Il 2022 è stato un anno da dimenticare dal punto di vista dei rincari: nel settore agroalimentare i prezzi all’ingrosso hanno chiuso con aumenti medi annui che sono andati ben oltre la doppia cifra percentuale. Per quanto negli ultimissimi mesi il trend si sia leggermente normalizzato, i prezzi dei cibi che mangiamo restano ancora molto elevati. Troppo, rispetto a quanto pagavamo una anno fa, cioè a fine 2021.
La buona notizia è che i primi segnali di rallentamento dell’inflazione si iniziano a intravedere anche sui consumi, dove la crescita annua dei prezzi di cibo e bevande analcoliche a dicembre è scesa al +13,1%, rispetto al +13,6% di novembre. Ma vediamo meglio nel dettaglio com’è andata a dicembre 2022.
Indice
Quali cibi costano di più a dicembre
Come evidenzia l’ultimo report elaborato da Unioncamere, a dicembre alcuni cibi hanno continuato la loro corsa al rialzo iniziata nei mesi scorsi e accelerata a novembre.
In particolare, gli ortaggi a foglia da cottura hanno segnato addirittura un +12,6% rispetto a novembre. Aumento stratosferico – un vero record – per i broccoletti, il cui prezzo è volato a +81,7%. Male anche:
- bietole +2,5%
- spinaci +2,4%
- cicoria, +1%.
Forte anche l’impatto dei prezzi sulle bacche, che segnano un +7,1%:
- cetrioli: +30,4%
- fagiolini +27,9%
- melanzane +46,9%
- zucchine + 4%.
Prezzi in crescita anche per gli ortaggi a media conservazione, che arrivano a +5,6%. Prezzi all’ingrosso in aumento si sono registrati anche per:
- cavoli broccoli +11,1%
- cavolfiori +15,1%
- finocchi +1,3%.
Situazione stabile, invece, per peperoni (-2,3%), pomodori da insalata (-4,8%) e zucchine (4,0%). Piccolissime variazioni per le insalate (3,9%), in buon equilibrio fra domanda e offerta.
Prezzi all’ingrosso in netta crescita su base mensile anche per i mandarini (34,5%), che si contraddistinguono rispetto al mercato ortofrutticolo, che invece finalmente vede la luce in fondo al tunnel.
Per quanto riguarda il comparto oli e grassi, questo ha registrato un +1,2%, con l’olio d’oliva schizzato ancora una volta a +6,5%.
Per quanto riguarda il settore dei cereali, chiusura d’anno all’insegna della debolezza, con un andamento in linea con la generale tendenza dei grani e dei prodotti derivati. Nonostante la flessione, il confronto anno su anno si mantiene positivo (+10% rispetto a dicembre 2021). Inoltre, il bilancio del 2022 ha evidenziato una decisa crescita dei prezzi che, nella media, rivelano un aumento del +46% rispetto al 2021.
Tra i formaggi, quasi tutti a dicembre hanno subito piccoli rialzi. Tra i prodotti a lunga stagionatura (+0,8% rispetto a novembre) si conferma l’aumento del Grana Padano (+1,1%), mentre continua nel suo andamento orizzontale il Parmigiano Reggiano. Lieve aumento mensile per la mozzarella di latte vaccino (+1,2%) e il Pecorino Romano (+2,3%), che raggiunge nuovi valori record sfiorando la soglia dei 14 euro al kg, mai raggiunta prima.
Lieve crescita per le uova, che avanzano del +0,9% rispetto ai prezzi medi di novembre, sostenute da una domanda ancora tonica. Si attenua la variazione su base annua delle quotazioni, che scendono al +32% contro il +45% di novembre.
Dopo l’impennata di ottobre-novembre, si sono stabilizzati invece i listini del riso (+0,7% su base mensile), con qualche cenno di calo nella seconda metà di dicembre, dato a cui ha contribuito il rallentamento della domanda, anche a seguito dei livelli record raggiunti dai listini.
Per quanto riguarda le carni, prosegue la crescita dei prezzi per le carni di bovino adulto (+2,8% su base mensile). Su base tendenziale, il comparto delle carni chiude l’anno in territorio positivo, con punte di oltre 30 punti percentuali per le carni di coniglio. Rispetto al 2021, la crescita media annua dei prezzi è stata circa di 20 punti percentuali.
Passando al pesce, tra i pesci freschi di mare segno più a dicembre per:
- cefalo +16%
- triglia +11%
- sgombro +10%.
Cefali, dentici e orate mantengono una variazione su base annua superiore ai 30 punti percentuali. Le trote salmonate conservano la crescita su base annua più elevata (+61%).
Nella categoria “crostacei freschi” ancora in aumento a dicembre le quotazioni dei gamberi rosa (+17% dopo il +13% di novembre) che insieme alle cannocchie (+19%) sono tra le specie tipicamente più presenti nel periodo. Tra i molluschi freschi rimbalzano le quotazioni dei calamari (+10%), che a novembre avevano raggiunto livelli di prezzo particolarmente bassi.
Tra i surgelati si confermano in aumento i pesci surgelati (+15% su base annua). In aumento per la categoria “pesci e frutti di mare secchi, affumicati o salati” i prezzi del baccalà (+11% rispetto a novembre).
Perché sono aumentati i prezzi dei prodotti alimentari a dicembre
Come abbiamo visto, tra i prodotti che sono aumentati di più a dicembre c’è l’olio di oliva, su cui continua a pesare un clima di pessimismo rispetto alle performance produttive della campagna 2022/23. Le quotazioni medie nazionali sono aumentate ancora dopo i mesi scorsi, con la variazione tendenziale che supera persino il +40%. Tensioni arrivano anche dalla Spagna, principale produttore mondiale di olio di oliva, colpito come l’Italia da pesanti contrazioni produttive, con prezzi medi in aumento a dicembre di oltre il +8% su base mensile.
Per quanto riguarda gli ortaggi, a dicembre gli aumenti che hanno interessato cetrioli e melanzane sono stati causati soprattutto da una riduzione degli investimenti relativi ai prodotti in serra, fattore che sta determinando una minore produzione.
Il boom dei broccoletti invece è dovuto sostanzialmente alla forte richiesta durante il Natale e alle difficoltà di produzione dovute agli eventi climatici e ai costi di raccolta. Gli aumenti dei cavoli broccoli e dei cavolfiori sono legati essenzialmente alle difficoltà di raccolta riconducibili al cattivo tempo nelle regioni produttive e l’aumento della domanda con l’avvicinarsi del periodo invernale.
Nel comparto ittico è proseguito a dicembre il calo dei consumi dei prodotti caratterizzati da prezzi alla vendita elevati, nonostante il periodo stagionalmente favorevole in virtù delle festività natalizie. A fare da contraltare la crescita delle vendite dei prodotti a minor costo, a conferma di un riposizionamento della domanda dovuta alle incertezze della attuale crisi economica. Buona parte dei prodotti ittici monitorati conservano una crescita su base annua consistente, seppur in diminuzione rispetto ai mesi precedenti.
Cefalo, triglia e sgombro sono ad esempio aumentati perché sono prodotti a basso costo per i quali si è registrato un aumento della domanda. Nella categoria “pesci freschi di acqua dolce” si mantiene elevata la crescita tendenziale delle quotazioni per la maggior parte dei prodotti, sostenute nel 2022 dall’impennata dei costi energetici a carico degli allevamenti e dal rincaro dei mangimi. Il baccalà cresce per via dei rincari legati principalmente all’aumento dei costi di lavorazione del prodotto, in primis energetici.
Quali cibi costano di meno a dicembre
Quali cibi invece sono diminuiti a dicembre rispetto a novembre? I segnali di rallentamento emersi nel mese di novembre per i listini del latte spot si tramutano in accentuati ribassi a dicembre, con le quotazioni medie che arretrano del -4,1%, contro il -0,7% di novembre.
Il motivo? I principali Paesi produttori che registrano nell’ultimo trimestre sostanziali incrementi produttivi rispetto ai diffusi deficit della prima parte dell’anno. Secondo gli ultimi dati Eurostat, infatti, Germania (+2,3%), Francia (+1,3%) e Olanda (+4,8%), i primi tre produttori di latte in Europa, hanno messo a segno ad ottobre una crescita dei volumi produttivi rispetto ai quantitativi raccolti ad ottobre 2021, portando a questi miglioramenti, riscontrati già a settembre.
A livello di performance complessiva, l’aggregato latte, formaggi e uova chiude però il 2022 con una variazione media annua delle quotazioni del +28,5% rispetto al 2021, a conferma delle tensioni che hanno investito il comparto nel 2022.
Quotazioni super convenienti per i consumatori rispetto all’anno precedente per i carciofi (-56,8%): la campagna 2022 è entrata nel pieno a metà dicembre, con grandi quantitativi, soprattutto per il carciofo violetto.
Nel settore ortofrutticolo, a dicembre nei mercati all’ingrosso si sono osservati tra gli agrumi ulteriori cali per le clementine (-20,8%). Situazione in equilibrio per arance (-3,8%), pompelmi (-3,3%) e limoni (-0,6%): per le prime si si sono registrati consumi stabili, ma domanda non su livelli ottimali soprattutto per le arance rosse, per via delle temperature miti che rendono la pigmentazione molto chiara.
Situazione di stabilità per mele (5,1%) e uva (-0,5%), così come per le pere (1,0%). Per queste ultime, oltre a riscontrarsi la presenza di tutte le varietà nei mercati all’ingrosso, emerge anche una diminuzione di prezzo rispetto all’anno precedente, complici i grandi quantitativi raccolti durante la campagna 2022. Stabili, rispetto a novembre i frutti tropicali, fra cui l’ananas (2,8%%). Per le fragole (-8,5%) si è rilevato un calo, dovuto ad un fisiologico calo della domanda.
Non si arresta la fase di normalizzazione delle quotazioni degli oli di semi, tornati a dicembre (ottavo mese consecutivo con segno “meno”) al di sotto dei livelli immediatamente precedenti alla guerra in Ucraina. Il comparto chiude il mese in calo del -6,5% rispetto ai prezzi medi di novembre, con la variazione tendenziale che gira in territorio negativo (-2,3%) per la prima volta da giugno 2019. Il comparto oli e grassi archivia il 2022 però con una crescita media annua delle quotazioni del +24%, performance trainata nella prima parte dell’anno da burro e oli di semi e nella seconda metà dall’olio di oliva.
La semola lascia sul terreno il -4% rispetto a novembre, sulla scia della flessione registrata per il grano duro. La pesantezza del mercato del grano tenero osservata in chiusura d’anno, complice la buona disponibilità di merce estera, si è ripercossa sulle farine di grano tenero (-1%). Nonostante la flessione mensile, il divario annuo si mantiene ampiamente positivo (+25,9%).
Accelerano al ribasso anche i prezzi all’ingrosso del burro, che dopo il -11% di novembre perdono a dicembre il -13% su base mensile, con la variazione su base annua delle quotazioni che scende al +4% contro il +29% del mese precedente. A incidere, la maggiore disponibilità di prodotto a livello continentale e la normalizzazione dei prezzi delle materie prime energetiche, unite alla recente flessione dei listini del latte, che nelle prossime settimane potrebbe tradursi in una spinta a nuovi ribassi per i prezzi di crema di latte e burro.
Il mercato delle carni oscilla parecchio, visto che evidenzia in chiusura d’anno cali nel comparto avicunicolo e per le carni suine e rialzi per le carni bovine. Dopo tre mesi consecutivi di rincari, cedono il passo i listini della carne di pollo (-2,3% rispetto a novembre) che rimangono comunque su valori elevati. Cenni di calo anche per la carne di coniglio (-0,7%), il primo dopo la striscia positiva iniziata a settembre. Perde leggermente d’intensità la spinta ribassista che ha investito i listini della carne suina da quattro mesi, che si attesta comunque a -1,8%.
Sul pesce, su base tendenziale in forte calo gli scampi (-36% rispetto a dicembre 2021) e i gamberi rossi (-48%), complici i minori consumi nel 2022 a causa degli elevati prezzi di vendita. Crolla anche il prezzo delle seppie, che a dicembre raggiunge il -40% (contro il -23% di novembre). Prosegue la correzione delle quotazioni del salmone affumicato (-10% a dicembre dopo il -11% di novembre), mentre scontano l’andamento negativo dei consumi i frutti di mare surgelati (-11%), prodotti appartenenti tipicamente a fasce di prezzo più elevate. Segno meno anche per le alici (-24%), in virtù di un contesto di condizioni climatiche miti che ha favorito le catture. Il pesce persico segna il -9%.
Infine, il 2022 si chiude all’insegna dei ribassi anche per il comparto dei vini sfusi (-0,8% su base mensile), risultato che dà seguito alla tendenza negativa iniziata a novembre. A soffrire maggiormente i vini comuni, che archiviano al contempo i maggiori cali su base tendenziale.