Melchiorre Gioia, la statistica applicata all’economia

Melchiorre Gioia e la predilezione per la statistica, oggettiva e indiscutibile, in grado di garantire un diverso approccio all'economia

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1767 e deceduto nel 1829, Melchiorre Gioia è stato un economista, politico e intellettuale di grande fama. Al suo tempo è stato considerato il grande “restauratore” delle scienze economiche, così come “l’instauratore” di quelle statistiche.

Nel 1807 venne nominato direttore dell’istituendo Ufficio di statistica del Regno, salvo poi subire un gravoso esonero un anno dopo, considerando le sue dure critiche all’establishment napoleonico.

Con l’avvento della Restaurazione, però, ha saputo imporsi nel mondo intellettuale lombardo. Ne è stato uno dei principali esponenti e proprio in questa fase, a partire dal 1815, pubblicò i suoi maggiori trattati, come la Filosofia della statistica, del 1826. Un volume che non rappresentò però di certo il suo primo approccio alla materia economica. A Milano, nel 1802, apparve di già la sua opera organica economica, poggiandosi sulle spalle di Pietro Verri.

Economia e statistica

L’attività di Melchiorre Gioia è stata rivolta quasi esclusivamente agli studi di economia e statistica. È stato di fatto uno dei primi ad applicare i concetti statistici alla gestione economica dei conti pubblici.

Nei suoi appunti, pubblicati in Logica statistica, ha parlato di soggettività in certi ambiti in questa maniera: “Il piacere e il dolore dipende spesso dal temperamento diverso in ciascun uomo; il timore la speranza dall’immaginazione, parimenti diversa in tutti gli individui. Quello che sembra utile, e vero ad alcuno deve necessariamente sembrare dannoso e falso ad altri”.

Ecco in breve spiegata la sua assoluta predilezione per la statistica. Questa presenta la realtà attraverso un ordine predeterminato. Ciò è vero per tutti e consente una percezione unica di quanto accade in società. Per l’economista tutto ciò si traduceva in una vera e propria logica descrittiva.

Ciò vuol dire avere a disposizione i fatti, puri e semplici, seppur adattati in determinati schemi. Se ne ottiene un ordine logico, il che innesca comportamenti volti a indirizzato in maniera appropriata l’azione pubblica.

In una società costantemente soggetta a cambiamenti e trasformazioni repentine, il ruolo delle tabelle diventa cruciale. Bisogna infatti “armarsi” di dati e fatti. Melchiorre Gioia riuscì a comprendere, in anticipo su tantissimi, che ruolo sarebbe spettato alle statistiche nel secolo successivo.

L’evidenza della statistica

Poter contare sulle statistiche, su schemi, numeri e dati certi e inoppugnabili offre nelle mani dei governanti uno strumento di persuasione unico nel suo genere.

Lasciandosi guidare da elementi non sottoposti in alcun modo alla soggettività, si può indirizzare la collettività verso degli obiettivi utili per la società tutta. Ciò pone l’accento sull’intervento del governo nell’economia e, come spiegato da Gioia stesso in Nuovo prospetto, “si sarebbe in grado di dissipare la nebbia dell’ignoranza grazie all’evidenza delle idee più utili”.

L’economista era certo del fatto che le indagini statistiche dovessero servire ai governanti soprattutto per riuscire a intraprendere degli specifici corsi d’azione positivi. Nella sua analisi dell’animo umano, si era convinto del fatto che la nostra natura fosse sorretta dal principio del piacere. Chi deteneva il potere, dunque, avrebbe dovuto ricorrere a degli incentivi, e non a divieti. Ciò perché i comandi che consentono “felicità addizionali” appaiono più efficaci nella diffusione tra il popolo.