Federal Reserve pronta a una nuova stretta sui tassi d’interesse

Le Minutes dell'ultimo incontro di politica monetaria della banca centrale USA offrono indicazioni sulle valutazioni effettuate dai banchieri e sulle loro opinioni circa il da farsi

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Redazione

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Dalla Fed arriva il segnale di una nuova stretta sui tassi d’interesse, anche se i  funzionari del FOMC si sono divisi sull’opportunità di un nuovo aumento. E’ quanto emerso dalle Minutes (verbali) dell’ultimo incontro di politica monetaria de 19-20 settembre, che ha confermato tassi d’interesse nella banda compresa fra il 5,25% ed il 5,50%.

Nonostante le opinioni contrastanti sulla necessità di un ulteriore inasprimento della politica monetaria, i banchieri sono concordi nel ritenere che i tassi dovrebbero rimanere elevati finché l’inflazione non si riporta al 2%.

Cresce così l’attesa peer i dati aggiornati dell’inflazione USA, in calendario per oggi, mentre la crescita dei prezzi alla produzione superiore alle aspettative anticipa una possibile accelerazione dei prezzi al consumo. Accelerazione che potrebbe essere stata indotta dalla recente impennata delle quotazioni petrolifere.

Banchieri divisi su prossimi aumenti

“La maggioranza dei partecipanti ha ritenuto che un ulteriore aumento del tasso di riferimento dei Fed Funds in una riunione futura sarebbe probabilmente appropriato, mentre alcuni hanno ritenuto che non sarebbero giustificati ulteriori aumenti”, si legge nei verbali. La banca centrale statunitense ha alzato undici volte il costo del denaro da marzo 2022, portando i tassi di interesse USA ai massimi da 22 anni. Almeno due terzi dei membri del FOMC ritengono che un ulteriore rialzo dei tassi prima della fine dell’anno sia necessario. E infatti, i rendimenti del Treasury decennali dalla riunione di settembre sono aumentati di circa mezzo punto, incorporando già il nuovo aumento del costo del denaro.

Un’economia forte nonostante stretta Fed

Dai verbali della Fed è emersa una resilienza economica maggiore di quanto si pensasse in precedenza. I dati disponibili al momento dell’incontro dello scorso settembre suggerivano che il PIL reale stava aumentando a un ritmo sostenuto nel terzo trimestre. I membri del FOMC hanno quindi convenuto che l’attività economica si è espansa a un ritmo sostenuto e, di conseguenza, che l’aggettivo più appropriato per definite il tasso di espansione dell’economia sia “solido” invece che “moderato”.

Il mercato del lavoro ha continuato a rimanere in tensione, con un tasso di disoccupazione ai minimi storici ed una  crescita dei posti di lavoro ancora forte, seppur in rallentamento. Le condizioni del credito bancario sono apparse leggermente inasprite, ma il credito alle imprese e alle famiglie è rimasto generalmente accessibile, il che esclude l’ipotesi di una stretta  creditizia (credit crunch). L’inflazione si conferma ancora elevata e comunque superiore al target del 2% assunto quale riferimento dalla Fed.

Restano incertezze sul futuro

I membri del FOMC hanno notato che permane un elevato grado di incertezza sulle prospettive economiche. Fra le principali fonti d’incertezza si segnala lo sciopero dei lavoratori del settore automobilistico, la cui intensificazione implica un sia un rischio al rialzo per l’inflazione sia un rischio al ribasso per l’attività.

C’è poi un rischi al rialzo per l’inflazione derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia, che potrebbero annullare gli effetti della recente disinflazione o implicare il rischio di un’inflazione più persistente del previsto. Vi sono poi rischi al ribasso per l’attività economica derivanti da tensioni nel settore bancario e la possibilità che il rallentamento economico in Cina possa tradursi in un freno alla crescita economica globale.  Anche l’ipotesi di uno shutdown prolungato del governo americano potrebbe avere conseguenze  negative, seppur temporanee, sulla crescita economica degli Stati uniti.