.

La sua logica prevedeva la restituzione alla Banca d’Italia di un maggiore spazio di manovra, “da compiere nella direzione del contenimento del disavanzo dello Stato”. Al fine di tutelare la lira, il 20 gennaio 1976 Baffi scelse di chiudere il mercato ufficiale dei cambi. Una tutela dalle manovre speculative legate alle dimissioni del quarto governo di Aldo Moro. Una scelta complessa e aspramente criticata anche dall’allora ministro del Tesoro, Emilio Colombo. Prese di fatto le distanze dalla Banca d’Italia, con la lira che subì una svalutazione superiore al 6%, per poi riaprire il mercato soltanto a marzo di quell’anno.

Scandalo Banca d’Italia

Come detto, Paolo Baffi fu Governatore della Banca d’Italia dal 1975 al 1979. Il suo percorso si interruppe in concomitanza con il suo essere incriminato per favoreggiamento e interesse privato in atti d’ufficio. Ci fu un’inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza.

Scattarono le manette per il vicedirettore Mario Sarcinelli, mentre Baffi poté evitarle per l’età avanzata raggiunta. Nello specifico sono stati accusati di non aver trasmesso alla magistratura il rapporto compilato in seguito a un’ispezione al Credito industriale sardo.

L’analisi della vicenda portò però molti a supporre una vera e propria vendetta politica, dopo aver preso di mira Italcasse e il Banco Ambrosiano. Generale indignazione legata all’operato della magistratura, con svariate manifestazioni di solidarietà nei confronti di Baffi e Sarcinelli. Ben 147 economisti firmarono un appello in loro favore. Una vicenda che fece scalpore anche oltreoceano, dove il New York Times parlò esplicitamente di “assalto alla Banca d’Italia”, paragonando il tutto all’agguato delle Brigate Rosse in via Fani.

Anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini difese la posizione di Baffi. Nel 1981 vennero entrambi integralmente prosciolti, ma ormai l’ex Governatore si era già dimesso: “Non posso continuare a identificarmi col sistema delle istituzioni che mi colpisce o consente che mi si colpisca in questo modo”.