Il nuovo allarme sul cibo si chiama acrilammide: dove si trova

Scatta l'allerta a tavola per l'acrilammide, una sostanza contenuta in molti cibi che mangiamo: i rischi per la salute dell'uomo e in quali piatti si trova

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Redazione

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Cresce l’allerta per una sostanza che è presente in buona parte dei cibi che portiamo ogni giorno a tavola e che, se consumata in grandi quantità, potrebbe essere parecchio rischiosa per la nostra salute. Dopo avervi parlato più volte degli allarmi sui ritiri alimentari di alcuni prodotti che potrebbero essere stati infettati da alcuni batteri, oggi vi parliamo dell’acrilammide, una sostanza chimica che potrebbe anche essere genotossica e cancerogena.

Cos’è l’acrilammide e i rischi

Parliamo di una sostanza, per l’appunto chimica, che si forma nei prodotti alimentari amidacei durante la cottura ad alte temperature, per esempio in fase di frittura, cottura al forno o in griglia e nelle cotture industriali a più di 120°C. Quasi tutti i cibi che portiamo a tavola hanno presenza di acrilammide, anche se non lo sappiamo. C’è nei panini e nei biscotti, ma anche in fette biscottate, snack ai cereali e altri prodotti tra cui caffè e frutta secca, per non citare altri prodotti più rischiosi come le sigarette.

Si tratta di una sostanza che si forma dalla reazione tra zuccheri e aminoacidi, principalmente l’asparagina, durante la cottura. Il processo che ne deriva è la cosiddetta “reazione di Maillard” ovvero ciò che rende i cibi più croccanti e saporiti. L’acrilammide, a dir la verità, non è una sostanza scoperta da poco, anzi, solo che di recente studi mirati hanno portato la Commissione europea a rivedere il Regolamento sulla presenza della sostanza nei prodotti alimentari in commercio.

Scoperta dagli scienziati della Swedish National Food Administration nel 2002, l’acrilammide è stata protagonista di diversi studi su animali che hanno dimostrato che l’ingestione ad alte dosi aumenta il rischio tumori e problemi neurologici e riproduttivi maschili. “Gli effetti dell’acrilammide sulla salute degli animali sono evidenti, non altrettanto quelli sull’uomo”, precisa Tommaso Filippini, ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze all’Università di Modena e Reggio Emilia.

“C’è tuttavia un’associazione positiva tra l’elevata assunzione di acrilammide e un aumento del rischio di tumori ovarici ed endometriali, specialmente per le donne non fumatrici. Al contrario, c’è una scarsa associazione con il rischio di tumore al seno, eccetto per le donne in premenopausa” aggiunge il ricercatore. L’Efsa già nel 2015, basandosi sugli studi animali, scriveva che l’esposizione alimentare all’acrilammide doveva essere considerata allarme per la sanità pubblica, ma sembra non poter essere definibile una dose giornaliera sicura che non possa causare problemi futuri (qui vi abbiamo parlato dell’allerta sulle aflotossine),.

Nuovi limiti di acrilammide, il parere dell’Ue

Ma allora come è possibile stare attenti e salvaguardare la salute dei cittadini? A rispondere a questa domanda ci ha provato più volte l’Ue che ha spesso fissato nuovi valori di riferimento per la presenza della sostanza negli alimenti già nel 2017 (Regolamento 2158). Si tratta però di valori indicativi e non esiste l’obbligo di riportarli in etichetta in quanto non si tratta di un ingrediente specifico del prodotto e non rispettarli non comporta per i produttori alcuna sanzione.

La Commissione ha comunque invitato a ridurre il più possibile l’acrilammide nei prodotti negli anni, ma a breve farà di più:. Attraverso una discussione tecnica basata sui dati raccolti dagli Stati europei tra il 2020 e il 2022, verranno infatti stabiliti i livelli massimi di acrilammide per alcuni cibi e per molti si rivedranno al ribasso. La decisione arriverà in futuro, probabilmente non prima dell’estate, ma al momento non si può far altro che basarsi sul consiglio degli esperti. Gli studiosi, infatti, hanno dato alcuni suggerimenti come, per esempio, far lievitare gli impasti per oltre due ore, prediligere cotture meno calde e più lunghe.