L’Unione Europea ha recentemente imposto un divieto sull’uso di aloe, rabarbaro e altre piante nella produzione di integratori alimentari.
La misura, basata su un parere scientifico dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), ha sollevato però non poche critiche da parte delle principali associazioni italiane del settore agroalimentare. Coldiretti e Filiera Italia, per esempio, non hanno esitato a definirla un caso di “strabismo normativo”, accusando l’Europa di un approccio eccessivamente rigido per i prodotti naturali.
I motivi dello stop in Ue, perché aloe e rabarbaro sono potenzialmente pericolosi
Il divieto dell’Unione Europea sull’uso di aloe e rabarbaro negli integratori alimentari è principalmente legato alla presenza di derivati idrossiantracenici (Had) nelle piante stesse. Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), queste sostanze, se assunte in forma concentrata e purificata, possono avere effetti negativi sulla salute. Nelle analisi scientifiche condotte, è emerso che gli Had, a dosi elevate, potrebbero comportare rischi tossici per l’organismo, con possibili implicazioni per il tratto gastrointestinale e, in alcuni casi, per il fegato.
Secondo alcuni esperti e associazioni di categoria, però, l’Efsa avrebbe applicato standard di valutazione più vicini a quelli farmaceutici per prendere questa decisione, inappropriati per prodotti naturali, dove la concentrazione dei composti è di solito molto più bassa.
L’Unione europea, intanto, ha giustificato la decisione definendola più un approccio precauzionale, mirato a evitare rischi alla salute, sottolineando un’attenzione crescente per la sicurezza degli integratori alimentari, che vengono consumati da una vasta fascia di popolazione in Europa.
Coldiretti e Filiera Italia: “Due pesi e due misure tra naturale e sintetico”
Secondo Coldiretti e Filiera Italia, la decisione dell’Ue su aloe vera e rabarbaro rivela un problema di fondo, ovvero, come accennato, il diverso trattamento riservato ai prodotti naturali rispetto a quelli sintetici.
Vuol dire che da un lato, sostengono le associazioni, si richiede ai prodotti naturali di sottoporsi a un iter autorizzativo complesso e costoso, simile a quello previsto per i farmaci, anche quando non ci sono prove certe della loro pericolosità. Mentre dell’altro, per i prodotti di sintesi – spesso meno conosciuti sotto il profilo della sicurezza a lungo termine – si procede con meno rigore e con parametri molto più permissivi.
Il timore è che “la Commissione decida di operare con gli occhi bendati, senza preoccuparsi dei rischi che il settore agroalimentare europeo potrebbe correre”, scrivono nel loro comunicato le due associazioni. Sottolineando che “l’interpretazione dei dati scientifici è tutta da dimostrare” riguardo la pericolosità di aloe e rabarbaro negli integratori naturali.
La questione scientifica degli Had su aloe e rabarbaro
Gli Had includono composti come l’aloe-emodina, l’emodina e la dantrone, presenti in diverse specie di piante, tra cui aloe e rabarbaro. Questi composti agiscono stimolando le contrazioni intestinali, che favoriscono il transito intestinale e l’eliminazione delle feci. Sono quindi apprezzati come rimedi naturali per problemi di stitichezza, ma la loro efficacia è stata sempre bilanciata dalla raccomandazione di un uso limitato e sporadico.
La preoccupazione scientifica nasce dal fatto che, a dosi elevate e in forma purificata, alcuni Had possono avere effetti nocivi, quali:
- Genotossicità, visto che studi sperimentali hanno suggerito che l’aloe-emodina e composti simili potrebbero causare danni al dna nelle cellule, aumentando il rischio di mutazioni. Tuttavia, questa evidenza proviene da test in vitro (in laboratorio) e su animali, e non è stata pienamente confermata sugli esseri umani;
- Cancerogenicità, poiché la genotossicità, a lungo termine, potrebbe implicare un rischio aumentato di cancro. Uno studio condotto su modelli animali ha associato l’aloe-emodina a un incremento delle lesioni pre-cancerose e cancerose nel tratto gastrointestinale. Questo risultato ha portato l’Efsa a considerare un rischio teorico di cancerogenicità per l’uomo, anche se manca una dimostrazione diretta negli esseri umani;
- Tossicità Epatica e Gastrointestinale, in quanto l’uso prolungato di Had può causare danni al colon e, in alcuni casi, al fegato, per via della loro azione irritante. Questa irritazione cronica del colon è stata riscontrata nei casi di abuso di lassativi contenenti Had.
Un aspetto controverso è inoltre la modalità di assunzione e la concentrazione degli Had. Negli integratori, questi composti si trovano spesso in forma naturale, mescolati a fibre vegetali e altre sostanze che ne riducono l’impatto biologico e la concentrazione effettiva. Gli studi scientifici che mettono in guardia dai rischi degli Had, tuttavia, hanno spesso analizzato composti purificati e a dosi elevate, che non riflettono necessariamente le condizioni reali di utilizzo.
L’impatto economico
Secondo quanto denunciato da Coldiretti e Filiera italiana, la decisione dell’Ue rischia ad oggi di avere gravi conseguenze economiche. Le coltivazioni di aloe e rabarbaro, utilizzate da molti produttori di integratori e apprezzate dai consumatori, costituiscono una fonte di reddito importante per numerose aziende agricole in Europa, soprattutto in Italia.
Questo provvedimento, quindi, potrebbe minare la competitività dei produttori.
“La Commissione sta operando con gli occhi bendati,” accusano Coldiretti e Filiera Italia, “ignorando i rischi per il nostro settore agroalimentare, che potrebbe subire un colpo durissimo a causa di decisioni politiche miopi”. Più precisamente, il timore è che queste restrizioni favoriscano indirettamente le multinazionali dei prodotti sintetici, minacciando la diversità e la sostenibilità della produzione agricola europea che, invece, della produzione relativa agli integratori naturali è riuscita a farne un comparto economico interessante.
Salute pubblica o interessi di mercato?
Di fatto, bisogna dire però che la controversia attorno al divieto di aloe e rabarbaro negli integratori solleva una questione più ampia: fino a che punto è giusto limitare l’uso di prodotti naturali in nome della sicurezza? Coldiretti e Filiera Italia mettono in discussione l’imparzialità della regolamentazione, accusando l’Europa di piegarsi agli interessi di mercato. Per i consumatori, la vicenda rappresenta un ennesimo capitolo nel dibattito su sicurezza e libertà di scelta, tra fiducia nei prodotti naturali e un apparato normativo sempre più complesso e controverso.
Mentre l’Efsa, però, ha scelto un approccio precauzionale, in linea con il principio di riduzione del rischio, anche se i critici sostengono che si tratta di un tipo di valutazione scientifica eccessiva per gli alimenti naturali.
L’auspicio delle associazioni è che l’Unione europea riveda il divieto, riuscendo a trovare un equilibrio tra tutela della salute pubblica e valorizzazione dei prodotti naturali, garantendo al tempo stesso che le decisioni prese siano basate su evidenze scientifiche chiare e obiettive.