La cristallografia secondo Pierre Curie

Le ricerche di Pierre Curie prima della grande scoperta al fianco di sua moglie Marie Curie: ecco cos'è la cristallografia

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato nel 1859 e deceduto nel 1906, Pierre Curie è stato un ben noto fisico francese. Per sempre il suo nome sarà posto di fianco a quello di sua moglie, Marie Curie. I due hanno infatti consegnato al mondo una cruciale scoperta, valsa loro il premio Nobel per la fisica nel 1903 (insieme con Antoine Henri Bacquerel, ndr).

Cos’è la cristallografia

Prima di cimentarsi nello studio delle radiazioni, di cui parleremo in seguito, Pierre Curie si era dedicato a svariate attività. Tra queste è da annoverare il suo studio della cristallografia, perseguita insieme a suo fratello Jacques Curie.

Vediamo nello specifico di cosa si tratta. È una scienza multidisciplinare, che ha come scopo principale quello di riuscire a fornire informazioni in merito alla struttura della materia, su scala atomica o molecolare. Ci si concentra, inoltre, su come la struttura in sé sia connessa alle proprietà e alla funzione di materiali e molecole di tutte le dimensioni.

Pierre Curie fu un pioniere nel campo della cristallografia che, in seguito, ha trovato una via di connessione molto forte con la radioattività. Un filo rosso che torna a connettere questo ambito scientifico al famoso ricercatore.

La cristallografia a raggi X è infatti il metodo cardine per determinare le conformazioni molecolari delle macromolecole biologiche, come ad esempio degli acidi nucleici, al pari di DNA e RNA. Scoperte che risalgono a un’epoca successiva a quella di Pierre Curie, considerando come la prima struttura cristallina di una macromolecola fu risolta nel 1958.

La scoperta di Pierre e Marie Curie

Nel 1896 Henri Becquerel si rende conto che i sali di uranio emettono radiazioni, tali da impressionare una lastra fotografica. La sua ricerca è portata avanti da Pierre e Marie Curie. In pochi anni, nel 1898 per la precisione, scoprono due elementi chimici dalle caratteristiche simili all’uranio: si tratta di radio e polonio.

Il termine radioattività venne coniato proprio da loro e, come ben sappiamo, tale denominazione è sopravvissuta in maniera intatta fino ai nostri giorni. Pierre Curie e sua moglie hanno tenuto un discorso ben noto e rilevante durante la consegna del Nobel, agli inizi del secolo scorso.

La coppia ha spiegato come queste scoperte abbiano insegnato tanto, a partire dal fatto che speciali forme di radiazioni sono in realtà fenomeni naturali, che si verificano con grande frequenza.

Ciò che il mondo ha guadagnato con il loro lavoro, spiegano, è la capacità di emettere tali raggi in maniera spontanea: “Abbiamo guadagnato nuovi metodi, superiori per sottigliezza rispetto a ogni altro. Ciò per esaminare l’esistenza della materia in natura, sotto certe condizioni. Abbiamo individuato, infine, una nuova fonte d’energia”.

Per quanto al tempo fossero ancora tutte da sondare e verificare, il presidente dell’Accademia Reale di Scienze di Svezia elencò quelle che vennero da subito individuate come le conseguenze chiave di tale scoperta: comprendere in maniera approfondita e dettagliata la natura della materia che ci circonda; ricavare energia. A ciò aggiungiamo, pur non essendo stato segnalato al tempo, come gli esperimenti dei coniugi siano alla base di quella che è oggi la medicina nucleare.