Smartphone e problemi di salute mentale nei giovani: parte la causa a New York

Gli smartphone sarebbero la causa dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti: genitori fanno causa alle grandi aziende a New York

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Durante la pandemia da Covid-19 sono emersi molti problemi riguardo alla salute mentale di diversi gruppi di persone. A subire di più il peso dell’isolamento sociale e delle chiusure sono stati però i giovani e in particolare gli adolescenti. Nuovi studi e un libro dello psicologo Jonathan Haidt hanno però ipotizzato che questa crisi possa essere cominciata ben prima del 2020.

In “The Anxious Generation”, Haidt addita gli smartphone e in particolare i social network come la causa del lento declino della salute mentale degli adolescenti riscontrato in buona parte del mondo. Una teoria supportata anche da molti genitori dello Stato americano di New York che hanno fatto causa a diverse aziende tecnologiche proprio per i danni che i social avrebbero causato alla salute mentale dei figli

La crisi della salute mentale dei giovani in Italia

La salute mentale dei giovani e in particolare degli adolescenti ha subito un declino lento nel decennio tra il 2010 e il 2020, per poi crollare in maniera molto rapida durante la pandemia. I dati dei ricoveri per autolesionismo e pensieri suicidi sono aumentati in diversi Paesi, anche quelli che hanno una particolare attenzione per le tematiche della salute mentale.

In Italia il problema parte da lontano: “Tra 2011 e 2021 siamo passati da 155 a 1.824 visite l’anno di Pronto soccorso ad adolescenti che necessitavano il supporto del neuropsichiatra. Un decennio di crescita esponenziale nelle richieste di aiuto, tanto che già prima del Covid eravamo arrivati a 1.059 accessi l’anno in urgenza” diceva a marzo 2023 diceva in un’intervista Stefano Vicari, direttore U.o.c. Neuropsichiatria infantile – Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

“Dall’inizio della pandemia abbiamo registrato ben +40% di accessi al nostro Pronto soccorso di giovani e giovanissimi. Ma ciò che forse è più rilevante è che questa percentuale non accenna a diminuire, anzi aumenta, e che ben il 70% deriva da tentativi di suicidio o autolesionismo. Sono 387 quelli dell’ultimo anno. Un quadro impressionante anche per noi addetti ai lavori, che conferma come il Covid sia stato solo la spia o il detonatore di un disagio dei nostri ragazzi” concludeva Vicari, e la situazione non si è riassorbita del tutto negli ultimi anni.

Tra i giovani adolescenti, quelli inclusi nella fascia d’età tra i 14 e i 19 anni, durante la pandemia si è verificato un crollo dell’indice di salute mentale rilevato dall’Istat, che è passato da 73 a 70 in solo un anno e ha faticato a riprendersi nei due anni successivi. Questo dato misura il disagio psicologico, con un punteggio che va da 0 a 100 analizzando i principali aspetti della salute mentale: ansia, depressione, perdita di controllo nei comportamenti e nelle emozioni e benessere psicologico.

Questi dati sono ancora più preoccupanti se si paragonano alla spesa pubblica in tema di sanità mentale. Per i giovani tra i 10 e i 19 anni, i problemi di salute psicologica rappresentano il 16% delle diagnosi. Prima della pandemia però, nel 2019, ad essi era dedicato meno de 3% del fondo per la sanità nazionale. Il bisogno di supporto da parte del sistema sanitario su questi temi è rispecchiato anche dalla velocità con cui sono andati esauriti i fondi per il bonus psicologo negli ultimi anni.

Gli effetti degli smartphone sull’infanzia

Non va meglio nel resto del mondo. In Europa, calcola un’indagine di Telefono Azzurro, ci sarebbero 9 milioni di adolescenti che soffrono di disturbi mentali di diverso tipo. Una situazione frutto di un peggioramento precedente alla pandemia. In Inghilterra, secondo i dati del servizio sanitario nazionale, la percentuale di ragazzi ricoverati per autolesionismo o tentativi di suicidio è aumentata del 50% circa tra il 2007 e il 2016.

In genere, la data di inizio di questi problemi è sempre attorno alla fine del primo decennio del nuovo millennio. Lo psicologo Jonathan Haidt suggerisce che una parte sostanziale della responsabilità di quella che è diventata una crisi sanitaria sia da ricercarsi nella popolarità dei social e degli smartphone. Haidt non chiede un totale blocco delle piattaforme per i minori di una certa età, come sta avvenendo in Florida, né ritiene che i telefoni in sé abbiano una responsabilità propria e intrinseca.

Incolpa piuttosto l’atteggiamento dei genitori nei confronti del rapporto tra smartphone e figli. Molte coppie hanno ritenuto, a torto secondo Haidt, più sicuro tenere i propri figli in casa, davanti a uno schermo ma supervisionati, che lasciarli liberi di esplorare le relazioni sociali tramite il gioco non supervisionato. Sarebbe stato questo a portare ad una minore indipendenza dei bambini e quindi a una maggiore fragilità degli adolescenti negli anni successivi.

La causa di New York contro i social

Non la pensa così, almeno in parte, la città di New York, che ha fatto causa alle aziende proprietarie di social network e varie piattaforme su internet per i danni causati alla salute mentale dei loro giovani utenti. L’accusa sostiene che big tech abbia: “consapevolmente progettato, sviluppato, prodotto, gestito, promosso, distribuito e commercializzato le loro piattaforme per attrarre e creare dipendenza, con una supervisione minima da parte dei genitori”.

Un’accusa di fatto simile a quelle mosse in passato ad altri grandi settori che vendevano prodotti che creano dipendenza, come alcool e soprattutto tabacco. Quello dei social è però anche tra i settori più redditizi di sempre. Le sole entrate pubblicitarie negli USA per gli annunci diretti soltanto agli under 18 sono di 11 miliardi all’anno.

La denuncia della città di New York ha coinvolto Alphabet (proprietaria di Google e Android e YouTube), Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp), Snap Inc. (la società dietro al social SnapChat) e ByteDance (l’azienda cinese creatrice di TikTok). Secondo l’accusa, avrebbero appositamente utilizzato la ricerca psicologica per creare contenuti e metodi di fruizione in grado di dare dipendenza senza prendere alcuna precauzione per i possibili effetti che questi avrebbero avuto sui minori.

Insieme, queste aziende fatturano più di 200 miliardi di dollari ogni anno e rappresentano alcune delle più importanti realtà non solo nel mondo tech, ma in generale nell’economia mondiale, grazie soprattutto all’elevato tasso di diversificazione che sono riuscite a raggiungere negli anni. Le conseguenze di una condanna in questo processo però sono imprevedibili, ma un cambiamento culturale riguardo all’approccio verso minori e social sembra già in corso. Lo Stato americano della Florida ha passato una legge che impedisce ai minori di 14 anni di avere un account su queste piattaforme.