In Italia sugli investimenti decidono gli uomini: comandano nel 78% delle famiglie

Un nuovo rapporto svela il maggior potere decisionale degli uomini all'interno delle famiglie per quanto riguarda gli investimenti

Foto di Matteo Runchi

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 30 Luglio 2024 16:30

Un nuovo rapporto sugli investimenti delle famiglie italiane ha rivelato una situazione molto squilibrata per quanto riguarda il gender gap nel controllo delle risorse economiche del nostro Paese. All’interno dei nuclei italiani, gli uomini infatti prenderebbero le decisioni relative alle finanze della famiglia nel 78% dei casi. Uno squilibrio che relega le donne al 22% delle decisioni, un dato però parzialmente ingannevole per la quantità sempre crescente di nuclei composti da una sola persona.

Il dato mostra in maniera molto evidente uno dei problemi più pressanti dell’economia italiana: la differenza di ricchezza, di potere e di retribuzione tra uomini e donne, l cosiddetto gender gap. Nelle classifiche internazionali, il nostro Paese si piazza in posizioni molto basse per questa metrica e le politiche degli ultimi anni hanno solo parzialmente tamponato la situazione.

Chi investe in Italia: l’identikit

La Consob, l’organismo che monitora i mercati finanziari italiani, ha pubblicato un nuovo rapporto sulle tendenze degli italiani in fatto di investimenti, analizzando i dati delle famiglie. L’investitore italiano medio ha uno stipendio non superiore a 3mila euro, gestisce meno di 50mila euro, ha tra i 45 e il 54 anni, è sposato ed è un uomo. Questo identikit sottolinea alcune delle tendenze emergenti all’interno della demografia e dell’attività finanziaria delle famiglie italiane, ma ne nasconde altre.

Ad esempio, la fascia di popolazione prossima alla pensione, tra i 55 e i 64 anni, ha la stessa rilevanza di quella tra le più economicamente attive, quella tra i 35 e i 44 anni. Anche se buona parte delle persone gestisce meno di 50mila euro, quasi un terzo degli investitori ha una disponibilità finanziaria che parte da quella cifra fino ad arrivare a 250mila euro. Così come un terzo delle persone oggetto dello studio guadagna tra i 3 e i 5mila euro.

La maggioranza delle persone che investe in Italia, il 42%, gestisce da solo le proprie finanze scegliendo personalmente come far fruttare i propri risparmi. Una percentuale quasi equivalente però, il 40%, chiede anche aiuto professionale a esperti pagati per questo, ma non delegati. Importante anche la percentuale di persone che, anche affianco a queste due opzioni, aggiunge una richiesta informale di aiuto, il 32%. Marginale invece la percentuale di chi chiede aiuto informale a esperti, il 9%, delega direttamente il proprio investimento a un professionista, il 6% o si affida ai social network completamente, il 3%.

Gli italiani inoltre preferiscono investimenti a medio termine. Il 38% impegna il proprio denaro tra i 3 e i 5 anni, mentre il 24% punta a periodi ancora più brevi, tra gli 1 e i 3 anni. Questo conferma l’attaccamento della popolazione italiana alla liquidità, che preferisce avere a disposizione piuttosto che far fruttare con investimenti più a lungo periodo. Anche solo il medio lungo termine, tra i 5 e i 10 anni di impegno, è considerato solo dal 22% delle famiglie, mentre un marginale 7% sceglie di puntare su prodotti o progetti che vanno oltre la prospettiva dei 10 anni.

L’età spesso avanzata dagli investitori italiani li rende spesso esperti. Il 45% di loro afferma di avere oltre 10 anni di esperienza, il 16% tra i 6 e i 10 anni e il 19% tra i 3 e i 5. Percentuali marginali rappresentano coloro che hanno meno di 3, 2 o 1 anno di esperienza. Oltre all’età però, c’è un’altra caratteristica che distingue l’investitore italiano: è quasi sempre, più precisamente nel 78% dei casi, un uomo.

Chi decide gli investimenti in Italia

Proprio questo dato è al centro di una riflessione approfondita all’interno del rapporto Consob sugli investimenti delle famiglie. È infatti emerso dal campione che il 78% delle persone che prendono decisioni per l’utilizzo delle finanze della famiglia è un uomo, spesso di età superiore ai 50 anni. Le donne sono infatti relegate a un ruolo relativamente marginale, ricoprendo questo ruolo a malapena nel 22% dei casi. Questi dati però, come spiegato dal rapporto stesso, nascondono una realtà forse ancora più polarizzata di quanto non emerga da queste percentuali.

Il campione delle donne analizzato è stato infatti scorporato nell’effettiva situazione familiare delle donne rilevate dal rapporto. In demografia, una famiglia è un nucleo composto da un qualsiasi numero di persone che vive in maniera indipendente. Quindi può essere composto anche da una singola persona. Del 22% delle donne che prendono decisioni finanziarie, solo il 57% è sposato. Le altre sono o single, nel 21% dei casi, o vedove, stessa percentuale. Di conseguenza le donne che effettivamente prendono decisioni anche per il proprio partner son il 12% della popolazione totale circa.

La ragione dietro a questo problema è spiegata dal rapporto stesso. In Italia, all’interno dei nuclei familiari, la caratteristica principale per avere il potere di prendere le decisioni finanziarie relative ai risparmi del nucleo stesso è essere la persona che contribuisce maggiormente alle entrate. Questo tratto culturale si affianca a un problema strutturale dell’economia del nostro Paese, che relega le donne a ruoli lavorativi di minor retribuzione e in generale ne penalizza la carriera e gli stipendi. Un fenomeno chiamato comunemente divario di genere o gender gap.

Il problema del gender gap negli investimenti delle famiglie

Come riportato anche all’interno del rapporto di Consob sugli investimenti delle famiglie, il gender gap negli investimenti in Italia è il frutto del più ampio problema di divario di genere che affligge il nostro Paese. La norma sociale che prevede che sia la persona che maggiormente contribuisce alle entrate del nucleo familiare a prendere le decisioni finanziarie relega le donne a un ruolo secondario dando vita a distorsioni di potere molto significative nell’utilizzo del denaro.

La composizione del campione riflette infatti varie rilevazioni, citate dal rapporto stesso, che hanno immortalato la situazione del divario di genere italiano nel 2024. Secondo il Global Gender Gap Report 2024, l’Italia è all’87° posto su 146 Paesi per quanto riguarda la parità di genere per quanto riguarda quattro diversi ambiti: quello economico, quello dell’istruzione, quello della salute e quello della leadership politica. In particolare, per quanto riguarda la parità salariale, l’Italia è ancora lontanissima da un piano di equità, classificandosi soltanto al 95° posto.

A seconda dell’inquadramento, le donne italiane guadagnano, per lo stesso ruolo degli uomini, tra i 3mila e i 16mila euro in meno lordi ogni anno. Una distanza salariale che si riflette poi in famiglia, rendendo il loro apporto alle finanze secondario e togliendo loro potere decisionale.